I Persiani (Eschilo-Alfieri)/Atto IV/Scena terza
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STROFE
- Coro
Numi possenti, oh quale
Ne si parava innanzi ampia perfetta
Felicità di vita in legge retta.
Quando l’ottimo antiquo, invitto, eguale
In tutto a voi, magno Re Dario, il freno
Stringea di Persia con governo ameno!
ANTISTROFE
Dell’armi nostre il saggio
Alto allor demmo; e le nemiche mura
Il soggiacerci sel tenean ventura.
E il guerresco retrogrado víaggio,
Di fatiche e perigli a noi rimase
Scevro fin dentro alle paterne case.
MONOSTROFE
Quante città il gran Re,
Senza varcare ei l’onda
Dell’Alio fiume, fea suddite a sè,
Senza uscir pur dai tetti altri degli avi!
Quante ne acchiudon le Strimonie sponde
Presso de’ Tracj piani; e quante in terra
Addentro, oltre più là dei cupi stagni
Ergean lor torri; udiro, udir pur tutte
Che imperava un tal Re: la sinuosa
Propontide, e le foci ampie del Ponto,
E lor città d’Elle fregianti il guado;
E le accerchiate dai marini flutti
Al promontorio d’Asia sottoposte
Isole tante dell’Egéo; la vaga
Lesbo, e Samo olivífera, e Micóna,
E Paro, e Nasso, e Chio: con le congiunte
Tra loro, Teno ed Andro; a Dario tutte
Suddite fur, non men che le più oltre
In mar giacenti, Lenno, Icaria, Gnido,
E Rodi, e Cipro con sue tre cittadi,
Sólo, Pafo, e l’eretta Salamína,
Figlia, oimè! di quest’altra Attica prima,
Che a noi cagiona or tanti lutti. E tenne
Con la mente sua provida soggette
Le popolose dell’Jónia Greche
Colonie, a sorte ivi dedotte. Ei s’ebbe,
Dario, di genti bellicose scudo
Misto a più doppj d’ausiliaria possa,
Saldo infrangibil sempre. Avversi or fatti
A noi gli Dei, non dubbio danno immenso
Riportiam dalle pugne, travagliati,
(Ahi quanto!) e in campo domi, e in mar, del pari.