<dc:title> I fioretti di Sancto Francesco </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Anonimo</dc:creator><dc:date>XIV secolo</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Anonimo - I fioretti di Sancto Francesco.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=I_fioretti_di_Sancto_Francesco/Capitolo_LIII&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20240703083035</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=I_fioretti_di_Sancto_Francesco/Capitolo_LIII&oldid=-20240703083035
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Come frate Giovanni della Verna venne meno dicendo Messa, consagrando il corpo di Cristo.
A
l detto frate Giovanni nello sopradetto luogo di Mogliano, secondo che recitarono i frati che v’erano presenti, adivenne una volta questo mirabile caso, che la prima notte dopo l’ottava di sancto Lorenzo et infra l’ottava dell’Asunzione della Donna, abbiendo detto il Mattutino in chiesa colli altri frati, e sopravegnendo in lui l’unzione della divina grazia, elli se n’andò nello orto a contemplare la passione di Cristo, et a disporsi con tutta la sua divozione e celebrare la Messa, la quale la mattina gli toccava a cantare. Et istando in contemplazione delle parole della consagrazione dello corpo di Cristo, cioè hoc est[p. 195modifica]chorpusmeum, e considerando la infinita carità di Cristo, per la quale elli ci volle non solamente ricomperare collo suo sangue prezioso, ma eziandio lasciarci per cibo delle anime nostre il corpo suo e sangue dignissimo, gli cominciò a crescere in tanto fervore et in tanta soavità l’amore dello dolce Gesú, che già non potea piú sostenere l’anima sua tanta dolcezza, ma gridava forte, e come ebbro di spirito tra sé medesimo non restava di dire: — Hoc est chorpus meum; — però che, dicendo queste parole, gli pareva di vedere Cristo benedetto colla vergine Maria e con moltitudine d’angioli. Et in questo dire era inluminato dallo Ispirito sancto di tutti i profondi et alti misterj di quello altissimo sagramento; e fatta che fu l’aurora, elli entrò in chiesa in quello fervore di spirito e con quella ansietà e con quello dire non credendo essere udito da persona. Ma in coro era alcuno frate in orazione, il quale vedeva et udiva tutto. E non potendo in quello fervore contenersi per l’abbondanza della divina grazia, gridava ad alta voce, e tanto istette in questo modo che fu ora di dire la Messa: ond’elli s’andò a parare et andò allo altare. E cominciando la Messa, quanto oltre procedeva piú gli cresceva l’amore di Cristo e quello fervore della divozione, colla quale gli era dato uno sentimento di Dio ineffabile, il quale elli medesimo non sapea né potea piú esprimere con lingua. Diché, temendo elli che quello fervore e sentimento di Dio non [p. 196modifica]crescesse tanto che li convenisse lasciare la Messa, fu in grande perplessità e non sapea quale parte si prendere, o di procedere oltre nella Messa, o d’aspettare. Ma imperò che altra volta gli era adivenuto simile caso, et il Signore avea sí temperato quello fervore che non gli era convenuto lasciare la Messa, confidandosi di potere cosí fare questa volta, con grande timore si mise a procedere oltre nella Messa; e pervenendo infino alla prefazione della Donna, gli cominciò tanto a crescere la divina inluminazione e la groliosa soavità dello amore di Dio, che vegnendo al qui pridie, appena poteva sostenere tanta soavità e dolcezza. Finalmente, giugnendo allo atto della consagrazione, detto la metà delle parole, cioè hoc est, per niuno modo poteva procedere piú oltre, ma pure ripeteva queste medesime parole: hoc est; e la cagione perch’elli non poteva procedere oltre, si era però ch’elli sentiva e vedea la presenzia di Cristo con moltitudine di angioli, la cui maestà elli non potea sofferire, e vedea che Cristo non entrava nella ostia, overo che l’ostia non si transostanziava nello corpo di Cristo, s’elli non profferiva l’altra metà delle parole, cioè chorpus meum. Di che, istando elli in questa ansietà e non procedendo piú oltre, il guardiano e gli altri frati, eziandio molti secolari ch’erano in chiesa a udire la Messa, s’appressarono allo altare et istavano ispaventati a vedere et a considerare gli atti di frate Giovanni, e molti di loro [p. 197modifica]piangevano per divozione. Alla perfine, dopo grande ispazio, quando piacque a Dio, frate Giovanni profferí chorpus meum ad alta voce, e di súbito la forma dello pane isvaní e nell’ostia apparve Gesú Cristo benedetto incoronato e grolificato, e dimostrogli l’umiltà e la carità, la quale il fece incarnare della vergine Maria, e la quale il fa ogni di venire nelle mani dello sacerdote quando consagra l’ostia; per la qual cosa elli fu ancóra piú elevato in dolcezza di contemplazione. Onde levato ch’elli ebbe l’ostia e lo calice consagrato, elli fu ratto fuori di sé medesimo, et essendo l’anima sospesa dai sentimenti corporali, il suo corpo cadde indietro, e se non ch’elli fu sostenuto dallo guardiano, il quale gli stava di dietro, cadea supino in terra. Di che, accorrendovi i frati et i secolari ch’erano in chiesa, uomini e donne, elli ne fu portato in sagrestia come morto; imperò che lo corpo era raffreddo come corpo d’uomo morto, e le dita delle mani erano rattrappate si forte che non si poteano appena punto distendere o muovere. Et in questo modo giacque cosí tramortito, overo ratto, insino a terza, et era di state. Et imperò ch’io, il quale fui a questo presente, desiderava molto di sapere quello che Iddio avea adoperato inverso di lui, immantanente ch’elli fu ritornato in sé, andai a lui e pregàlo per la carità di Dio ch’elli mi dovesse dire ogni cosa. Ond’elli, perché si fidava molto di me, mi narrò tutto per ordine; e tra le [p. 198modifica]altre cose mi disse che, consagrando elli il corpo e lo sangue di Gesú Cristo, et anche innanzi, il suo cuore era liquido come una cera molto istemperata, e la carne sua gli pareva che fosse sanza ossa, per tal modo che quasi elli non poteva levare le braccia né le mani a fare il segno della croce sopra l’ostia, né sopra il calice. Anche me disse che, innanzi ch’elli si facesse prete, gli era istato revelato da Dio ch’elli dovea venire meno nella Messa. Ma però che già avea détte molte Messe e non gli era quello adivenuto, pensava che la revelazione non fosse fatta da Dio; e nondimeno, forse cinquanta di innanzi alla Assunzione della Donna, nella quale il sopradetto caso gli addivenne, anche gli era istato da Dio revelato che quello gli dovea addivenire intorno alla detta festa della Assunzione; ma poi non se ne ricordava della detta revelazione. A laude di Cristo benedetto. Ammen.