Il Baretti - Anno II, n. 15/G. K. Chesterton

Apocalissi del ventesimo secolo: G. K. Chesterton

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Apocalissi del ventesimo secolo: G. K. Chesterton
Craig Un servo padrone

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APOCALISSI DEL VENTESIMO SECOLO

E’ ben strano che uno scrittore cattolico riesca convincente appunto per le idee politiche che proclama, per il regime d’ordine e di gerarchia che propugna anche ora che ben conosciamo che cosa significhi tutto questo nella realtà. Pure G. K. Chesterton minaccia di persuadere: ed almeno addita al nostro invincibile liberalismo un altro orizzonte che non manca d’apparirci luminoso benché diverso.

Ma il Chesterton parla in paese anglicano: la sua concezione cattolica è quindi concezione di ribello, autonomia e distinzione. Concezione infine liberale, almeno in quanto si oppone ad una religione di stato ed all’oppressione dell’opinione pubblica anglicana che deve riuscire particolarmente seccante, poiché accomuna (come disse uno scrittore inglese) i diciannove ventesimi dell’umanità sotto la denominazione di heathen, pagani e miscredenti.

Possiamo scusare l’entusiasmo cattolico del Chesterton perché gli manca la nostra esperienza (non rosea) del Cattolicismo in fiore e potenza. E lo guardiamo con una lieve superiorità, come uno che non sappia cho voglia dire il ritorno della società nel grembo della Santa Madre Chiesa.

Cosi, ci sembra che egli propugni qualche inaudita o nuovissima teoria, una religione totalmente diversa, da quella che conosciamo nella vità statale contemporanea e per lunga esperienza storica. Nello sue opere, l’idea del Regno di Dio riappare con la fantastica lontananza, ed insieme con l’imminenza poetica con la quale appariva nell’opera dei primi Cristiani, di S. Paolo e di S. Giovanni: con risonanze profetiche, come un adempimento di tutte le speranze di un’epoca che attende qualcosa. E’ veramente un Dio Sconosciuto che deve esser rivelato ancora al mondo che circonda il Chesterton; o la Chiesa Romana è per lui un esperimento ancora intentato, od almeno, di essa non restano vestigio spirituali intorno a lui.

Il Chesterton cerca di tener conto dell’esperienza non riuscita in altri luoghi ed interrotta in Inghilterra dalla follia erotica e dalla saggezza politica di un principe: ma tuttavia la Comunione dei Santi e la Chiesa Militante gli appaiono come fantasmi storici e come parabole esemplari, non come realtà storiche ed attuali.

Appunto per tutto questo, i suoi progetti e le sue proposte non si allontanano mai (almeno ai nostri occhi) da una certa platonicità di paradossi: non possiamo intendere che come una ingegnosa serie di paradossi l'opera più teoretica del Chesterton:- «What is wrong with the Wordl». Serie di saggi che si collegano l’uno all’altro per un tenue filo di corrispondenze, più che altro esteriori: il pensiero del Chesterton non è ispirato e diretto, ma suscitato da qualcosa di prossimo e di immediato, dal particolare e non da un disegno generale.

E’ questo in realtà il carattere intimo delle mentalità del Chesterton. Benché la sua opera si diriga verso l’eternità della fede e l’universalità della Chiesa, parte dal contingente; e nemmeno assurge alla universalità, ma soltanto si dilata, dilaga fino ad invadere il mondo. Questo é dimostrato soprattutto dai romanzi: partiti da un piccolo contrasto, da qualche peculiarità che l’autore attribuisce alla mancanza di fede cattolica, fanno risuonare successivamente, per vibrazioni sempre più vaste, il motivo iniziale che così si estende, come una nuvola tenebrosa, su tutto il mondo moderno.

La catarsi finale, cioè il ristabilimento della retta interpretazione cattolica della vita, viene raggiunta in un mondo completamente fantastico, del tutto irreale: ma sempre congiunto, per fili sottili, al panorama ristretto, al paesaggio preciso dal quale la trama aveva prese le mosse.

