I Salmi di David (Diodati)/SALMO LIII

SALMO LIII.

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SALMO LIII.

1          Lo stolto il qual indura
     E abbaglia un rio volere,
     Nel cor, in note fiere,
     Susurra, Dio non è, nulla egli cura.
     Schivo, ne l’alma impura,
     Del santo ver, del giusto e de l’onesto,
     Pel brutto oprar nefando,
     A Dio si rende infame ed esecrando.
     Uom non ha più di resto
     La terra al ben volonteroso e presto.
2          Dio, dal sovrano cielo,
     Ambe le luci intente
     In su l’umana gente
     Affisò, per veder se puro zelo
     Sgombrava punto il velo
     D’ignoranza ad alcun: sì, ch’avveduto,
     A cercar lo Dio vero

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     Talor recasse un santo disidero.
     Ma corrotto ha veduto
     Putir ognun e ’l lezzo al ciel venuto.
3          Infra l’uman legnaggio
     Ch’adopri ben alcuno
     Non si trova pur uno.
     Spento è così d’ogni ragion il raggio?
     Così il consiglio saggio
     Rifiuta degl’iniqui il fello core,
     Cui il mal è scherzo ed arte;
     Ch’a mangiar, come pan, le membra sparte
     Del popol santo orrore
     Non senta, nè ’nvocar curi il Signore?
4          Tempo fie, che i sicuri
     Petti, or lieti e ridenti,
     D’improvvisi accidenti
     Cicco e ignoto terror colga e spauri.
     Perchè chi contra i muri
     Di te, Salem, alza nemica insegna,
     Da la divina possa
     Senza perdon gli fien fiaccate l’ossa.
     Perchè ’l Signor gli sdegna,
     Di scorno lor darai la mercè degna.
5          Oh, quando fie che sorga
     Quel dì chiaro e sereno,
     Che di Sion dal seno
     Venga chi ad Israel salute porga,
     Sì che ’n vita risorga?
     Quando ’l Signor il caro popol santo
     D’aspra cattivitade
     Trarrà disciolto in alma libertade,
     Iacob trionfo e vanto
     Sonerà, ed Israel festivo canto.