Idioma ladino - Tradizioni e racconti/8
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Traduzione dal ladino di Jan Batista Alton
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Le Ganne ed i Silvani
In ogni luogo dei Ladini si
racconta di Silvani e di Ganne.
Erano questi dei selvatici, che
abitavano in mezzo a scogli nelle
tane, ove si vedono alle volte
rifugiarsi volpi od altri animali.
Vivevano di salvaggina, vestivansi
di pelli di lupi e d’orsi e
di tori selvatici, che si vedéano
ancora allora. Parlare non sepeano
quasi niente; dal tuono
aveano paura come dal diavolo
e pativano per lo più fame orribile.
Su a Collfosco era tutto
pieno di questi salvatici, che abitavano
dispersi per Puz e per i
prati di montagna; perciò vi è
ancora un fonte, che ha nome
Salvan; l’inverno venivano giù
da Puz tutto ghiacciati e si fermavano
principalmente a Longiarù
ed a Pezzedi; se si dava
loro qualche cosa, la prendevano.
Del male non facevano a
nessuno, però di chi si prendeva
giuoco di loro o gli offendeva,
facevano aspra vendetta, essendo
essi robusti come giganti. Il
massimo diletto si prendevano
delle pecore aprendo di spesso
le stalle e conducendole di notte
al pascolo.
Una volta c’era anche nella
Valle di mezzo giorno su a Collfosco
una bella giovine Ganna,
che sortiva sempre dalla sua
valle onde andar a Pezzedi per
riscaldarsi; venendovi ella di
spesso avea anche imparato a
parlar ladino. Il padrone del podere
era ancora celibe. La Ganna
comincia a piacergli, essendo
ella brava nel lavoro; dopo d’aver
imparata la dottrina cristiana,
ella si fa battezzare, si marita e
diventa padrona di Pezzedi. Convien
sapere, che ella lo aveva
preso soltanto a condizione, che
egli non la toccherebbe mai sul
viso col rovescio della mano, giacche
in quel caso ella avrebbe
dovuto andarsene. Lungo tempo
tutto andò bene, la Ganna era
una brava e buona padrona ed
allevava i figli nel timore di Dio.
Però un sabato, mentre ella nettava
i suoi figli, giunse il marito
tutto stanco e si riposò al lato
della noglie. Impedita con tutte
e due le mani ella disse:, Tu,
guarda, ho qualche cosa sulla
fronte, non so, che cosa sia **. Il
povero uomo vi avvicina la mano
per cacciarvi o pigliarvi una specie
di moscherino o ciò che vi
era, e la tocca col rovescio della
mano. In quel momento ella si
spaventa, diventa rossa rossa in
faccia, manda un’acuto grido, e
piena di compassione contempla
il marito ed i figli e via. Non si
potè mai più vederla o riaverla.
Anche alla Valle c’erano, come
si pretende, molti di questi selvatici.
Gli uomini si chiamavano
Pantegan’, le donne Panteganne.
Già è noto, che gli abitanti della
Valle vogliono sempre avere
qualche * osa di singolare. Allorché
venivano per dimandar
del pane e del latte, dicevano:, Puca latta, puca pan "1. A quei
di Miribun hanno predetto, che
non avranno mai mancanza di
pane e di ragazze, quasi volessero
mostrare con quelle parole,
quanto gli amavano. Sembra,
che i Pantegan’si facessero vedere
meno che le Panteganne.
Soltanto coloro, che lavoravano
nel bosco, ne vedevano alle volte
qualcheduno.
Una volta un’uomo della Valle
era ancora sul tardo nel bosco
e spaccava legna. Tutt’ad un
tratto vi arriva un Pantegan e
lo domanda, se voglia andare
seco lui a casa. L’altro lo prega
d’aspettare ancora un momento,
finche avesse spaccato quel
tronco, ch’era avanti di lui. Il
Pantegan non aveva niente in
contrario e gli domanda, come
si chiami. L’altro, che pare sia
stato un buon furbaccio, risponde:
Me istesso.
Il lavorante prega poi il Pantegan
d’aver la bontà d’aprir la
fessura fatta dalla scure; il povero
Selvatico, che non sospettava
niente di male, mette le
mani nella fessura, ma nelìo
stesso momento il bestione della
Valle ritira la scure, cosichè le
mani del povero infelice vi restano
rinchiuse. Schiacciato come
era comincia a gridare dal
dolore. Alle sue grida accorrono
i suoi conoscenti, che non erano
molto lontani e lo domandano,
chi gli avesse tesa quella trappola,
j, Me istesso ** risponde egli.» Se tu stesso te lo hai fatto *,
dicono gli altri, „ tientelo ".
- ↑ Si vede, che non parlavano bene il Ladino; dovrebbe essere: npù de latt, n pù de pan.