Sarebbe dunque un errore dire che i romanzi del Chesterton sono romanzi a tesi: perchè ai fini della tesi, si segue un esempio reale o verosimile in tutto il suo svolgersi nella comune realtà del mondo, o la tesi è tanto più provata quanto più veristico è il racconto. Invece, il racconto del Chesterton diventa, col procedere della narrazione, sempre più fiabesco: è questo l’aggettivo più preciso per indicare il carattere dell’opera romanzesca del Chesterton.

Non si tratta di allegoria: perché l’allegoria è, come le parabole del Cristo, un fatto particolare che rappresenta un concetto universale. Ma perché l’aneddoto assuma questo valore universale, deve venir trasferito su un piano spirituale. Invece nel Chesterton l’aneddoto resta nel suo piano di realtà immediata e si dilata ad essere (non solo a rappresentare) tutta la vita della società.

Perciò non possiamo considerare il Chesterton soprattutto come pensatore: egli stesso ci dice che il filosofo spazia nell’infinito mentre il poeta è poeta soltanto del finito. Opera poetica dunque, se immaginazione e poesia sono cosi strettamente congiunte: e definendo così il Chesterton, teniamo in vista le due opere che riteniamo più significative e personali, quindi più conturbanti per uno spirito impreparato, perchè appunto in «The Flyng Inn» ed in «The Man who was Thursday» il Chesterton si manifesta pienamente.

Per l’amore e l’attenzione del particolare, il Chesterton tende all’occasionale, cioè ad inserirsi su un aspetto immediatamente visibile, attuale dello spirito moderno. Ad esempio, por non rilevare che un lato esteriore, tanto «The Man who was Thursday» che «The Innocence of Father Brown» pagano il tributo alla passione con temporanea per la letteratura poliziesca.

E un poco strano, a prima vista, che la parte di poliziotto sia sostenuta da un prete cattolico (Father Brown) e che il poliziotto sia assunto esponente della rettitudine umana (Thursday). Ma la posizione spirituale di Syme e di Father Brown di fronte al delitto lo spiega: delitto ed anarchismo sono manifestazioni diaboliche perché disordine. Chi si eriga contro essi, rientra automaticamente nell’ordine, sociale e religioso. Dalla «ribellione contro la ribellione sorge la sanità spirituale di Syme.

Cosi l'agente dell'ordine, il policeman è un simbolo operante nella società moderna. La sua opera non è priva di una certa poesia: anzi, il Chesterton la vede addirittura eroica e leggendaria perché il poliziotto lotta e soffre e rischia per l’ordine e per la legge come i ribelli, i rivoluzionari rischiano a soffrono contro l’autorità.

Questa é la grande morale di «The Man who was Thursday» l’ordine e la legge non sono la pace o la gioia, sono lotta e sofferenza. Tale il segno di nobiltà che il Chesterton impone al suo ideale: la società ordinata, l’uomo disciplinato. Ordine e disciplina sociale che si confondono e si fondono con l’ordine e la disciplina religiosa: per un vero cattolico, che si sente membro della Comunione dei Santi, della Chiesa Militante, non v’è distinzione fra ordine sociale ed ordine divino. Il protagonista multiforme di «The Man who was Thursday» Sunday, trascorro inevitabilmente da capo della polizia (ordine sociale) ad esser la Pace di Dio, il Sabbath (ordine divino). E su questa strada il Salvatore del Mondo, come gli uomini dell’ordine, incontra la lotta ed il martirio.

Ma il mondo in cui si svolgo questo grande dramma spirituale risponde così bene ai gusti letterari ed alla vita moderna che al pubblico italiano il romanzo è stato presentato come un libro per ragazzi!

