Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. III/Libro I/VIII

Cap. VIII

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CAPITOLO OTTAVO.

Delle frutta, e fiori dell’Indostan.


B
Enche si tratti in questo Capitolo delle frutta, e fiori di sì vasto paese come l’Indostan, non dee parere strano, che dopo Goa se ne favelli; imperocchè trovandosi nelle vicinanze della medesima tutte quelle, che in più e diversi luoghi nascono, anzi alcune, che altrove non si truovano; egli è ben dovere, che prima di scostarsi da lei, se ne faccia menzione. Noterò tutti i loro alberi, co’ nomi Portughesi, ed Italiani, per farmi meglio intendere; vi aggiugnerò le figure, acciò più chiara Idea possa formarsene il curioso lettore.

Principiando adunque dalla Palmera de Coccos, o Palma di Cocchi (dovendosi a quella pianta il primo luogo, che maggior utile reca all’umana vita) egli si dee sapere, ch’ella pone alla vela, e carica una barca, senza mendicare altronde, che da se stessa tutto il bisognevole. Le frondi, oltre di servire di carta ad alcuni Popoli della Costa, ordinariamente se ne fanno vele; del legno si può fare la barca; il frutto, ch’è molto ben conosciuto in Europa, serve di cibo, di bevanda, e di [p. 110 modifica]mercanzia: e oltrcacciò la prima sua scorza bagnata nell’acqua, si fila, per far le corde necessarie alla barca; quantunque ve n’abbia alcune spezie, che si mangiano come pere. Questa prima corteccia, quando è matura, è gialla: la seconda, ch’è dura, è adoperata in vasi, volgarmente dette chichere per prender la cioccolata, e per altri usi. Dentro di essa si truova attaccata una polpa bianca, della grossezza di mezzo dito, che ha il sapor di mandorla. Nel mezzo si contiene un’acqua cristallina, ed ottima a bere. Or di quello frutto si fanno varj piatti dolci, ed ordinariamente olio, per servirsene così ne’ cibi, come nelle lucerne, per la mancanza delle olive. Tagliandosi qualche ramo della sua pianta, e posto io un vaso; l’umore o licore, che dovea nutrire il Cocco, vi si raccoglie dentro, e si chiama Nira, e Sura. La Nira è bianca, e dolce, appunto del sapore, del vinello, o acquerello; ed è quella, che si raccoglie prima di nascere il Sole. La Sura è l’istesso licore inacetito, e si prende dopo che il Sole è elevato sopra l’Orizonte, ed ha riscaldata l’aria. Bisogna prima accostarlo al fuoco, altrimente per la sua freddezza cagionerebbe dolor di ventre. Egli è di tal sostanza, che gl’Indiani se la [p. 111 modifica]passano più giorni col solo beverne, senza altro nutrimento.

Da questa Sura lambiccata si cava vino, e quando poi è guasto, aceto; passato due, o tre volte per lambicco, diventa acquavite; e cotto se ne cava zucchero nero: se ne servono anche per lievito a fare il pane. Della midolla del cocco spremuta si cava latte (come noi facciamo delle mandorle) per cuocervi il riso, per far salze, e molti intingoli. Si conserva questo caldissimo frutto un’anno intero fresco. Le palme adunque di cocchi sono le migliori rendite d’India; perche riso, cottone, e grano non se ne raccoglie molto. Crescono esse ben dritte sino a 60. palmi, di egual grossezza dal piede alla sommità. Gl’Indiani ordinariamente se ne servono per travi; e delle foglie per coprir le case, o per uso del fuoco.

Le palme di dattili nell’Indie non portano frutta, ma se ne servono per la Nira, e Sura. Ve ne sono diverse altre specie, poco fruttifere: una la chiamano Palmera di Transolin, le di cui frutta maturano a Maggio. Sono più picciole del cocco, e colla prima scorza nera al al di fuori, per far corde; e piena al di dentro della stessa materia de’ cocchi. Ogni [p. 112 modifica]Transolin tiene tre cocchi piccioli in triangolo; la polpa bianca de’ quali premuta dà un’acqua bianca, e fredda. Cresce questa palma in altezza quanto quella del cocco; però ha le foglie più folte, e come una scopa, e dà frutta una sola volta l’anno; a differenza dell’altra, che le dà quattro. Di quell’albero medesimamente si tira Nira, e Sura, di lor natura freddissime.

La palma di cocco di Bugios, o Simia, tiene i rami come discipline grandi. Del frutto si fanno corone vaghissime, perche i Pater hanno un lavoro naturale, che meglio lo scalpello non potrebbe far. Son’altre palme nell’Indie, non fruttifere; e gl’Indiani vi montano, e scendono così prestamente (per mezzo d’una corda, che abbraccia tronco ed uomo) ch’è impossibile, che lo creda, chi non gli ha veduti.

