Guerino detto il Meschino/Capitolo XXIV
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CAPITOLO XXIV.
Come il Meschino andò dal Romito per sapere di suo padre, che disse come era in Italia la fata Alcina, la quale glielo direbbe.
«Carissimo fratello, il qual amo più, che se nati fossimo d’un corpo di padre e di madre, prima per dritta ragione, avendo la vita per te, perchè non conoscendomi, mi campasti da morte, per mercè del nostro sommo Dio, che in quella parte ti mandò. Appresso per la fratellanza la quale tengo per maggiore, che se fossimo fratelli carnali, perchè la fede sopra tutte le altre cose debbo osservare. Però io non farei alcuna cosa senza il tuo sentimento; pertanto ti prego, che mi voglia dar licenza, ch’io adempia il mio voto e vada, dove per fede devo andare, in Gerusalemme al Santo Sepolcro di N. S. G. C.» E mentre che Dionino diceva queste parole, sempre piangeva dirottamente, e con caritatevole e fraterno amore il Meschino non si potè tenere, che non facesse un dirotto pianto con lui. Poi lo abbracciò e disse: — Carissimo fratello, se tu andassi per altra cagione che questa, non ti darei licenza tu andassi senza la mia persona: ma per la promessa che tu hai fatto a Dio, e il sacramento che tu ricevesti dal sacerdote quando gli promettesti per le anime de’ tuoi defunti, io ti dono licenza, e pregoti per carità, che tu preghi Dio per me, che mi dia grazia di trovare il padre mio». Non si potrebbe dire tutte le parole che l’uno diceva all’altro, spargendo insieme molte lagrime. Dissegli ancora Dionino: — Se tu capitassi mai in Inghilterra, alla mia città, chiamata Vorgales, dimanda di me, che ti farà onore, e voglio che la sia più tua che mia; e porta novella alla mia donna di me, ed a’ miei parenti». Allora si abbracciarono e baciaronsi, e andarono alla nave, dove Dionino fece il patto e pagò il padrone.