Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri - Vol. II/Libro III/II

Cap. II

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CAPITOLO SECONDO.

Profitto che ricava il Re di Portogallo da

Bander-Congo, e gran negozio, che

si fa in quel Porto.


T
Iene il Re di Portogallo gli Ufficiali suddetti in Bander-Congo per riscuotere il tributo di cinque cavalli, e mille e cento Tomani l’anno (che sono circa 20. mila scudi) che gli dà il Re di Persia, per convenzione fatta fra le due Corone, allor che in tempo di Filippo III. di felice memoria, avendo i Persiani preso Ormuz; i Portughesi impedivano con la loro Armata la navigazione nello stretto, e seno Persiano, con grandissimo interesse delle Dogane di quel Re. Oltre la mezza dogana, e i cinque cavalli di tributo, ebbero i Portughesi grandissimi privilegi; cioè a dire di tener Casa, e alzare bandiera, con la giurisdizione ordinaria sopra tutti i Cristiani, che approdano nel porto: però i più singolari sono, di non potersi nei Congo far Maomettano niun Cristiano; e, quel ch’è di maggior considerazione, che trovandosi un Portughese, o altro [p. 280 modifica]Cristiano in pratica carnale con una Maomettana, non possa soggiacere alla dura legge di morire, o farsi anch’egli Maomettano

(ch’inviolabilmente fanno eseguire ne’ loro Regni tutt’i Principi di questa Setta) nè gastigarsi in qualsivoglia modo, appunto come se si accoppiasse con donna della sua medesima Religione. Quindi nasce, che in Bander-Congo i Portughesi sono stimati sopra ogn’altra nazione, e comandano (quasi come fussero in Goa) non solo a’ loro sudditi, ma a tutti gli altri Cristiani che passano.

Sul principio eglino esiggevano il dritto della metà della Dogana, ma in processo di tempo essendo nate differenze per l’esazione fra lo Scibandar (o Doganiere Persiano) e’l Soprantendente Portughese, per mezzo del Generale dell’Armata si venne a convenzione, per mille e cento Tomani l’anno. Il Fattore ha cura di riscuotergli, e di spenderne parte, giusta gli ordini del Soprantendente, che denno essere in iscritto, e firmati dallo Scrivano. Il Soprantendente fa anche passaporti a’ Maomettani per navigare, sicuri nel Mar Indiano; e vende le prede, che si fanno da’ vascelli Portughesi. Il Re dà di soldo a’ suddetti [p. 281 modifica]Uficiali cinquanta Tomani per ciascheduno, cinque servidori pagati, e l’abitazione. Di più 28. Tomani al Fattore per l’alloggio de’ forestieri; però colui che vi era a tempo mio, era parchissimo, e facea quasi tutti entrargli nella sua borsa.

Gl’Inglesi anch’essi in ricompensa d’aver prestato i vascelli (che non vollero fategli Olandesi) al Re di Persia, per l’acquisto d’Ormuz, ebbero mezza la Dogana di Comeron, che parimente, per evitar le discordie, rinunziarono per mille e ottanta Tomani l’anno. Egli si è vero, che Scia-Abas il Grande promise gran cose a gl’Inglesi, per unire le sue forze di Terra con le loro di Mare nell’espugnazione del Castello, e Fortezza d’Ormuz; però non osservò la parola, solamente per la tradigione fatta al nome Cristiano, diede loro detta mezza Dogana. Riportò Scia-Abas i cannoni della Fortezza in Ispahan, e si veggono (come dicemmo) di presente avanti il Real Palagio, con l’Armi Austriache impresse; siccome alcuni altri di ferro, che sono in Bander-Congo. Mi riferirono persone degne di fede, che per la temenza che hanno i Persiani, che i Portughesi abbiano di nuovo ad impadronirsi di [p. 282 modifica]quel Regno, conservano nella Fortezza d’Ormuz le armi, e monizioni (anche i cappelli) per restituirle quando ciò accaderà, e non esser tenuti a pagare eccessivo equivalente di prezzo.

Bander-Congo è situato a 26. gradi d’elevazione. Egli si è un Casale aperto alla spiaggia del Mare, con case la più parte di fango, e poche alla marina di pietre e calce. Vien governato da un Deroga deputato dal Visir di Lara, sotto la cui giurisdizione è posto. Quando io vi fui, lo Scibandar esercitava l’ufficio di Doganiere, e Deroga. Pagava per le Dogane di Bander-Congo, Comeron, e Bander-Errico 22. m. Tomani ogni anno al Re. Ciò non dee recar maraviglia, perche Bander-Congo è paese di molto commercio; approdandovi continuamente navi dall’Indie, dallo Stretto della Mecca, e Bassora, dall’Arabia felice, e da altre parti con ricchissime merci; e per terra giugnendovi infinite Cafile, che portano, e riportano le mercanzia dentro la Persia. Quindi è, che vi abitano mercanti molto ricchi, in poco tempo divenuti tali; guadagnando eglino il cento per cento in qualunque mercanzia, che trasmettono all’Indie. [p. 283 modifica]

Il maggior negozio però si è quello delle perle, che si pescano nell’isola di Baharen, e in tutto il seno Persiano, che sono le migliori di tutto il Mondo. Si comprano da’ pescatori a buonissimo prezzo all’ingrosso, per venderli poi care a minuto, scelte che sono, e distinte secondo tutte le qualità, per mezzo de’ crivelli di rame: cioè si separano le meno rotonde dalle perfettamente sferiche, e le chiare dalle più oscure, e macchiate. Gli Arabi poi forano, con una destrezza ammirabile, sino alle più minute, sicchè appena l’occhio può distinguere il buco; lavoro, che non si farebbe in Europa da qualsivoglia eccellente Maestro.