Per quanto questo sia comico, dobbiamo riconoscere che l’arte del Chesterton ben si presta all’equivoco. Lo stilo stesso ed il metodo di svolgimento oscilla continuamente dalla fumisteria più indifferente ad una solennità che affiora in qualche frase, perdendosi poi subito in una tempesta di immagini assurde, di scene colorate stranamente. Tanto colorato che il significato del quadro, la morale che vuol trarne l’autore si smarrisce, come il disegno architettonico di un edificio sopraccarico di arabeschi ornamentali. «Manative», ad esempio, dà l’impressione di essere escogitato più che a dimostrare una molteplicità spirituale e l’irruenza fantastica della vita, per stupirci continuamente, variando le scene con la libertà logica d’un caleidoscopio.

Perchè il Chesterton (per quanto possa sembrar strano dopo quanto si è detto) letterariamente è un verista. Non perchè descriva accuratamente tutto il quadro e tutta l’anima dei suoi personaggi, ma perchè nota il particolare che lo interessa con la precisione con la precisione e la sensibilità immediata del verista. Poeta, abbiamo detto: ma in ogni caso artista, che non dimentica mai nè lo sfondo paesaggistico delle sue scene, nè il rilievo delle figure di primo piano.

«Il grande drago marino dai colori mutevoli che serpeggia dintorno al mondo come un camaleonte, era di un verde pallido - quando sciacquava su Pebbleswick, ma di un azzurro carico quando si rompeva sulle isole Jonie.» — «Sopra tutto il paesaggio si stendeva uno scoloramento luminoso ed innaturale come quello del disastroso crepuscolo che Milton diceva proiettato dal sole in «eclisse». Sono questo scene, scene vive e viste con occhi d’uomo: ma con qualche lineamento peculiare che permette, per la sua influenza nascosta sull’animo del lettore, di introdurre una figura leggermente storta, un’anima che si accorda con ciò che il paesaggio vero ha di eccezionale e di fantasmagorico.

Questo è il metodo fantastico del Chesterton. Egli non ci persuade sempre, non ci fa addentrare nella fiaba senza che ci avvediamo della sua irrealtà: ma abbiamo almeno un senso di possibilità, sentiamo che le cose potrebbero ben essere così anche se non lo sono mai. Perché la vena di umorismo, anzi di vera buffoneria che affiora anche nelle scene più strambe o tragiche, ci tien desti e ci impedisce di lasciarci suggestionare come ci suggestiona un racconto del Poe.

Inoltre, gli avvenimenti più gravi, i rivolgimenti più profondi non ci sono rivelati che per echi: ci troviamo di fronte allo volgimento grandioso della posizione iniziale senza che questa evoluzione abbia bisogno di una dimostrazione. Gli effetti più strani sono dati come cronaca pura, senza che il lettore abbia mai un senso di sconnessione, di salto spirituale. Tra un momento e l’altro, c’è un filo logico che sembra sia compito del lettore scoprire.

Se ora riflettiamo al’opera di poeta del Chesterton nei primi tempi, riconosceremo facilmente un procedimento lirico nei suoi romanzi: tra questi e le poesie stanno gli stessi rapporti spirituali che fra poesie e racconti del Poe. La grandezza del Chesterton sta appunto in questa celata serietà di poeta, che canta perchè non può farne a meno ed inventa anche il grottesco perché deve dire cose di enorme importanza.

Qualo sia il vero posto del Chesterton nella letteratura moderna, può mostrarlo un confronto col Mac Orlan. Per quanto la storia fantastica della «Venus Internationale», ad esempio, sia narrata seriamente, noi ci domandiamo quale sia lo scopo di tutto ciò.

Del Chesterton invece, per quanto scherzi e divaghi, non ci avviene mai di chiederci lo scopo. Il suo intento è eccezionalmente serio, il suo compito è veramente alto, poiché dalla disordinata fantasmagoria dove sorgere il Regno di Dio, ed attraverso al tumulto del riso e delle stravaganze balena la speranza e la luce dell’eternità.

Mario M. Rossi.