Giustizia ed altre poesie politiche e sociali/Le macchine
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LE MACCHINE
Han le macchine industri, onde la schiatta
Dei vincitori il trono aureo circonda,
Hanno un’anima anch’esse, una feconda
4Anima, d’infinite anime fatta.
Sia ch’elettrico alato o vapor denso
Le metalliche vene empia ed avvivi,
Sì che anelanti, quali mostri vivi,
8Affatichino al sole il corpo immenso,
Uno spirito umano, entro a’ feroci
Visceri attorto, al cielo eromper tenta,
E dalle ferree bocche ululi e voci
12D’ira e di pianto a’ suoi tiranni avventa.
«Sempre dunque nell’ombra, in varie forme
L’altrui materia a fecondar costretto,
Sprecherò schiavo, anzi giumento abjetto,
16La mia fatica e il mio martirio enorme?
Pur è mio quest’ingegno, è mia quest’alta
Forza che terre e mari apre e discorre,
E nella invan contesa aerea torre
20L’error debella e i numi ultimi assalta!
Pur son opera mia gli ardui congegni,
Ond’ha l’avida industria ed armi ed ale!
E devo io da un Falaride immortale
24Supplizio aver negl’inventati ordegni?
O monti avversi alle amistanze umane,
O mostri sui gelosi istmi sedenti,
Strali d’un bieco dio, fulmini ardenti,
28Chi domò voi non avrà tetto e pane?
E chi del sangue mio, chi del mio lutto
Fa cibo e gioco alla viltà natía,
Godrà, schernendo la miseria mia,
32Del genio mio, del mio supplizio il frutto?»
Così nella servile opra l’acerbo
Spirito imprigionato ulula e freme:
Ghigna dal trono il vincitor superbo,
36Ma il capo abbassa e impallidisce insieme.