I due gemelli veneziani/Nota storica
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NOTA STORICA
I Due gemelli veneziani aprono la serie delle commedie scritte dal Goldoni per il capocomico Girolamo Medebach, dopo il famoso abboccamento a Livorno, nella state del 1747: cioè il vero e grande periodo della riforma teatrale. Che I Due gemelli si recitassero a Pisa, come porta l’ed. Paperini, non è impossibile, poichè in quell’anno si annuncia ivi da Livorno una «compagnia di strioni» (A. Sagre, Il Teatro pubblico di Pisa ecc., Pisa, 1902, p. 26), verisimilmente quella del Medebach: ma se badiamo ai Mèmoires (P. I, ch. LIII), soltanto a Mantova, nella primavera del 1748, avrebbe l’autore consegnato al capocomico la commedia presente e l’altra che subito segue. Nella sc. 17 dell’A. III leggiamo la data 14 gennaio 1746: la quale, trovandosi in una scrittura di matrimonio, è quasi certo da intendersi more veneto ( 1747).
Non sappiamo bene se a Mantova e a Modena ( 1748) si esperimentassero i Due gemelli; corretti o no, apparvero a Venezia sul Teatro di S. Angelo, per la prima volta nell’autunno del ’48, dopo le nuove recite della Griselda e della Donna di garbo, e dopo la caduta di Tonin Bella Grazia (Mèm.es, 2, ch. I): e furono applauditi allora e l’anno successivo per ben 23 sere (son. di C. Gold., ed. da Malamani: L’Ateneo Ven. a C. G., Ven. 1907, pag. 32).
Non a caso Carlo Goldoni, che aveva bisogno di soggiogare il pubblico ad ogni costo, scelse e rammodemò l’antichissima favola dei Menaechmi plautini, prediletta ugualmente dal teatro classico e dai teatri popolari d’ogni paese. Alle imitazioni, presenti alla mente del commediografo veneziano (v. L’Aut. a chi legge), altre infinite sarebbe facile aggiungere, pur tralasciando le semplici infiltrazioni nella commedia italiana del Cinquecento (Suppositi, Calandria, Ipocrita, Straccioni, Zingana: del Giancarli quest’ultima, imitatissima dagli scrittori nostri, tradotta o ridotta in Ispagna da Lope de Rueda) e gli scenari dell’arte (p. es., fra i locatelliani: Le Due simile, Li Due simili di Plauto, Li Due fratelli simili, Li Sei simili ecc.; nel cod. Correr del Museo Civ. di Venezia: Due Flaminie simile. Zanni incredibile con quattro simili. Due simili con le lettere mutate; nella raccolta dello Scala: Li Duo vecchi gemelli, Li Duo Capitani simili ecc.; in quella della Bibl.ca Nazion. di Napoli: I Quattro Pollicinelli simili ecc.). Basti nel Seicento in Italia nominare G. B. Porta (I Due fratelli simili, 1614), in Francia Rotrou, Boisrobert, Boursault e Le Noble.
Ma due autori durevolmente impressero di nuovo genio la favola di Plauto: Shakespeare (The Comedy of errors, ed. 1623) e Regnard (Les Mènechmes ou les Jumeaux, 1705). Accanto a questi esempi impallidisce il rifacimento popolare del Goldoni, adatto soltanto a dimostrare il valore del pantalone D’Arbes (v. l’Aut. a chi legge). Già prima Regnard aveva immaginato il carattere diverso dei due fratelli simili (Rabemy, C. Gold. cit., Paris, 1896, pag. 326 e M. Ortiz, Gold. e Regnard, in Rivista Teat. It., Napoli, XI, 1906): Goldoni ripetè in parte il tipo del paroncin veneziano, facendo Zanetto pusillanime e ignorante come un altro omonimo d’un suo vecchio intermezzo (La Bottega del caffè, 1735), o meglio come Tonin Bella Grazia, e sciupando il personaggio di Momolo cortesan in quello di Tonino. Piace del primo la canzonetta (A. III, sc. 11 ), del secondo l’amore alla patria: ma non seppe l’autore infondervi nessuna originalità, come neppure nelle maschere del Dottore, di Arlecchino e di Brighella. Lelio poi, smessa qualche posa di spavaldo, ridiventa il cicisbeo di Fagiuoli, deriso nella Donna di garbo. Per la creazione di Pancrazio non attinse Goldoni alla viva esperienza (vedi pref.i Pasquali, a p. 39, vol. I, della pres. ed.), bensì ad un tipo dell’ipocrita più o meno letterario: indegnissimo nipote di Tartufo, che muor di veleno (Sismondi, De la littér. du Midi de l’Europe, Bruxelles, 1837, I, 503).
