I Cairoli delle Marche - La famiglia Cattabeni/Appendice I

Aurelio Saffi

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Appendice Appendice II
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I.


Lettera del conte Aurelio Saffi ai redattori della "Bilancia„.


Eccellentissimi Signori,

Adempio, e mi grava aver tardato sin ora per involontarie cagioni questo debito ufficio, all’obbligo di rispondere al gentile invito che le SS. LL. mi hanno fatto di cooperare all’interessante giornale di loro appartenenza. Al che mi presterò molto volentieri, quanto la debilità dell’ingegno, degli studi, ed il poco tempo me lo consentiranno; e di ciò l’egregio Paolo Mazio, al quale ne scrissi particolarmente, avrà già dato loro partecipazione.

Nello stato d’indeterminazione, in che sono molte delle opinioni oggi correnti, credo opportunissimo, necessario, che uomini di maturi studi, di matura esperienza e di provata devozione al bene della patria loro, preso esatto calcolo degli elementi veri e possibili di progresso, si facciano a stabilire un programma positivo di sode migliorazioni, dirigendo, o se vuolsi, rivelando coscenziosamente la pubblica opinione più savia. Io acconsento adunque ai principii professati dalla Bilancia, perchè in que’ principii veggo una santa intenzione. Veggo un giornale, che, fra le opinioni indefinite e i vaghi intuiti del bene da una parte, le esagerazioni inopportune e le intemperanze di qualunque colore, spontanee o provocate, coscienziose o disoneste, dall’altra, si pone di di mezzo a rappresentare la vera idea eminentemente civile, perchè aliena dalle astrazioni e dalle utopie, e fondata sovra fatti esistenti e sovra diritti realizzabili; un giornale che piglia suo corso dalla vita storica della nostra civiltà, del nostro Stato, della nostra nazione, e compenetrandosi delle tradizioni nostre, della situazione positiva in che ci troviamo, delle convenienze politiche generali, delle relazioni possibili e prevedibili del presente coll’avvenire, della suscettività delle forme attuali in ordine ai progressi legittimamente desiderabili, si adoprerà a coltivare e svolgere i buoni germi di nostre istituzioni, ad educare le menti e i cuori di una educazione prudente e forte, perchè conscia di ciò che può, operosa perchè intelligente e forte. Un tal [p. 32 modifica]giornale non può che incontrare il consentimento di tutti coloro, i quali amano, che i popoli progediscano in quella via, che la Provvidenza ha loro segnata, proseguendo e perfezionando l’opera storica de’ loro maggiori nelle sue parti buone senza uscir fuori di certe determinazioni ideali e pratiche, di certe forme connaturate all’indole e costumi proprii, e al sito nel quale sono destinati a esplicare la loro civile virtù. Credo un falso progresso per qualsiasi nazione, ogni fatto che la disgiunga dalle catene delle proprie tradizioni, ogni atto operato con forze non proprie di lei. Vuolsi un progresso che, se ha da distruggere, distrugga soltanto le viziose produzioni interposte alle sane e feconde; che tolga di mezzo quello che non è opera dei principi! e degli istituti in sé, ma della mala volontà, dell’arbitrio, della esorbitanza degli uomini, i quali sovente abusano e corrompono quei principii e quegl’istituti.

Nel nostro Stato, più che in altre parti d’Italia, serbasi intatta in parte l’orditura della vita civile antica in ciò che aveva di buono, serbansi molte delle forme sociali in mezzo alle quali si eccitò, si fe’ grande, coltissima la nazione sino a tre secoli or sono; poi cadde per difetto d’idee generali, di vasta e matura politica, difetto di que’ tempi ch’or dovrebbe al tutto esser cessato; ma peggio cadde anche per un’altra cagione più intima, per una miserevole scissura del principio religioso dal principio civile, per un infelicissimo, spensieratissimo scetticismo universale, che guastò tutte le potenze morali e operative della nazione, guastò principi e popolo, istituzioni, lettere ed arti.

Io penso adunque, che la nostra missione, in questo felicissimo tempo a noi fatto da quell’uomo provvidenziale che è Pio IX, sia da restaurare, stretti religiosamente con lui, non il tutto (che torneremmo a S. Pietro) ma il buono de’ secoli passati di nostra gloria, di ringiovanire un poco nella fede de’ nostri padri, di con temperare questa restaurazione con quelle forme amministrative e civili, che i nuovi tempi hanno portato e che sono un reale progresso. Nella ricostruzione e riconciliazione dell’elemento municipale sviluppato secondo le savie esigenze dell’amministrazione generale dello Stato, dell’istruzione, e educazione pubblica oggi opportuna e delle necessarie garanzie, coll’elemento ecclesiastico riassunto dall’immortale Pontefice alla sua vera dignità, quella di propugnatore e duce di progressi civili, credo esser riposta una grande virtù di legittimi, possibili illustri, veramente italiani progredimenti. Da questo senso e da questo aspetto storico e progressivo insieme, revocatore de’ nobili esempi religiosi, civili, industriali, artistici, letterari degli avi nostri, e continuatore della vita passata verso le forme e i progressi voluti dalle urgenze presenti e dai voti dell’avvenire, ogni uomo onesto, e che ami con sincerità [p. 33 modifica]quello che è vero bene della patria sua, darà meco il suo consentimento al giornale diretto dalle SS. LL.

Del resto il mio voto, come adesione intellettuale, non può avere alcuna importanza presso personi di sì alto merito quali Elleno sono; ho fiducia nondimeno che vorranno di buon grado accoglierlo, come sincera espressione de’ miei sentimenti, delle mie più care speranze civili, e come tenera ma verace testimonianza della venerazione con che mi dò l’onore di segnarmi

Delle SS. LL. Ecc.me

Forlì, 18 maggio 1847.

Dev.mo Obbl.mo Servitore
Aurelio Saffi.