Il Baretti - Anno II, n. 15/L'ombra dell'amico
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L’ombra dell’amico (1)
Io la sponda lasciai nebulosa d’Albione:
pareva ch’essa nell’onde plumbee affondasse.
Dietro il vascello volteggiava Alcione,
e la piana sua voce i naviganti allietava.
Della sera il vento, dei flutti lo sciacquare,
il monotono rumore e palpito delle vele,
e del pilota sul ponte il richiamo
alla scolta sonnecchiante fra il borbottio dei flutti:
tutto a un dolce meditare inclinava.
Come ammaliato, presso l’albero io stavo,
e traverso la nebbia o della notte il velo
gli astri del norte amato ricercavo.
Tutto il pensier mio era nelle ricordanze,
sotto il ciel dolce della patria terra.
Ma dei venti il fragore e del mare il dondolio
sulle palpebre un lauguido oblio m’indussero.
Ai sogni seguivano i sogni,
e d’un tratto... un sogno era forse?.. m’apparve il compagno,
perito nel fatal fuoco
d’invidiabile morte, della Pleiss nell’onde2
Ma non era la vista paurosa: la fronte
profondo ferito non serbava,
qual mattino di maggio di letizia fioriva,
e ogni cosa celeste all’anima ricordava.
«Sei tu, caro amico, compagno dei migliori dì!
Sei tu? io gridai, soldato eternamente caro!
Non io sto sopra la tua precoce tomba,
nell’orrendo bagliore dei fuochi di Bellona,
non io con i fedeli amici
con la spada su un albero la tua gesta tracciai,
e l’ombra alla celeste patria accompagnai
con preci, singhiozzi o lacrime?
Ombra dell’indimenticabile! rispondi, caro fratello!
O il passato tutto fu un sogno, una fantasia,
tutto, tutto, e il pallido cadavere, la tomba ed il rito?
Oh! dimmi una parola! lascia che la nota voce
ancora il mio avido orecchio accarezzi!
lascia che la mano mia, o inobliabile amico,
la tua con amore serri!...»
Ed io volai verso lui... Ma il celeste spirito sparve
nell’infinito azzurro dei sereni cieli,
qual fumo, quale meteora, qual fantasma di mezzanotte
sparve, - e il sogno abbandonò i miei occhi.
Tutto dormiva intorno a me sotto la volta del silenzio:
gli elementi paurosi sembravan taciturni.
Alla luce della luna d’una nube coperta
appena alitava il venticello, appena sfavillavano l’onde;
ma la dolce quiete fuggiva i miei occhi,
e ancor l’anima dietro il fantasma volava,
ancor l’ospito celeste arrestare voleva:
te, o caro fratello! o miglior degli amici!
(Traduzioni dirette di A. Polledro).