Per altro è singolare il modo, col quale tra quegli Infedeli si tratta la compra delle medesime perle. Si pongono tutti in cerchio con la mercanzia, che hassi a vendere nel mezzo; dapoi che ciascheduno l’ha ben riguardata e considerata, il venditore si cuopre la mano con un moccichino, e va a toccar la mano a coloro, che voglion comprare, dimandando per segni il prezzo della sua roba; se stringe tutta la mano, significa mille; se tocca la sola palma, cinquecento; se un dito, cento; se la prima giuntura, dieci. Con [p. 284 modifica]gl’istessi segni risponde il compratore quanto ne vuol dare; senza che alcuno de’ circostanti comprenda il valore dell’osserta. Non essendo d’accordo col primo, passa a far lo stesso al secondo, terzo, ed altri; e se per l’altezza della dimanda non conchiude la vendita con nissuno, ritorna da capo abbassando il prezzo, sino a tanto che si reca ad effetto. Dopo di ciò il sensale unite le mani del compratore, e del venditore dà sopra amendue una palmata, e così rimane conchiuso, e perfetto il contratto, come se fusse fatto con parole.

Egli si è ben compensato questo guadagno delle perle, che si fa in Bander-Congo, coll’incomodità dell’abitarvi. L’aria non solo è malsana, ma così calda in Estate, che non solo gli uomini, che sono dotati di ragione, malamente ponno soffrirne l’ardore; ma sino alle pernici, ed altri uccelli si veggono nascosti negli alberi, per potersene in qualche parte difendere. Le persone di vil condizione vanno tutte nude, fuorche nelle parti, che la verecondia ha insegnato alla spezie umana di tener celate; i bene agiati si vestono d’una tela sottilissima: e tanto essi, quanto i primi tengono nel tetto delle case [p. 285 modifica]quella spezie di fabbrica, per rinfrescar le camere, di cui abbiamo ragionato in parlando di Lara. Mi dissero però che maggior caldo si sente in Bander-Abassì, o Gomoron, situato a gr. 92. e 45. m. di longitudine, e 25. e 30. m. di latitudine; e che di più l’aria è peggiore, per gli venti Australi, che vengono dal Mare; avvegnache non vi cada pioggia in Inverno se non tre, o quattro volte, che al più dura un’ora. Comunque siasi tanto in Bander-Congo, quanto in Bander-Abassì, si generano entro i muscoli del corpo alcuni vermi (come nervicciuoli, o corde di liuto) lunghi 20. e 30. palmi, che bisogna trar fuori pian piano avvolgendogli ad un legno; perche se vengono a rompersi, cagionano gran enfiature, sino che escano un’altra volta; e s’è sperimentato, che alcuni gli hanno tenuti addosso sino a un’anno. Pensano alcuni, che siano cagionati dall’aria, e dall’acque; però s’ingannano, giacchè vi sono stati forestieri, che lungamente vi han fatto dimora, e bevuto di quell’acqua, e nondimeno non han patito di cotali vermi: onde bjsogna conchiudere, che ciò adivenga più tosto dalla disposizione, in cui si truova il corpo, e gli umori, che non in tutti ricevono gli [p. 286 modifica]stessi movimenti dalle cose esteriori.

Si servono così in Congo, come in Gomeron d’acque di cisterne, che di necessità sono dannevoli; imperocchè quelle pochissime volte che piove, l’aria si truova molto impura, per le cattive esalazioni, che tramanda la terra, e così l’acqua che cade, si rende infetta. E qui non si dee tacere, per maggior gloria della divina provvidenza, che nell’isola di Tombomar (20. miglia distante dalla Terra ferma di Persia) che ha 9. m. di circuito, non v’è pure una goccia d’acqua dolce; e pure vi sono moltissime Gazzelle, le quali vedendosi manchevoli di sì necessario elemento, mi narrarono persone degne di fede, che si accostano alla riva del Mare, e posto il loro biforcato piede appunto dove termina l’onda, indi succhiano l’acqua. Io non posso indurmi a credere, che questa così tosto passando per l’unghia lasci la salsezza; però non niego, che possa divenirne meno sensibile. Certamente coloro, che han veduto con gli occhi proprj questo gran secreto della natura, non seppero darmene alcun ragguaglio.

Il Congo non ha Porto, ma in sua vece una spiaggia ben sicura; servendo d’argine all’impeto dell’Oceano [p. 287 modifica]Orientale quella punta dell’Arabia Felice, ond’è formato il Seno Persiano. Quando il dì è chiaro si vede in quell’opposto terreno la Terra di Zulfar, non essendo che 40. miglia discosta. Un Forte, che difende questa spiaggia, non è che di 30. palmi in quadro, provveduto di quattro cannoni di ferro, fatti fabbricare da D. Costantino di Norogna, mentre era V. Re in Goa per la Maestà del Re delle Spagne: la mattina solamente è circondato dall’acque del Mare a cagion del flusso, e riflusso. S’inganna forte il Tavernier To. I. liv. 5. pag. 766., allor che dice, non esservi fondo per navi grandi, e che tutto il traffico si fa in Gomron; imperocchè io v’ho veduti vascelli Portughesi di 60. e 70. pezzi d’artiglieria, ed altri di Mori pur grandi: e so anche che in Gomron vi vanno solamente gli Olandesi, ed Inglesi: là dove nel Congo ogni altra nazione volentieri vi porta sue mercatanzie, per la libertà che si gode sotto l’autorità, e forze maritime de’ Portughesi.

Gli abitanti saranno intorno a dieci mila fra Mori, Indiani, Arabi, Giudei, ed Armeni, che rendono ricchi i Bazar con le loro ben’adorne botteghe.