Il Baretti - Anno II, n. 10/Aspetti del nuovo Mac Orlan
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Aspetti del nuovo Mac Orlan.
Che lunga strada ha dovuto percorrere Pierre Mac Orlan prima di incontrar sè stesso (domanda importante: l’ha incontrato? Pare di si, ma la risposta la può dar solo il futuro), prima di riuscire a scovare il proprio metro quadrato di terra su cui star solidamente, con gli occhi fissi sul mondo. Ed è giusto osservar che nessuna esperienza è stata inutile per lui, poiché sussistono e agiscono fin negli ultimi suoi libri le qualità che — nell’andare avanti — ha saputo riconoscere, far parlare.
Prima di tutte fu la leggenda dell' umorismo: imperturbabilità britannica a tutto spiano, fumisterie di Allais spinta al parossismo, — ma più che altro umorismo acerbo nello stile non nella sostanza. Furono i tempi dei Contes de la Pipe en terre: ma già da allora cominciava ad alitar lo spirito d’avventura, — deformato dalla caricatura, spesso atrocemente, — ma sicuro, vitale, evidente, nella favola di Jacob Cow, pirata, poi in quel capolavoro di poesia in maschera ch’è La Maison du Retour Ecoeurant.
Fin qui lo scrittore aveva camminato senza aiuto di pietre miliari, di lontani projettori: sapeva trovar la strada giusta, — ma era lunga, lunga la strada fino alla maestria. Occorreva riuscire a scendere in fondo a sé stesso, riconoscersi: non era impresa di poco conto. Per questo punto di vista son preziose le spiegazioni che é lecito legger nel Manuel du Parfait Aventurier: presentito in sé stesso quel certo spirito d’avventura, Mac Orlan, avventuriero «passivo», per aiutar la propria evoluzione accettò il consiglio che potevan dare alcune opere caratteristiche, di Schwob, di Stevenson, di Hoffmann e degli ultimi romantici tedeschi, s’arricchi della sottile poesia nascosta in quegli scrigni di bellezza che son le memorie del cavaliere di Oexmelin, i libercoli di gergo piratesco, i documenti che restan su gli usi e costumi degli abbronzati bucanieri. Una splendida messe d’opere che ascendeva» verso maggior compiutezza artistica fu risultato di questo secondo periodo: Le Chant de l’ Equipage e A‘ bord de l’Etoile Matutine, la Chronique des temps désespérés e Malice. Ben riassume i caratteri di codesto germoglio la magnifica acquafòrte di Le Nègre Léonard et Maitre Jean Mullin, sostenuta da due temi, lirico e umoristico, che riescono a fondersi assai finemente, come poi in Malice.
Ma già in Malice appaion le nuove preoccupazioni di Mac Orlan.
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Le ultime righe di Malice svelano quello che Mac Orlan ha scelto come suo definitivo campo d’azione; convien citarle: «... Tutti noi non camminiamo più sotto la chiara luce dei giorni antichi. Un ambiguo chiaror di crepuscolo bagna le nostre azioni più banali e ognuno costruisce il proprio avvenire su sabbie mobili . Degli imponderabili... veston d’inesattezza le parole internazionali. Il mondo accetta la sua fine sotto forme varie che i giornali commentano. E qua e là la carne ogni giorno divien più abile nell’esaudir sè stessa. L’intelligenza umana ronza come l’elettricità in un contatore. Abbiam forse superato i limiti leciti? Abbiam forse toccato le ultime mète che ci furon date? O elegante putredine! La nostra umanità si decompone come il fiore inclinato nella scena incivilita dei grandi vasi. La forza che ci anima non corrisponde più alla debolezza del nostro motore cerebrale. Ognuno porta in sè elementi artificiali... e affonda in un sonno agitato. La fine d’una civiltà che ritorna verso le feconde orìgini, può esser concepita solo come una festa che s’indugia, mescolando le fanfare varie e i fuochi multicolori della Fiera di Neuilly con ì segreti giochi delle carni popolari e borghesi, quando l’Europa intelligente s' addormenta, con tutte le luci spente».
Dipingere questa «elegante putredine» sarà uno dei temi dominanti nell’ultime opere di Mac Orlan; imaginar le conseguenze, crear la nuova leggenda, scrutar nel futuro sarà l’altro tema, il più importante. Malice, A’ l'hòpital Marie-Madeleine (in un certo senso), Les Pirates de l'avenue du Rhum, Lumières de Paris risponderanno al primo tema, quasi parentesi, intermedii fra gli affreschi magistrali della trilogia iniziata con La Cavalière Elsa e La Internationale, cui seguirà il prossimo Quai des Brumes, svolgimento del secondo tema: gli uni e gli altri dominati dalle due vivaci epopee de L’inflation Sentimentale e di Simone de Montmartre.
