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Armillaria mellea

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Armillaria mellea Wahl. — Tav. XX.

Ital. Famiglia buona, bianca e leonata. Volg. Fonghi del morar, Ciodini de morer. Franc. Téte de Meduse. Ted. Hallimasch.

Nel primo sviluppo ha la forma di chiodo pel cappello conico arrotondato ai margini, poi piano-convesso, indi spianato con umbone nel centro, di vario colore a seconda della matrice, cioè giallo-melleo se cresce al piede dei gelsi, rossastro-carne se ai piedi o su tronchi marciti di conifere, bruno se ai piedi di roveri ecc. È tutto coperto da fiocchi di peli o piccole squame nerognole o giallastre che poi spariscono nel fungo adulto; lamelle attenuate alle due estremità e scorrenti a uncino sul gambo, bianche, poi con tinta rosea e chiazze rossastre; gambo eguale, alla base per lo più compresso, pieno d’una sostanza spongiosa, sopra l’anello di colore carnicino pallido, sotto giallastro o bruno; anello fioccoso, bianco, a fiocchi giallastri; carne bianca, acidetta; basidii clavato-capitati, 30-40 × 6-7 μ; spore ellittiche, 7-8 × 4-6 ½ μ.

Cresce al piede o sulle ceppale di vari aligeri, specialmente Gelsi, Salici, Abeti, Larici, Quorcie ecc. in ottobre e novembre, per lo più in grandi cespi di 10-30 individui. Raramente si trova solitario, ed allora assume dimensioni maggiori e il piede alla base diventa bulboso.

La carne di questo fungo è un po’ acida, poco compatta e nel gambo fibrosa, per cui, quando si trova bene sviluppato, si dove sempre rigettare la parte inferiore dei gambi riuniti a cespo. È do[p. 48 modifica] vunque conosciuto come mangereccio e si consuma in gran quantità; però non è da considerarsi tra le specie migliori.

Da questo micete è causata la mortalità dei gelsi, conosciuta in Italia col nome di male del Falchetto, investendo il suo micelio, che si presenta sotto forma di filamenti bianchi o di una membrana bianca, le radici dell’albero e facendole marcire.

Avvertimento. Le denominazioni volgari, che si danno ai funghi mangerecci, se tolte dal nome degli alberi sui quali crescono, sono sovente occasione di accidenti deplorevoli, come p. es. il nome dato all’Armillaria mellea di Fonghi del morar, perchè facilmente infiltra nel volgo la falsa idea che tutti i funghi, i quali si sviluppano sul gelso sieno da riferirsi a questa specie mangereccia, mentre invece crescono su quest’albero molte altre specie, anche sospette venefiche. Le quali poi raccolte e mangiate producono disturbi gravissimi o avvelenamenti, che a torto si attribuiscono ai Funghi del morar in quanto riguardano la specie buona. Una specie mangereccia è sempre tale, purché, come già accennai altrove, si rigettino gli individui troppo attempati che incominciano a putrefarsi.

Se quindi si hanno a deplorare inconvenienti, se lo dove attribuire a specie nocive che furono confuse colle buone, perchè nascevano nei medesimi luoghi, sui medesimi alberi o presentavano un aspetto simile. Conviene quindi badare non all’albero su cui cresce il fungo, né al luogo dove si trova o alla esteriore parvenza, ma alle note che presenta la specie che si ritiene mangereccia, e confrontarle colla descrizione e colle figure che qui si danno. Sul gelso cresce anche una specie che è nociva, l’Agarico amaro (Hypholoma fasciculare Huds. Tav. LV a), il quale forma pure dei grandi cespi somiglianti a quelli dell’Armillaria mellea, ma che però, se si bada soltanto un poco, non può essere confuso colla stessa, perchè ha caratteri affatto diversi. Ritengo che a questo fungo sieno da attribuirsi la maggior parte degli avvelenamenti che si riferiscono ai Fonghi del morar. Spiegazione delle figure: a Gruppo di funghi in vario stadio di sviluppo. b Individuo sezionato, c Basidii. d Spore.