L’Arequera, o Arecchera è un’albero come la palma, sebbene più dilicato, e meno alto. Produce l’Arecca, frutto (necessario per masticarsi col Betle) simile alla noce moscata, che nasce involto in una veste, come quella del cocco; e sopra un ramo così copioso, come quello de’ dattili. Si raccoglie questo [p. 113 modifica]frutto quattro, e cinque volte l’anno.

La Figueira, o fico è una pianta tenera come ferula, della grossezza d’una coscia d’uomo, ed alta 15. in 20. palmi, col le frondi larghe più di quattro. Credono comunemente, che di esse si coprissero Adamo, ed Eva nel Paradiso terrestre; essendo non solo bastanti per coprire ciò, ch’era d’uopo nascondere, ma anche per fare un picciol mantello, se bisognava, alla loro nudità. Se ne servono gl’Indiani di piatto, che cambiano ad ogni vivanda; ed altri di carta per scrivervi sopra. Il frutto, o fico non è che per una sol volta; perche fatte ch’avrà sul gambo 60. 70. ed alle volte 100. fichi si taglia la pianta, e succede in suo luogo un rampollo. Ve n’ha però di due sorthi: quei che sono lunghi un palmo, e della grossezza, e rotondità d’un’uovo, sono detti, Figos d’essar: e di questi il sapore è dolce, come di un fico silvestre; e sono di grandissimo nutrimento, mangiandosi arrostiti con cannella, e zucchero sopra. La polpa di dentro è di color bianco, e rosso; con alcuni piccioli semi teneri, e neri, che parimente si mangiano. Si raccolgono verdi, e si fanno divenir gialli, e maturi in casa, come i melloni d’inverno. L’altra speziec [p. 114 modifica]s’appella d’Ortà; e questi son più dolci, e di miglior sapore, mangiandosi crudi; però di grossezza sono meno degli altri, benché con gli stessi granelli. Circa la qualità, questi sono freddi, e i primi caldi: gli uni, e gli altri si maturano in ogni tempo dell’anno.

La Manguera è un’albero alto quanto un buon pero, con frondi però più grandi, e più dilicate. La Manga, ch’è il suo frutto, è pesante, e schiacciata; e tiene un piè lungo, per lo quale stà appesa verso la terra. Al di fuori sono verdi, e la polpa di dentro, tolta la scorza, è bianca, e gialla. Ve n’ha di più spezie, e di differenti sapori: alcune si chiamano Mangas Carretras, e Mallajas, altre de Nicolao Alfonso, altre Sutias, ed altre di diversi nomi, che tutte superano nel sapore qualsisia frutto d’Europa. Si maturano ad Aprile, Maggio, e Giugno; benche a Gennaio, e Febbrajo se ne truovi alcuna. Sono caldissime, e si colgono dall’albero (come tutte le altre frutta Indiane) acerbe, venendo poi in casa a perfezione di là a tre giorni.

La Caranboejra, o Carambolera è un’albero grande quanto un prugno, e di frondi simili. Il suo frutto che si chiama [p. 115 modifica]Caranbola, o Carambola, maturo si è dentro bianco, e fuori giallo; fatto appunto come un limone, con quattro, e cinque spicchi; e’l sapore è agretto altresì come di limone. Sogliono i Poitughesi inzuccherarle, perche sono fresche. L’albero porta frutta, e fiori più volto l’anno.

Annomniera, o Annona è un’albero molto grande, che produce il frutto parimente detto Annona, per Febbrajo, Marzo, ed Aprile. Questo si è grande quanto una pera: rosso, e giallo al di fuori; al di dentro bianchiccio, e pieno d’una sostanza molle, dolce, e soave, che si mangia con cucchiaio; tiene bensì alcuni noccioli neri, e duri. Io non saprei come meglio esplicarmi; imperocchè egli non ha veruna similitudine con alcuna delle nostre Europee.