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Nei suoi primi libri Mac Orlan non teneva conto del fattore tempo: scaraventava i suoi eroi verso tutti i punti cardinali, permetteva — aiutandoli — che caracollassero dal sud al nord, dall’est all’ovest, ma li liberava dall’ingrato giogo del tempo. Poca influenza hanno i tempi della guerra su l’aventura del Chant de l'Equipage, valgon solo per situare il libro, senza agir su le pagine di esso; il presente di Le Rire Jaune e de La bète conquérante non fa parte dei motivi centrali di codesti due racconti sorretti da paradossi e da caricature; e così le gioviali storie dell’ U. 743 o le pagine su la guerra di La Fin non sono influenzale dai fenomeni sociali che descrivono.
Dal 1921 in poi Mac Orlan cominciò ad innestare i suoi libri sul ceppo del tempo, a conformarli anche — e specialmente — secondo le vicende sociali e politiche dell’universo: cominciò nella sfrenata sarabanda de La Cavalière Elsa. Negli altri libri si curò specialmente di osservare i tempi: così nel poemetto di Simone di Montmartre e nelle ultime Lumières de Paris dipinse l’odierno volto di Parigi, il più misterioso e il più vero. Fra i primi egli s’è accorto del momentaneo — forse — fallimento della poesia lirica, ha saputo indovinate il prossimo avvento dell’epica: tutti i suoi ultimi libri, più che romanzi son poemi epici volti a scoprir l’essenza del nuovo misticismo sparsosi nel mondo; in Malice e ne L’hòpital Marie-Madeleine l’epopea, sebbene sia esageratamene nascosta, esiste.
Due cause scopre in fondo a codesto nuovo misticismo: prima la donna.
«Venere inquieta accosciata su l’Europa, salve,
sgualdrina nuda, simile alla Torre Eiffel.
Ebrea nell’istesso tempo slava e sassone,
bella come un bimbo commestìbile
con la tua salute moderna di macchina nuova
O Venere! e le lue sorelle fatte a serie
dalle nuove fabbriche letterarie dell’Europa!
Da buoni intenditori vi salutiamo, o sgualdrine
(d’acciaio
e vi raccomandiamo la nostra delicatezza
O Veneri Pandemie!
ispiratrici provvisorie dell’anno 1922».
Tutto il poemetto de L’inflation Sentimentale si prosterna sanguinosamente ai piedi di codesta donna: esclama si con uno scatto di sarcasmo:
«E’ stato dunque a gloria delle sgualdrine cere-
quelle di Berlino W, (brali,
quelle della Fifth Avenue...
che una di primavera....
avanzavamo, o Agrippa d’Aubignè! come
fantasmi fra i morti,
alla conquista di un vecchio albero tragico
raffigurante una forca con un’anima di bimbo ...»
Ma subito l’occhio epico del metereologo, imparziale e appena ironico, ha di nuovo il sopravvento: dipinge, senza giudicare.
Malice sarà un esempio dell’idea espressa ne L’inflation Sentimentale ; il ritratto di Loulou la Bavarese, nell'ambiente della Germania in putrefazione, accanto al francese Jean Saint-Jeròne, divorato dalla donna, di cui é complice il fantoccio chiuso in un pacchetto e impinguato dai marchi di carta straccia. Qui la donna domina, — e dominerà ancora ne La Cavalière Elsa, ne La Vénus Internationale: ma alternata alla grande visione epica dell’occidente invaso dagli uomini e dalle idee dell’oriente, — altra possibile causa del misticismo nascente, secondo Mac Orlan.
Fra questi libri il reportage su Les Pirates de l’Avenne du Rhum é un à-còté, un quadretto secondario: la Francia in Simone de Montmartre e in Lumières de Paris, poi — assieme alla Russia — ne La Cavalière Elsa, ne La Vénus Internationale, la Germania di Malice e sono terre vecchie, alla fine della civiltà. Il popolo giovane e corrotto dall’America risusciterà i costumi pirateschi in pieno XX° secolo, per l’astuto contrabbando degli alcool: per forza questo fatto doveva ispirare Mac Orlan, amico di tutti i fuori legge. Descriverà le costumanze dei nuovi corsari yankees: e Les Pirates de l’Avenue du Rhum che a prima vista non sembrano avere nessun nesso con le altre opere recenti di Mac Orlan, mostrali forse quella che sarà la direzione verso cui — dopo aver dato conclusione all’epopea della e elegante putredine» — potrà volgersi l’occhio di questo scrittore.
