I bambini delle diverse nazioni/I bambini della China

I bambini della China

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I BAMBINI DELLA CHINA



II
chinesi sono molto superstiziosi, e quando i bambini hanno tre giorni, sono lavati con grande solennità e spesso viene legato loro intorno ai polsi un cordoncino rosso di cotone, al quale è attaccato un incantesimo, per tener lontano lo spirito maligno dal bambino. Quando poi il bambino ha un mese, gli radono la testa, e in quella occasione si mandano regali e dolci al bambino. Quando egli raggiunge l’età di quattro mesi, c’è un’altra cerimonia, che consiste nel mandare il bambino a ringraziare la dea «Madre» protettrice dei bambini chinesi, e pregarla di renderlo buono, prospero e felice.

Ai bambini vien dato il nome infantile di ming in aggiunta al loro soprannome, ma nonostante che essi si chiamino in quel modo, allorchè parlano di sè stessi, quando hanno venti anni, si dirige loro la parola con tsa, ossia col maschile, che spetta loro da quell’età in poi. Le bambine, invece di un nome infantile, sono chiamate numero uno, numero due, e via di seguito. [p. 134 modifica]

I ragazzi, in China, sono molto più stimati delle fanciulle, perchè possono guadagnare più denaro ed esser di sollievo ai genitori. Essi possono adorare con maggior vantaggio le tavolette di legno dei loro antenati, dalle quali i chinesi credono che sieno passate le anime di un antenato defunto, giacchè suppongono che ogni persona abbia più anime.

Un uso barbaro si pratica in China, ed è quello di condannare a morte le bambine quando ce ne sono troppe in famiglia. Il padre stesso commette il delitto, benchè in quel paese non sia considerato come tale. Le bambine sono mal viste e non sono contate. Quando un padre italiano è interrogato quanti figli ha, risponde che ha due figli; un maschio e una femmina, se, per esempio, ne ha due; ma un chinese dirà sempre che ha un figlio unico.

A quattro mesi insegnano al bambino a star seduto in una sedia, e fra gli altri regali che la sua nonna materna deve mandargli, c’è quello dello zucchero caramellato per metterlo sulla seggiola sulla quale è seduto il bambino.

Il primo compleanno è pure un giorno di grande gioia, quando è presentato alla dea «Madre» il ringraziamento, e il bambino è messo sopra una tavola davanti a molte cose, come inchiostro, libri, oro o balocchi, e dalla prima che tocca arguiscono quale sarà il suo carattere e quale carriera seguirà. Appena è grandicello, il bambino impara ad adorare la sua Dea protettrice e altri Dei e Dee, ed è facilmente portato ad essere un piccolo buddista, taoista o confucionista, che sono le tre principali religioni della China. Anche diversi giapponesi sono pure buddisti. Ma qualunque religione egli segua, deve sempre onorare Confucio, che fu un filosofo molto dotto, nato circa 550 anni avanti l’èra nostra, e che scrisse molti libri pieni di buona morale. [p. 135 modifica]Nessun ragazzo entra a scuola prima dell’anniversario del giorno in cui Confucio morì o fu bruciato.

L’educazione che si dà ai piccoli chinesi è molto accurata, e se un povero ragazzo giunge a meritarsi gli onori letterari, può inalzarsi, come se fosse figlio di famiglia altolocata. Tutti i bambini, specialmente nella China Bimbi chinesi meridionale, vanno a scuola, ma all’infuori delle scuole delle missioni, ci sono poche scuole per fanciulle.

