Il Baretti - Anno II, n. 13/Note/Il pittore Tosi
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Il pittore Tosi.
Arturo Tosi, come avverte Ugo Bernasconi nella prefazione del volumetto dedicato testé alla sua arte (ed. Schèuwiller - Milano) vive fuori dalle più recenti smanie impressionistiche e neoclassiche e, figliolo dell'impressionismo, ma educato alla scuola italiana del Cremona, del Bianchi, del Gola e del Bazzaro, coltiva dei suoi più vicini maestri l'amore del buon disegno, oggimai rarissimo specie tra i pittori di paese, e tende con una forza infallibile alla intensità del tono e alla robustezza del chiaroscuro, che son poi caratteristiche di schietta tradizione lombarda.
Soltanto, pare a noi che il non essersi invescato nelle infatuazioni impressionistiche e neoclassicistiche non debba far meraviglia in Tosi che, toscano sarebbe stato macchiaiolo e, lombardo, seguita quella maniera più larga e sinteticamente chiaroscurale ch'è propria della sua regione.
Tra la pittura toscana e quella lombarda dell'ultimo ottocento esistette una differenza di specie diremmo quasi sociale attraverso il soggetto e la sua trattazione. I toscani, Fattori, Signorini, Lega, si tennero a tipi popolari e modesti, a scene di casalinga intimità, dipingendo con un aderentissimo senso realistico della natura; i lombardi, come Cremona, o Ranzoni, o Gola, conobbero, della pittura, una signorilità più mondana e anche più letteraria. Nei soggetti amorosi del Cremona e, per es., nel Falconiere, quell’effusione di colori che poi si confondono tende a un’espressione drammatica, a descrivere un patos.
Su tali presupposti, che avevano una base nel colore, è naturale che l’impressionismo — chiamiamolo cosi — lombardo, potesse resistere più a lungo del macchiaiolismo toscano. Nella sua parte letteraria, ben commista e armonizzata di elementi pittorici, trova già una parte di sfogo e d’avvenire quel più complesso assieme d’elementi di cui si comporrà più tardi il generale ritorno al gusto della grande composizione. Ed è naturale che un uomo di cinquantatrè anni, come Tosi, vi si possa sentire ancora abbastanza giovine e sicuro.
Ci sovviene di aver incontrato Tosi a Milano, verso il 1916, al primo piano del caffè Campari. Era insieme a lui Carrà, uomo di parola facile e cordiale, che figurava naturalmente, come un personaggio di primo piano, anche perchè seguitava a bruciare in lui quella passione polemica ereditata dal futurismo, che si svolgeva allora nel primitivismo della Carrozzella e anche oggi caratterizza le sua personalità spirituale. Ma Carrà aderiva con fierezza alla pacata intelligenza di Tosi, e più a quella del vegliardo scultore Riccardo Ripamonti, gente che poteva viver fuori dell’intellettualismo artistico mentre oggi si tratta di vincerlo e di scavalcarlo. Cinquanta o trentanni fa gli artisti posavano ancora tanta ricchezza d’eredità artistica quanta ne occorreva per vivere alla buona e conservavano ancora d’istinto certe doti che converrebbe chiamar cittadine, come l’abile condotta del disegno.
(r. f.)