Guida della Val di Bisenzio/Parte prima/Agricoltura
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Agricoltura. — Molti terreni della Valle divennero colti e fruttiferi per l’opera intelligente ed assidua dei monaci che sino da antichissimo tempo presero stanza lungo il fiume o sui monti nostri o nella città.
La Badia di Montepiano sull’Appennino di Vernio; quella di Vaiano in Val di Bisenzio, e la Badia di S. Fabiano in Prato ebbero vaste possessioni nel territorio che descrivo, ed alcuni monaci d’allora furono molto benemeriti non solamente dell’agricoltura, ma dell’industria della valle, come sarà esposto a suo luogo. Però le numerose enfiteusi fatte dagli abati di Vaiano con gli abitanti di Sofignano, di Casi, di Cerreto, di Popigliano, di Migliana e di tante altre ville lungo il Bisenzio e nell’Appennino di Vernio1, e i male intesi sistemi economici dei secoli XVI e XVII, e la miseranda condizione dei popoli di allora, resero incolta gran parte dei terreni, e i boschi sopraffecero i campi, le rendite meschine e nulle.
Ma il governo di Pietro Leopoldo iniziò anche per l’agricoltura un’epoca migliore, e le riforme politiche e civili, e l’accrescersi rapido delle comunicazioni, e l’unificarsi de’ popoli italiani mantennero ed aumentarono la prosperità agricola.
La Val di Bisenzio provò anch’essa il benefizio di questo nuovo movimento agrario per l’opera indefessa di proprietari intelligenti, e ne fanno fede alcune delle più ricche e vaste tenute o fattorie, come quelle d’Usella e di Logomano dei Conti Guicciardini, che possono addursi a modello di cultura; e quella della Briglia, appartenente agli eredi Hall, notevole per estesi rimboschimenti; l’altra del Mulinaccio, nella quale il compianto Cav. Giuseppe Vai lavorò assiduamente rendendo fruttiferi terreni sterili, migliorando di gran lunga i fecondi. Nè ai campi soltanto rivolse le sue cure, ma alle nude e scoscese pendici dei monti; poichè solerte boschicultore attese a rinselvare il dorso orientale del M. d’Iavello, un tempo brullo e sterilito, oggi ricco di faggi folti e prosperosi. E la bella faggeta d’alto fusto che protegge la frontiera settentrionale di quel monte fu religiosamente serbata da lui a difesa del sottoposto suolo, a baluardo dei venti boreali, a bellezza del luogo. La custodiscano e sappiano farla rispettare i suoi discendenti, ricordando che i boschi delle alte vette salvano i campi ubertosi del piano.
A queste fattorie stanno bene a pari la fattoria di Montecuccoli, proprietà dei Mattei, che si stende per l’uno e per l’altro versante della Calvana in terreni abbastanza ben coltivati, o tenuti a selve di castagno; e mirabili sono quelle del valloncello della Torbola, come degne d’osservazione sono le giovani pinete che verdeggiano su per le crine della Golaia e del poggio di Montecuccoli, poste là dai proprietari a vestire quegli alpestri luoghi della Calvana.
Ai Rucellai, che possedettero da antico tempo in Val di Bisenzio, devesi in gran parte la bella macchia a taglio regolare che si mostra sulle piaggie occidentali della Retaia e le vigne e le olivete di Canneto, alle quali non hanno nulla da invidiare le ricche coltivazioni a viti ed olivi della fattoria di Filettole de’ Gherardi.
Nè da tacersi sono le fertili terre della fattoria di S. Gaudenzio sulle estreme pendici della Calvana tra Sofignano e Savignano; terre che aspettano l’opera efficace d’un padrone vago d’imprese agronomiche ed appassionato amante dei campi2.
Il rimanente dei terreni agricoli della Valle spettano a proprietari più modesti, ma in generale non meno solerti e industriosi.