Il maestro non deve insegnare ai suoi scolari soltanto a leggere e a scrivere, ma anche le forme della cortesia, che sono la base della educazione chinese, e le diverse cerimonie riguardanti la vita pubblica e privata, le quali [p. 136 modifica]pure s’insegnano nelle scuole. Le lezioni di calligrafia sono molto faticose, perchè si annette molta importanza a dare alla scrittura, composta di caratteri figurati, una forma elegante, e tutti gli sgorbi dello scolaro sono corretti dal maestro con l’inchiostro rosso. Al pari dei ragazzi giapponesi, quelli chinesi imparano le lezioni a voce alta, e ciò produce un rumore insopportabile. Ma gli scolari, peraltro, non possono parlare fra loro durante la scuola, e per impedire che essi trasgrediscano a quella legge, le tavole sono collocate a distanza l’una dall’altra.

Quando il ragazzo sa la lezione, dà il libro al maestro, gli volge le spalle, e la ripete. Questo si chiama pey-chou e si fa per impedire che il ragazzo legga la lezione, il che gli riuscirebbe molto facile per le grandi proporzioni dei caratteri. Il metodo d’insegnamento seguito nelle scuole chinesi è diverso dal nostro.

Colà il ragazzo deve imparare a mente la lezione, e dopo spiegare quel che ha imparato. La prima lezione è sulla pietà filiale, e nella vita il ragazzo chinese, la bambina, l’uomo e la donna sono rinomati per l’affetto per i genitori. Dopo imparano il sacro libro trimetrico, che tratta della natura dell’uomo, delle maniere d’educazione, dei doveri sociali, e di diverse altre cose. Quindi vengono i quattro libri classici e i cinque libri sacri; così quando i ragazzi chinesi vanno a scuola, hanno molto da fare.

Gli esami per gradi sono molto difficili. I candidati sono chiusi in scuole separate e provvisti di letto e di cibo. Gli esami maggiori durano tre giorni e tre notti per parte, e sono divisi in tre parti. I tre saggi di ogni candidato sono copiati da uomini destinati a quell’ufficio, ma la copia è fatta con l’inchiostro giallo. È scelto il migliore, che deve raggiungere i quattrocentocinquanta punti, e i primi [p. 137 modifica]settantadue candidati ricevono il grado di Ku-sen, ossia uomini di classe superiore.

Nelle scuole delle missioni le fanciulle imparano, durante la mattina, a leggere e a scrivere, e nel dopopranzo cuciono i loro vestiti. L’abbigliamento di una fanciulla chinese consiste in una giacchetta sciolta e in un paio di larghi calzoni, tutti e due fatti di stoffa a vivaci colori. Le scarpe le fanno da sè, e sono bellamente ornate di ricami. Tutte le bambine piccole le portano, e al pari delle giapponesi debbono toglierle prima di entrare in una stanza. Molte fanciulle delle classi ricche e agiate, hanno piedi piccolissimi, ridotti così dalle fasciature che li fanno fino dall’età più tenera.

I chinesi fanno due pasti principali durante la giornata: uno la mattina e l’altro la sera. Fra questi due pasti mangiano dei biscotti e bevono il the. I chinesi si servono di piccoli bastoncini per portarsi il cibo alla bocca.

Il giuoco del volano è un divertimento preferito per i chinesi, e lo giocano spesso in circolo, servendosi dei gomiti e dei piedi invece di racchette.

Le bambine chinesi non amano le bambole, ma si divertono a un giuoco che si fa tenendosi per la mano in cerchio, e che somiglia al nostro «giro giro tondo....»

I chinesi saltano con piacere, fanno i cavalli, fanno volare i bellissimi aquiloni, e i babbi e i nonni prendono parte spesso a quel divertimento. Gli aquiloni hanno le forme più bizzarre, e spesso raffigurano strani uccelli.

Le case chinesi si compongono generalmente di un solo piano; i chinesi, nella loro superstizione credono che porti cattivo augurio l’abitare troppo alti dal suolo. Vi sono però delle case di due piani, e quelle meglio costruite sono circondate da muri. [p. 138 modifica]

Fra i mobili, i chinesi hanno dei graziosissimi paraventi e delle scansie; le loro stanze sono piene di eleganti ornamenti e di ventagli; le portiere di seta e di raso, sulle quali sono scritte delle sentenze, pendono dalle pareti, e delle graziose lanterne sono sospese al soffitto. Alcune case hanno pure dei giardini spaziosi e delle verande.

