I versi latini di Giovanni del Virgilio e di Dante Allighieri/Egloghe/Epistola

Giovanni del Virgilio

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Egloghe Egloghe - Egloga I
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GIOVANNI DEL VIRGILIO

A DANTE ALLIGHIERI,

EPISTOLA.


 
Delle Muse alma voce, che di nuovi
Canti l’inferno orbe ricrei, con fronda
Vitale a ripurgarlo, il trino stato
Mentre svolgi, che fisso è degli estinti
5Al merto; l’Orco ai peccatori, a’ spirti
Sospirosi del cielo il leteo fiume,
Ed a’ beati i regni al sol di sopra;
A che sempre vorrai cose sì gravi
Gittar al vulgo? E noi da studio emunti,
10Nulla di te poeta leggeremo?

Di Davo muoverà prima la cetra
Il ricurvo delfin; prima gli enimmi
Svolger potrà della fallace Sfinge,
Che la gente idiota raffiguri
15Il Tartaro profondo, e quell’arcane
Sedi del ciel, che Plato attinse appena,
E che pur non digeste, gracidando
Il comico buffon, che Flacco aborre,
Canta sul trivio. —

                                E tu dirai: Non parlo
20Di tai cose a costor, ma solo ai dotti.

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Sì; ma in carme laicale, e il clero sprezza
Quanti, eguali anche sien, mille i dialetti.
Arroge: niun di lor, cui sesto assidi,
Nè quegli, cui nel ciel tieni sì presso,
25In lingua popolar scrisse giammai.
Lo perchè liberissimo censore
Di vati parlerò; se pur al dire
La briglia alquanto d’allentar concedi.

Prodigo a’ porci non gittar le perle,
30Nè manto vil prema le Dee Castalie.
Ben ti prego cantar cose, che illustre
Te possan far con verso a tutti conto.

Chè molte già dal tuo narrar la vita
Chiedon le imprese. Or via, narra di Giove
35Dove al ciel si levò l’Aquila ultrice;
Narra su via quai fiori e quali gigli
L’arator franse; da canino dente
Narra le frigie damme lacerate,
Narra i liguri monti, e di Partenope
40Le flotte con tal carme, onde tu possa
Toccar d’Alcide le colonne, e l’Istro
Usato a refluir ti legga e ammiri,
E te il Faro conosca, e te l’antico
Della misera Dido estinto regno.
45Se la fama ti giovi, a breve cerchio
Contento non starai, nè ti fia grato
Di giudice vulgar cogliere il plauso.

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Io, se degno men credi, eccoti io primo,
Qual cherco delle Muse, e del sonante
50Maron valletto, del ginnasio a tutti
Godrò mostrarti di Penea corona
Dei vincitori al paro incoronato
Ambe le tempie, ed olezzante; io, come
Sovra destriero banditor sonoro,
55Che a sè medesmo plaude, i fatti egregi
Nell’annunziar al popolo festante.

E l’orecchio di già suoni guerreschi
Mi percuotono orrendi. E a che sospira
Il gran padre Apennino? Il mar Tirreno
60A che provoca mai? ed a che freme
L’un Marte e l’altro? — Ah! tocca pur la cetra,
E pon di tanti alle fatiche un freno.

Se non canti di ciò, gli altri poeti,
Sospesi in aspettar che solo a tutti
65Tu ne pigli a cantar, tutto in oblio
Lascieranno cader.

                                Pur, la speranza
Poichè mi desti di veder le sponde
Dell’Eridàno, e di cortesi note
Concedermi l’onor, se non t’incresce
70D’aver pria letto questi carmi imbelli,
Che a cigno arguto un papero s’arrischia
Di sussurrar, maestro, o mi rispondi,
O non voler delusi i voti miei.