L’Ateira è un’albero quanto un melo, con frondi però picciole. Il suo frutto detto Atas è simile a quello del pino: verde al di fuori; e dentro bianco, o molle, con noccioli neri; onde si mangia con cucchiaro. E’ più soave assai dell’Annona, sentendo quali insieme d’ambra, e d’acqua di rose. Viene a maturità nel mese di Novembre, e di Decembre. [p. 116 modifica]

La Cajuyera, o Caggiuyera non è albero molto alto, però folto di rami, e di frondi. Il suo frutto detto Cagiùs ha la figura d’una mela gialla, e rossa al di fuori. In ciò è singolare, che avendo tutte le frutta il nocciolo dentro, egli l’ha nella sommità, elevato a guisa di un verde cimiero; che odorandosi, mi disse un Padre Predicatore Spagnuolo, e Missionario, esser di gran giovamento per la memoria; e che egli con tal mezzo si poneva a mente qualsivoglia lunga predica. Io però non ne ho fatto mai la sperienza, nè intendo esser mallevadore de’ detti del Frate. Quello che posso con verità affermare si è, che rotto tal nocciolo, l’anima di dentro mangiata arrostita ha sapor di mandorla, e cruda di noce fresca. Quanto al frutto, viene a maturarsi da Febbrajo sino a Maggio. Diviso in quattro parti, e posto nell’acqua fresca, se ne trae poi, in masticandolo, un sugo freschissimo, che giova a’ malori del petto.

La Jamboleira, o Giambolera è un’albero silvestre, c’ha le frondi come di limone; però così stimato, che una Dama Indiana venuta in Lisboa, aveva a nausea tutte le belle frutta Europee, sempre pensando al suo Jambolon. Pendono [p. 117 modifica]cotali frutta da rami come ciriegie, od ulive; dell’una delle quali hanno il color rosso, e dell’altra la figura, e’l nocciolo. Le mangiano gl’Indiani col sale, però avendole io assaggiate nel giardino de’ Padri Teatini, de’ quali era ospite, non mi parvero al gusto degli Europei: perocchè il sapore s’avvicina a quello della sorba; e quel ch’è peggio, se se ne mangiano assai, fanno enfiare terribilmente la pancia. D’ordinario si maturano ad Aprile, e Maggio.

La Jagomeira, o Giagomera è un’albero non molto grande, e tutto spinoso, con frondi picciole. Porta Jangomas, o Giangome (dette da’ Portughesi frutta d’Adamo) della figura delle noci, paonazze al di fuori, e bianche al di dentro, con due noccioli. Il sapore è mescolato di agro, di dolce, e di pontico corno una nespola. La loro stagione è a Novembre, Decembre, e Gennajo.

La Brindeiera, o Brindera è un’albero alto quanto un pero, ma con frondi più picciole. Los Brindones, o Brindoni, che porta a Febbrajo, Marzo, ed Aprile, sono frutta simili a quelle, che volgarmente appelliamo poma d’oro; però con la scorza più dura, benche la polpa sia anche rossa, viscosa, ed agretta (che si [p. 118 modifica]mangia, e se ne prende il sugo) con tre noccioli dentro teneri. I Portughesi della scorza fanno salze.

La Caramdeira, o Caramdera è un’albero basso, e spinoso, con frondi simili a quelle del melarancio. Il suo frutto detto Carandà, altro non è, che uva delle campagne dell’Indostan; di colore, che inchina al rosso al di fuori, e bianco dentro, con granelli. Si matura ad Aprile, e Maggio.

Los Jambos de Malacaa, o Giambi sono alberi alti, con fronda lunga, e dilicata. Le frutta si dicono Giambo, e sono grandi quanto un picciol pomo, e dello stesso sapore; però odorifere d’acqua di rose. La corteccia esteriore è gialliccia: dentro è a color di cannella, e vi sono per lo più due noccioli staccati dalla polpa. Cominciano a maturarsi da Gennajo per tutto Aprile.

La Papayera è una pianta, che al più s’eleverà venti palmi; e’l tronco ha meno d’un palmo di diametro, ma così tenero, che di facile si raglia col coltello. La fronda è larga come foglia di Zucca. Las Papayas, o Papaye che produce, stanno come grappoli d’uva, all’intorno la sommità del gambo, sul quale si [p. 119 modifica]maturano, e s’ingrossano l’una dopo l’altra. Si chiamino queste, nell’Indie di Portogallo, melloni de’ PP. della Compagnia, perche hanno il sapor di mellone; e quei Religiosi tanto le amano, che ne vogliono ogni mattina a tavola. Di figura sono come Berengene, però due volte, e tre più grandi. Quanto al colore, al di fuori sono verdi, e gialle; e dentro gialliccie con certi granelli neri, come bacche di sambuco. E’ frutto di ogni mese.

