Idilli (Teocrito - Pagnini)/IX
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IL PASCOLANTE, OVVERO I BIFOLCHI
Idillio IX
Dafni e Menalca
Comincia, o Dafni, un pastoreccio canto.
Tu dà principio, e te Menalca segua,
Alle vacche giugnendo i vitellini,
E a quelle, che non han figliato, i tori.
Vadan pascendo insieme, e là girando
Tra quelle frasche senza uscir di branco.
Or tu di contro a me disciogli il canto,
E di là poi Menalca a te risponda.
dafni
Dolce suona il vitel, dolce la vacca,
Dolce l’avena, ed il bifolco, e anch’io.
Ho presso le fresche acque un letto; e sopra
V’ho stese vaghe pelli di vitelle
Bianche, cui tutte l’albatrel rodenti
Libeccio meno giù dalla collina.
Io tanto curo la bollente estate,
Quant’altri suole amar di dare orecchio
Ai ragionar del padre, e della madre.
Così Dafni cantommi. Indi Menalca.
menalca
Etna è mia madre, ed un bell’antro albergo
Fra le concave pietre. E quivi ho tutto
Quel ch’altri può sognar: molte caprette,
È molte agnelle, ond’io distese tengo
Sotto il capo le pelli, e sotto i piedi.
Lesso a legna di quercia le busecchie,
E d’inverno sul foco ho secchi faggi.
Or curo il verno, quanto uno sdentato
Presente la minestra ama le noci.
Io lor fei plauso, e in dono porsi a Dafni
Un baston da sè nato, e nel paterno
Campo cresciuto, cui nè forse un mastro
Avría che apporre; all’altro egregio nicchio
D’una conchiglia sulle Icarie rupi
Da me appostata, ond’i’mangiai la carne
Tra cinque già spartita in cinque pezzi.
Ei sonò forte il nicchio. O agresti Muse,
Il ciel vi salvi; a me mostrate il canto,
Ch’io sciolsi colà in mezzo a que’ pastori.
A te non verrà già la vescichetta
In punta della lingua. E la cicala
Amica alla cicala, e la formica
Alla formica, e gli sparvier son cari
Agli sparvieri, a me la Musa e il canto,
Ond’io piena la casa ognor vorrei.
Nè il sonno, o l’improvvisa primavera
È altrui sì grata, nè alle pecchie i fiori,
Come le Muse a me gradite sono.
Se alcun da loro ottien lieto uno sguardo,
Nuocere a lui non san di Circe i sughi.