Non v’era stagno in tutto il vicinato
in cui lo Smergo a lungo non avesse
col suo becco pescato.
Pescaie e chiuse a lui facean la spesa
della cucina allegramente bene,
ma quando nelle vene
per vecchiezza gelò nell’animale
il sangue, l’andò male.
Ogni smergo si serve da se stesso
e il nostro, mezzo cieco per l’età,
che non vedea le cose troppo chiare
e reti non aveva per pescare,
si trovò presto in gran difficoltà.
Il bisognin dottore in strategia
insegna all’uccellaccio
una maniera per uscir d’impaccio.
Rivolgendosi a un gambero vicino:
- Amico, - gli parlò, - non ti rincresca
a dire a questi Pesci che il padrone
vuol fare una gran pesca
e che segnato è l’ultimo destino -.
Lesto si muove il gambero
e porta l’ambasciata,
onde turbato il popolo
dei Pesci si raduna e manda a chiedere
a messere lo Smergo ove ha pescato
la terribil notizia.
Chi l’ha portata? quali son le prove?
E se non è fandonia
come salvarsi e dove?
- Bisogna cangiar luogo, ecco il rimedio.
- Sta ben, ma in qual maniera?
- Se credete, vi porto a una scogliera
dove abito di solito,
luogo sicuro che non sa che Dio
che esista al mondo ed io.
Colla sua man vi fece la Natura
un golfo ove non passa un’ombra umana.
Dei pesci la repubblica
in quella spiaggia inospite e lontana
potrà viver sicura -.
Ad uno ad un lo Smergo
i suoi Pesci portò,
e nel rinchiuso albergo,
ove il luogo è disteso e l’acqua limpida,
da buon padre i suoi figli imprigionò.
Ad un ad un li pesca allegramente
e insegna a loro spese
che non bisogna credere
a chi mangia la gente.
Se non era lo Smergo, si assicura
che altri n’avrebber fatta una frittura:
e per i Pesci il caso è indifferente.