I bambini chinesi sono educati alla riservatezza, e s’insegna loro ad esser cauti e a nascondere la fierezza naturale. Con questi principii è facile di renderli ipocriti e bugiardi. I giapponesi, invece, bambini o bambine, imparano fino da piccoli che fra tutte le cose dispregevoli, la menzogna e la truffa occupano il primo posto. Fra le virtù che hanno comuni i ragazzi delle due nazioni e che forse sono più estese in China che al Giappone, è l’amore, il rispetto per i loro genitori, e più d’uno è andato a morte per salvare il padre. L’obbedienza verso i genitori è severissima e rispettata, e quel culto verso i maggiori risale fino agli antenati. Le madri chinesi portano spesso appesi alla schiena i loro bambini, ma il viaggiatore sarebbe meravigliato del piccolo numero di donne che incontra per le strade, le quali sono tranquille. Sulle cantonate si trovano i cantastorie e quelli che predicono l’avvenire, e abbondano le curiosità esposte al pubblico.

Il giuoco delle ombre, che da noi si chiamano chinesi, è popolarissimo in China. L’attore è nascosto dalla testa ai piedi e fa vedere dei giardinetti minuscoli con sentieri e viali tortuosi, ponti sopra laghetti proprio come quelle pitture che si trovano sui vassoi, sulle porcellane e sulle scatole da the.

Le case indigene sono quasi tutte in legno, e dentro la corte la famiglia sta vestita con gli abiti larghi e fluttuanti. Un tratto curioso del carattere chinese è quello di [p. 139 modifica]tenere tanto a possedere la cassa da morto. Non v’è famiglia che si possa consolare di non possederla, e la tiene sempre in casa. Il più povero coolis serba il denaro per comprare la cassa e i fabbricanti di casse sono individui molto reputati. I funerali di famiglia sono un’epoca di banchetto.

Barcajola chinese

Le junke (barche) chinesi, simili alla nostra figura, sono conosciutissime e non occorre descriverle.

Il popolo chinese porta in capo grandi cappelli come parasoli. Quasi tutto il commercio del paese si fa a Hong-Kong, che vanta una rinomatissima pagoda formata da cento pagode. [p. 140 modifica]

Ci sarebbero molte cose importantissime da dire sulla China, le quali certo divertirebbero i piccoli lettori; ma dovremo contentarci di parlare della popolazione dei bastimenti, la quale è numerosissima in rapporto al resto degli abitanti dell’impero.

Il chinese, come forse saprete, fa molte cose al contrario di noi. Si veste di bianco quando è in lutto, porta all’aria aperta i parenti quando sono sul punto di morire, nessuno darebbe ricovero a un malato anche se potesse. Il chinese stringe la propria mano invece di quella del suo ospite e si mette il cappello per salutare, mentre noi ce lo togliamo. I chinesi scrivono perpendicolarmente, mentre noi si scrive in senso orizzontale, e presso di loro il servizio di camera è fatto dagli uomini, come sono gli uomini che lavano il bucato e le donne invece e le ragazze fanno da barcaiuole.

Quelle barcaiuole sono belle ragazze, vanno scalze ed hanno gambe e piedi bellissimi. Fino da piccine esse imparano a guidare le barche, nelle quali nascono, vivono e muoiono famiglie intere.

«Il bambino chinese» dice un osservatore «viene al mondo nella barca, vi passa la sua umida gioventù, vi si ammoglia e spesso l’acqua gli serve di tomba. Nonostante, l’acqua non pare che faccia male ai ragazzi, sono continuamente sopra all’acqua o dentro l’acqua in pericolo di annegare, e sono veramente a prova d’acqua.»