La Jaquera, o Giacchera è un’albero grande quanto un lauro, con fronda verde, e gialla. Produce un frutto il più grande che sia al Mondo, e ch’io abbia mai veduto; imperocchè non v’ha uomo che possa portarne più d’uno; e si truova tal Giaccha, che avrà 4. palmi di lunghezza, ed uno, e mezzo di diametro. Come che i rami tanto peso regger non potriano, l’industriosa Natura ha fatto, che nasca appiè del tronco; e nell’Isola di Seilon, e Malaca sotto terra nelle radici: sicchè si truova all’odore, che tramanda fuori quando è maturo. La corteccia è gialla, e verde, ma spinosa; e con alcune punte come quelle de’ braccialetti, con cui si giuoca al pallone. Dentro si truovano molti spicchi di color giallo, e [p. 120 modifica]dolcissimi; ciascheduno de’ quali tiene un nocciolo dentro, duro come ghianda, che arrostito è del sapor di castagna. S’ha cotal frutto dal mese di Marzo sino a Settembre.

L’albero della Jamboyera blanca, o Giamboyera bianca d’India è alto quanto un lauro. La fronda è picciola, il fiore limile a quello delle melegrane; e’l frutto della forma d’una pera, bianca e rossa al di fuori, e bianca dentro (con nocciolo) dell’odore, e sapore delle cirieggie. Vengono a maturità a Gennaio, Febbrajo, e Marzo; e due, e tre volte dalla stessa pianta.

La Pereyra non è albero molto grande, ma folto, e con frondi picciole. Il frutto al di fuori è verde, e giallo, della figura d’una pera: dentro è bianchiccio, o molle, con teneri semi, e del sapore d’una pera troppo matura. Col zucchero se ne fa ottima perata, così liquida, come dura, e se ne mangiano tutto l’anno.

L’albero della cannella, benche non dia frutto, è nondimeno prezioso per la sua corteccia; la quale tolta dall’albero, il tronco si riveste di bel nuovo, per recare nuovo profitto al suo Signore. La migliore nasce nell’Isola di Seilon, [p. 121 modifica]perche quella di Manila, e d’altri luoghi è silvestre, e non ha così soave odore.

La Taranja è albero venuto d’Africa, picciolo, e spinoso. Il frutto s’assomiglia a un gran limone rotondo, con la scorza grossa, e gialliccia; e al di dentro rosso, del sapore di melarancio. S’ha nel mese d’Ottobre, e Novembre.

La Bilimbeira è un’albero quanto un prugno, con frondi dilicatissime, e porta los Bìlimbines in tutto l’anno. Il colore di tal frutta inchina al verde; la figura è come di Zucca lunga; il sapore agro, e buono per far salze, e conserve. Si mangiano tutte intere, perche non tengono nocciolo.

L’Amsaleira, o Ansalera è un’albero quanto un pero. Le frutta, dette Ansales da’ Portughesi, nascono nel grosso de’ rami. La figura è come d’una poma d’oro, rigata a guisa di mellone al di fuori: la sostanza di dentro è bianca, con nocciolo. Se ne fanno buone vivande dolci; avvegnache il sapore lor proprio sia un’agro, che piace. Si maturano a Febbrajo, Marzo, ed Aprile.

L’Annamazeira è una pianta, come la Sempreviva, che produce las Ananas, (da’ Spagnuoli dette Piñas) una, due, tre, [p. 122 modifica]e più, secondo la grandezza della pianta. Questo frutto è rotondo, e spinoso (d’un palmo di lunghezza; e mezzo, e più di diametro) che s’eleva a modo di carcioffo molto verde. La polpa di dentro, che sente come di muschio, è dura, e gialla: o parte bianchiccia; di sapore agro-dolce, ma che piace, particolarmente se si pone monda in acqua, e zucchero. Prima di maturarsi alcuni la tolgono, e con zucchero la rendono dolcissima; e dall’Indie ne trasportano gran quantità nelle Spagne, dove è in grandissimo pregio. E’ salutifera, ma così calda, che lasciandoci per un giorno un coltello dentro, lo distempra, e consuma. Viene a maturezza dal mese d’Aprile sino a Luglio.

La Mogoreira è una pianta, che dal mese di Febbraio per tutto Maggio, porta un bellissimo fiore bianco, detto Mogorin. L’odore, benche simile, è assai più soave di quello del gelsomino; con tal differenza però, che quello ha solamente sei soglie, e’l Mogorin più di cinquanta. Mi disse il Padre D. Salvatore Galli, che se ne mandarono molte piante in Lisboa, dentro vasi di creta, ad alcuni Signori Portughesi; e principalmente per lo Gran Duca di Toscana, che n’era oltremodo [p. 123 modifica]venuto in desiderio: però che non si sapeva, se erano giunte fresche; avendo avuto a passar due fiate sotto la linea. Veramente meriterebbe un tal fiore essere allogato in qualunque giardino Reale; tanto più che si truova nel solo Indostan.