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La Cavalière Elsa e La Vénus Internationale, nell’opera di Mac Orlan, sono i due libri più originali, rivelanti nuove costruzioni, miglior conoscenza di sé stesso. Se altrove gli aveva giovato l’esempio d’altri poeti per riuscire a ben comporre le opere, qui non é possibile scorgere atteggiamenti che svelino l’azione sussidiaria di influenze. Il colore e la perversità di Schwob, l’alito di poesia romanzesca di Stevenson, il romanticismo volto a straniarsi in umorismo macchiato di follia, caratteristica degli Hoffmann, Chamisso, Achim d’Armin, — non li ritroviamo più in questi due libri; né è lecito parlar di Conrad, — lontanissimo dalla concezione poetica di Mac Orbo.
Questi due libri son tremendamente originali: il primo, La Cavalière Elsa, é una specie di prefazione all’altro; meglio composto, più colorito, — ma ricco di poesia meno profonda. Non si può più cercare — in essi — lo spirito d’avventura: obbediscono a necessità che trascendono il campo dell’opera imaginata per divertire. Elsa Grünberg é la donna d’oggi, — la donna cui vuol cantare un inno L’inflation Sentimentale, — ma é anche e soprattutto la slava ebrea. Vaso di Pandora, — lei, alla punta estrema delle avanguardie dilaganti dall’est, porta in sé tutti i flagelli e tutte le morti: l’esempio di Wedeckind deve avere influito su l’opera di Mac Orlan. Ma in lei esiste anche la nuova luce: non s’ingannan Falstaff e Amleto, i due capi, che la seguon, la vogliono assieme a loro, dinanzi alle orde barbare e corrotte. Chi s’inganna é Bogaert, il francese: che, trascinandola verso l’amore occidentale, ucciderà sè stesso e lei; per questo aspetto è significativo l’ultimo capitolo, poema delle seconda — vera — morte di Elsa.
Nella Cavalière Elsa è in germe La Vénus Internationale: il mondo squartato — nessuno se ne accorge — dai più tremendi terremoti che mai sian stati, assomiglia ad Amleto, l’obeso esteta, «reincarnazione del personaggio shakesperìano ch’egli era riuscito a ottenere con l’aiuto dei libri». Sul mondo la morte di Elsa cadrà come — su la neve — un petalo di rosa rossa: sarà leggenda.
Giunto a questa conclusione Mac Orlan non poteva fare a meno di comporre La Vénus Internationale, romanzo della costruzione poetica: più difficile, perciò non armonioso come La Cavalière Elsa; ma quanto più originale. Una donna, naturalmente, al centro della narrazione: Claudia di Fiandra, messaggera dei nuovi destini e della nuova poesia. Bisognava, attorno a codesta vestale, imaginare e descrivere le vibrazioni conclusive della crosta terrestre, — ma lavorando sul piano della realtà, e non dell’arbitrio come ne La Cavalière Elsa. Nicolas Gohelle, scrittore seppelitosi in fondo a una provincia francese, creerà nella sua stanza più buia le leggende del nuovo universo: Claudia le trasmetterà al mondo, camminando per le strade delle campagne. E gli uomini della campagna più forti dei cittadini, i vecchi divorati dai giovani, gli artisti i poeti gli intellettuali, i famelici malgras, — questi saranno i più veri protagonisti del libro.
S’ingannerebbe chi in esso scorgesse solo una anticipazione più o meno sociale: è un poema intellettuale, alla maniera dell’Apocalisse. Quello che a Mac Orlan importava maggiormente era la costruzione d’un mito, l’individuar le prossime idee-madri: e non già la pittura di futili trapassi sociali. E il mito è rivelato. l’idea-madre denunziata: una conclusione è necessaria, o un epilogo. Dovremmo trovarli nel terzo volume, annunziato.
Dove menerà il lettore? All’ottimismo o al pessimismo? queste parole non hanno senso: implicherebbero — nel poeta — uno spirito di laudator temporis acti, spirito che Mac Orlan rifiuta, perché non coerente all’Idea di poesia. La sua è opera di sur - realista (diamo a questa parola il significato — il solo originale — che le dava Apollinaire), di rivelatore della realtà poetica, la realtà interiore.
Nino Frank.