I monologhi di Pierrot/I
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Adspice Pierrot pendu
quod librum m'a pas rendu;
Si Pierrot librum reddidisset,
Pierrot pendu non fuisset.
ANONIMO citato dal Gautier.
Una misera camera male arredata. Le finestre di questa danno sopra una piazza. Il giorno sta per morire: tempo di quaresima. Le baracche dei saltimbanchi, che si fermarono nel carnevale, chiuse ora, sopportano una pioggia insistente e fredda. Pierrot è molto triste e va pensando.
Ma vi par, via vi pare? Codesta è una stagione?
Non è forse la pioggia che scroscia
e che fa sulla via questa armonia di malinconia?
E che dicon le gocciole gelate,
senza riflessi, le grigie gocciole, che gemon dentro ai canali dei tetti,
o pur maliziose tamburellano sulle sete tese delli ombrelli? —
Mai più. — Il marito è un cucù, come il vecchio Cassandre,
e se Leandre fa il bello, lo scimiotto e il parroquet
danno meglio il perchè del gingillarsi.
Ed . . . . a fidarsi! O quanta pioggia, quanta malinconia,
dentro alle brume dense e bigotte della sera!
Ed i pensieri rosei spariti, ed assopiti i trilli,
e dormienti e spenti i colori, ed i fiori avvizziti, e tutta una palude!
Le donne che qui passano sono ben brutte e sciocche,
non ricordono più, o meglio, mentono il valore dell’occhi:
l’occhi stanno appannati o velati di bigotteria,
e tutte vanno al rosario della parrocchia.
Pinzocchere, pinzocchere!
Suonan dal campanile, come a mortorio,
sopra nere coscienze; un romitorio è l’anima
senza un pensier d’amore, e gela e gela.
Oh la soavità fresca e gentile d’un verginal sorriso,
e l’incanto fanciullo d’un bel viso che tutto si discopra
benignamente sano. Noi cercheremo in vano, sotto le nere stole,
il battito del cuore: lontan batte, così che non si senta,
o è muto a fatto. — La carne floscia e grinza tira alla sacristia.
Pure una volta, belle... Oh! una volta, paffute gallinelle!
La stamberga dell’ultimo piano era gaja di risa
e una divisa pompeggiava al battente socchiuso;
un bel cuore infiammato. — E il bruno innamorato! — Decisamente
queste donne che passano alla sera,
in lunga e nera veste quando piove, son brutte assai,
e l’uomini cattivi.
Si?... L’abito pur si scuce, ed il gomito sbuca
dalla bianca manica: fragile nudità, pallida nudità,
la manica si logora sul tavolo, ed il gomito punge.
Daremo un dì lezioni in «anima vili»
d’osteologia, se pure lo permetta la polizia.
Guardate me, sentite i gradi delle costole dure, sopra il mio petto,
o numerate le vertebre alla schiena. Colla serena contemplazione
della scienza e delle tavole anatomiche, noi darem la nozione
delle sostanze toniche del muscolo nel corpo umano:
figura di Pierrot. — Pierrot, il marchesato
sfugge dal foro della bianca manica,
ed è un peccato. Avrei condotto a incanto,
nelle gavottes leziose, damine inzuccherate e preziose;
avrei ballato a ritmo sulli azzurri stornelli del vecchio e bon Jonelli,
avrei danzato, inclinato, saltato: un marchese Pierrot!...
va, va... senza pietà il tempo è alla giornea
troppo usata e sdruscita e per la nobilea intisichita. —
E l’ombrelle sfacciate che riflettono il vermiglio inzuppato,
ombrelle da villani, son cardinali e re, porpora mobile,
sul fango della via. —
All’osteria, all’osteria!
L’Ipocrisia fugge dal vino e la Malinconia
volentier vi si annega; forse la Verità ama nuda e sovrana
un pozzo d’acqua limpida, stringendo in mano uno specchio d’argento.
Ulula, vento, dentro i camini e solleva la cenere:
così l’invidia morde alle carni grame dei viventi generosi,
o solleva la polvere dall’osse dei morti avventurosi per una grigia
follia di verità; ma quel grigio risplende come un raggio di luna.
All’osteria, adunque. La vecchia Barbara fa credito alle tuniche
infarinate: se il vino è azzurro, è l’acqua torbida;
e passan lungo le finestre torme equivoche e sbilencie
di becchini infangati. I palazzi incantati
delle pantomime disfecer le pruine e il vento arguto
come una testarda banalità di critica. E i Funambuli, fuori
a riguardar la piova, fan la prova, dal vero, per la falsa miseria.
La sceda è buffa e seria, e il lazzo punge a sangue:
oh, per chi langue è pioggia in sulla testa, ed un misero fuoco
è troppo poco d’un pensier tiepiduccio sotto al cranio.
Un dì, ben morti, gusteremo all’agnello pasquale
grasso, fumante, servito a meraviglia nell’argentea stoviglia,
ed il naso camuso del Signor Scheletro
titillerà di gioia ai culinari aromati.
Colombina, Arlecchino, Pulcinella, che ne pensate
di questo mio futuro preparato al tinello
delle tavole rustiche d’abete? E della vostra sete,
che ha per lunga promessa un’ubriacatura dentro alla sepoltura?
Arlecchino, facchino o duchino e compare alle care
illusion di un banchetto impossibile;
se noi sappiam lo scibile dell’ingemmato gesto,
più presto avviene che le membra slogansi,
e tutto il nostro poema cada a vuoto, poema colla rima,
ma pur senza parola. Oh, la bella rovina d’una persona inutile
all’ufficio: oh, il mendico poeta, che ha la santa fiamma
del comporre; ma non trova nè carta, nè inchiostro
per manifestarsi; oh, il chiostro ingrato e freddo e pesante e maligno
d’un corpo che rifiuta il gesto facitore del mondo,
e il capo rotondo, come una pazza biglia
che si rigira dentro le nebbie dell’impotenza!
E se l’amore è dolce ne’ bell’occhi di Colombina,
regina delle Favole, per carità, non la vedete là
come s’attardi a bere dentro al bicchiere
di quel biondo messere che le fe’ intravedere una moneta?
E la passion secreta si rimescola al vino
e il nuovo damo e lei bevono tossico.
L’osteria è un lacciuolo; la vecchia Barbara
specula sopra ai cenci bianchi e variopinti dei Funambuli
e riguarda alle carni non ancora sciupate delle Giuocoliere. — Ma
quando piove com’è triste la sera! —
Su, su, Pierrot, un salto, uno sgambietto, una risata,
un’ingiuria, una lagrima almeno! Eh?
Or questo tutto a ciel sereno, e di giorno ben chiaro;
vedremo, in terra, in torno a voi, le nostre ombrie
a seguirci in corteggio, teorie dubie dentro alla polvere;
poi che il motteggio vuol, senza pretese,
l’enigmatico paese del fantastico
per dar fondo all’Idea...
Una farfalla... una farfalla d’oro,
nel canoro inno dell’illusione;
una creazione di veli e nubi... e il resto...
Ma la farfalla astuta si rimbuca, se piove... e piove!
Pierrot fa un gesto vago e stira le cortine sulle vetriate della finestra.