L’Asafreira è un’albero più grande del prugno; e produce nell’Indie l’Asafran, o zafferano. Il suo fiore ha il piede giallo, e sei frondi bianche; e serve a’ Portughesi, come il nostro Europeo, per cadimento delle vivande, avvegnache non sia così perfetto. Ciò ha di singolare quell’albero, che dà i fiori la notte, e quasi in tutto l’anno.

La Pemmenteira è una pianta non molto alta, che si appoggia a qualche albero, o parete; e porta il pepe in grappoli, come di uva. Maturo egli è di color rosso, ma gl’Indiani lo bruciano, e rendono nero, acciò non serva di seme altrove. A che uso si consumi, è ben noto a gli Europei. Viene nel mese di Marzo, Aprile, e Maggio.

La Beteteira è una pianta tenera, simile all’Ellera, e s’appoggia parimente ad un legno. La sua fronda è la delizia degli Asiatici; imperocchè uomini, e [p. 124 modifica]donne, Principi, e plebei non truovano maggior diletto, che di masticarne tutto il dì nelle conversazioni; nè si principia, o termina visita senza il complimento di questa erba. Non se la pongono in bocca, se prima non masticano la recca di sopra descritta, per temperare con la freschezza di questa (come dicono) il calore dell’altra; anzi sopra la fronda del Betle, pongono un poco di gesso, o calce liquida, per colorirla, e mitigarne il pungente sapore. In niuna parte d’Asia se ne consuma meglio, che nell’Isole Filippine; dove la Recca e tenera, e facile al masticare, e’l Betle ottimo. I Spagnuoli fanno un composto, (che dicono Buyo) dell’una, e l’altra erba con gesso; e ne portano dentro picciole scatole ben lavorate, per rugumare ad ogni momento, come bovi, per le strade, e in casa. Rende il Betle le labbra così morbide, rubiconde, e leggiadre, che se le dame Italiane potessero averlo, lo compreriano a peso d’oro.

I fiori, e gli alberi sin’ora descritti sono i migliori dell’Indostan; però ve ne sono molti altri da non dispregiarsi. Ne chiamano uno Punà, così alto, e diritto, che può servire per albero di vascello. [p. 125 modifica]Produce un frutto rosso, colla scorza ben grossa, dentro la quale si truovano dodici, e più semenze della grossezza d’una ghianda, e del sapore de’ pinocchi. Si mangiano però cotte, acciò non cagionino dolor di testa.

Vi sono anche mele Indiane, grosse quanto una noce, col nocciolo duro, come di prugna, e di mal sapore. L’albero è picciolo, con picciolissime frondi.

Le Tamarindi dell’Indostan sono ottime, e se ne truovano in quantità per le campagne. L’albero è grande, e porta le frutta dentro una scorza, o guaina come i legumi.

L’albero Scararagam porta frutta di color verderognolo, e della grossezza d’una noce: si chiamano Undis, e sono di grato sapore.

Il Ciampim della Cina è un fiore bianco, e odorifero, che inzuccherato, (al contrario degli altri fiori) si pone duro, dolce, e soave in bocca. L’albero è come un picciol Platano. Vi è un’altra spezie di Ciampim con due frondi diritte bianche, e lunghe; ed altrettante rosse, rivolte in giù; e questo non nasce da albero, ma da una pianta bassa sul suolo.

L’albero d’Omlam porta un frutto [p. 126 modifica]come mandorla rubiconda; e un fiore lungo assai vago, e odoroso.

Quegadam cheroza è un grande, e stravagante fiore giallo, con frondi lunghe, verdi, e spinose.

Il Mazarican è un fiore di poco conto, parimente verde, che nasce da un’erba.

Il Padolim è una pianta assai verde, che produce un fiore vistoso, e un frutto lungo come un cocomero Europeo.

Il Pachaa medesimamente è un fior verde, che viene da una pianta poco alta.

Il Tindolim è una pianta, che porta fiore rosso; e poi un frutto del medesimo colore, a guisa d’un picciolo limone.

L’Ignama Conà è un frutto bianco al di dentro, che nasce dentro il terreno, come las Batatas; molto però più grande, e che pesa molte libre: Cotto è di miglior sapore de las Batatas.

Molte altre frutta vi sono (oltre delle mentovate) tanto del paese, quanto straniere: come sarebbe a dire las Batatas, l’Igname (che cotte, o arrostite, hanno il sapor di castagna) melegrane, limoni, e poche uve: e quanto all’erbe, biringene, zucche, bietola; radici, cavoli, melloni d’ogni spezie, cedruoli, ed altre, che vi si portarono dalla Persia, e da Europa.