A Plauto e a Cesare D’Arbes toccò dunque l’onore degli applausi, mentre Goldoni a torto si compiacque (Rabany, 1. c, 63) che le contorsioni e l’agonia di Zanetto rappresentino «uno de’ pezzi più ridicoli e nuovi della Commedia». Criticò l’ab. Chiari (Lettere scelte, t. III, Ven., Pasinelli, 1752, p. 127), perchè alla natura non conformi, «i servidori simili» e i «padroni gemelli su’ nostri teatri», ma ne abusò egli stesso nella maniera più goffa ne’ propri romanzi (p. es. la Bella pellegrina, 1761 e le Due gemelle, 1777). Invece il pantalone Collalto (Ant. Mattiuzzi o Matteucci) fu invogliato dal successo di Goldoni e e del D’Arbes a comporre e recitare i Tre gemelli veneziani, con ammirazione del grande commediografo nostro e dell’attore Garrick (v. Mém.es, ed. cit., per cura di G. Mazzoni, I, 458 e II, 156 e 416; e Rasi, I comici italiani I, 673-5). Non oso affermare che esatta sia quest’altra notizia, la quale si legge nei Commemoriali di P. Gradenigo (Notatorio III: cod. del Museo Civ. di Ven.) alla data 30 genn. 1756: «Nel Teatro in S. Gio. Crisostomo andò in scena in versi eroici una commedia intitolata li Quattro simili di Plauto, della rinomata penna del Sig. Co. Gasparo Gozzi». Benché pnvi di qualunque merito d’arte letteraria, durò sulle scene la fortuna dei Due gemelli veneziani nel Settecento e nell’Ottocento; e serbano ancora, coi difetti d’origine, l’impronta speciale del teatro a soggetto. Oltre le recite di Firenze e di Mantova, ricordate dall’autore, citerò sparsamente quelle postenori di Reggio ( 1768), di Modena (1754, 1865, 1878: v. Modena a Gold., Mod., 1907), di Torino (1827: I Teatri, giornale dramm., Milano, 1827, t. I, 524) e di Milano (1844: Accad. dei Filodr.ci di G. Martinazzi, Mil., 1879).
Di Antonio Condulmer (n. 25 die. 1701 ai Tolentini, m. 1779), al quale fu dedicata nel 1750 la commedia, parlano sobriamente le Memorie goldoniane. Proprietario del teatro di Angelo e protettore del Medebach, si irritò con Goldoni nel ’53 (Molmenti, C. Gold., Ven., 1880, nota B) e prestò di poi il suo favore all’ab. Chiari. Senatore fin dal 1746 (v. continuatori Barbaro, Discendenze patrizie e F. Stefani, Condulmero, in Famiglie Litta), fu dei Dieci e dei Tre. Il Casanova ci lasciò di lui un maligno ritratto, che altrove leggeremo. Il nipote Tommaso ha triste fama nella storia della caduta di Venezia.
G. O.
Questa commedia fu stampata la prima volta nel I t. dell’ed. Bettinelli a Venezia, nel 1750, subito dopo la Donna di garbo. Fu poi ristampata dal Bettinelli stesso, più volte; poi dal Pisarri (t. I, '51) e dal Corciolani (I. ’53) di Bologna; quindi dal Paperini (t. IX, 1755) di Firenze, seguito dal Gavelli (t. IX, ’55) di Pesaro e da Fantino - Olzati (t. XI, ’57) di Torino; poi ancora a Venezia dal Salvioli (t. XI, 1771), dal Zatta (cl. 2, t. V, ’90), dal Garbo (t. XV, ’98) ecc.; infine Guibert-Orgeas di Torino, dal Bonsignori di Lucca, dal Masi di Livorno e da altri. Fin dal 1756 fu tradotta in tedesco e stampata a Vienna: v. Spinelli, Bib.ia gold., cit., p. 252. — La presente ristampa fu condotta sul testo della ed. Paperini, compiuti diligentemente i riscontri con le altre edizioni. Valgono le osservazioni già fatte per le precedenti commedie.