Quella gente va raramente a terra. Sta nelle barche, sulla riviera di Canton o in altri corsi d’acqua, quasi sempre all’ancoraggio, e spesso non si muove mai da un posto per tutta la vita. Le botteghe in cui va a fare le sue provviste, sono galleggianti, come la barca che abita, e forse quella barca è stata la residenza di più generazioni.

Le barcaiuole trasportano passeggieri e mercanzie e sono [p. 141 modifica]belle e forti, con i capelli tagliati corti sulla fronte e il resto annodato sulla nuca, sotto il largo cappello.

A Canton soltanto, circa un milione di persone vivono sull’acqua.

Rispetto a quel che abbiamo detto sulla obbedienza, occorre aggiungere che il fanciullo chinese è educato molto severamente. Fintanto che i genitori sono in vita, il figlio non diventa padrone di sè stesso. Anche se è ufficiale dipende dall’imperatore, ma deve esser soggetto ai genitori in ogni cosa. La fanciulla, dopo maritata, passa sotto la tutela del marito e dei genitori di lui: dopo la morte del marito, deve obbedire al figlio allorchè egli è in età maggiore. È dimostrato, dunque, che i bambini chinesi non hanno una educazione libera come i bambini europei.

Il chinese, come popolo, tiene molto a conservare gli antichi usi propri, perchè esso si considera molto superiore «ai barbari europei.»

Nel quartiere chinese delle città come San Francisco di California, dove i chinesi hanno guadagnato terreno, sono in uso tutti i riti e le cerimonie come nel Celeste impero, ed un chinese può educare i figli come in patria.

La vigilia del nuovo anno, il quale incomincia secondo il calendario chinese il giorno 8 febbraio, ogni persona mette fuori della finestra e delle porte delle bellissime lanterne dipinte, e quando è mezzanotte s’incendiano i fuochi d’artifizio, si dà nei tamburi, si battono i ching-ching e tutta quella musica deve servire, secondo i credenti, a scacciare gli spiriti maligni. Allo stesso scopo le case sono ornate, in quell’occasione, di stoffa rossa, e i capelli dei bambini si legano con la seta rossa, per prevenire le disgrazie, che possono accadere alle case e ai bambini che le abitano. [p. 142 modifica]

Alla fine dell’anno si pagano tutti i conti, si comprano vestiti nuovi, si scambiano doni. Il regalo più gradito consiste in un paio di scarpe, e il chinese scrive a tutti i conoscenti per augurar loro un anno felice, con certi sgorbi, che somigliano alle tracce che lascerebbe una mosca intinta nell’inchiostro, e poi messa ad asciugare su un pezzo di carta.

Il chinese divide gli anni in «lune» e l’anno spesso contiene dodici e spesso tredici lune. Quello del 1884 aveva un mese di più come accade da noi quando si aggiunge un giorno a febbraio negli anni bisestili. Anche nel 1887 fu aggiunto un altro mese o luna, il che si esprime con la stessa parola.

Non è una pretensione infondata quella dei chinesi di ritenersi il popolo più civile dell’antichità. Essi conoscevano la bussola molto prima degli europei; e per notare un altro contrasto fra l’Europa e la China, il nord dei chinesi, segnato dall’ago calamitato, è il nostro sud.

Per provare quanto si credono superiori in civiltà agli europei, chiuderò con questo fattarello che, lessi non ricordo dove.

Un inglese fece osservare ad un chinese l’assurdità di mangiare con gli stecchini, e il mandarino rispose:

— Nei tempi remoti, prima che noi fossimo un popolo civile, si usavan da noi pure forchette e coltelli, e non avevamo stecchini. Noi dobbiamo portare un coltello nell’astuccio degli stecchini, ma è un resto di barbarie; non ce ne serviamo mai. Noi ci sediamo a tavola per mangiare e non per squartare carcasse! —

Mi pare che l’argomento del mandarino non fosse troppo felice!