<dc:title> Gazzetta Musicale di Milano, 1843 </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Autori vari</dc:creator><dc:date>1843</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Gazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Gazzetta_Musicale_di_Milano,_1843/N._52&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20220110182446</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Gazzetta_Musicale_di_Milano,_1843/N._52&oldid=-20220110182446
Gazzetta Musicale di Milano, 1843 - N. 52 - 24 dicembre 1843 Autori variGazzetta Musicale di Milano, 1843.djvu
[p. 217modifica]- 247 GAZZETTA
MUSICALE
ANNO II.
n. 52.
DOMENICA
24 Dicembre 845.
Si pubblica ogni domenica. — Nel coi
danno ai signori Associati dodici pezzi i
classica aulica e moderna, destinali a e.
lume in A.° di centocinquanta pagine e
apposito elegante frontespizio figurato si
DI MILANO
La musique, par <lcs inflexions vives, accentuées, et
• pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas•
sions, peint tous les tableaux, rend tous les objets» soumet la nature entière à ses savantes intitulions,
• et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme (les senJ.
J. Boossejv.
Il prezzo dell’associazione alla Gazzetta v aVAntologia
classica musicale è dicITcll. Ausi. I,. 12 per semestre,
cd ctrctl. Ausi. L. 14 affrancata di porto lino ai confini della
Monarchia Austriaca; il doppio per l’associazione annuale.
--!,a spedizione dei pezzi di musica viene falla
mensilmente c franca di porto ai diversi corrispondenti
dello Studio Iticordi, nel modo indicato nel Manifesto.
I.c associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufiicio
della Gazzetta in casa Bicordi, contrada degli Omenoni
N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti
di musica e presso gli lllllci postali. Le lettere, i gruppi,
cc. vorranno essere mandati franchi di porto.
I. Ai Signori Associati presenti k futuri La Redazione
della Gazzetta Musicale del IS44. - II. Documenti
Istorici. Appendice all’articolo Jacopo Peri. III.
Le sette parole tu Haydn. - IV. I. R. Teatro
alla Canobbiana. Accademia di Alfredo Jacll.- V. Htrmogbafia.
Ave Maria del maestro Mandanici. - VI.
Varietà’. - VII. Notizie musicali diverse. - Vili.
Nuove Pubblicazioni.,a.3SBEIA23
PRESENTI li FUTURI
LA REDAZIONE DELLA GAZZETTA MUSICALE
del 4843.
Eccoci imminenti a clarprincipio all’anno
terzo di questa nostra Gazzetta Musicale,
ed, anziché affievoliti di forze per la via
percorsa ne’primi due anni, ne sembra
di aver acquistato nuova lena e maggior
coraggio a continuare nell’ardua carriera.
Ed ardua per vero dire, giacché non
è agevole lutti accontentare, non a tutti
è dato volgere parole di conforto, e
molteplici e diversi ci si schierano dinanzi
gli ostacoli, e mille sono V esigenze,
i desiderj, i capricci di coloro cui ci
proponemmo fare argomento alle nostre
disamine. Si potrebbe d’altronde menarla
buona ad ognuno, e noi vivere in pace
con tutto il mondo, ma allora sarebbe tradito
lo scopo di questa Gazzetta, la quale
tende unicamente a’ migliori progressi delTArte
Musicale. E se di sovente riescono
vani i nostri lamenti sulle mende altrui,
che ne avverrebbe ove, con volontario silenzio,
le lasciassimo passare inavvertite?
Que’ maestri esordienti che, non forniti
peranco delle necessarie nozioni, ci si
presentano sulla scena con mostruosi aborti-,
quegli altri che, profondi nella scienza,
mancano affatto di quella scintilla che
ispirazione vieti detta; quegli altri che,
seguendo una via totalmente opposta alla
segnata da’grandi capiscuola, tentano delle
innovazioni, mancanti di base, perché essi
stessi poveri /l’ingegno tutti costoro,
a nostro credere, han d’uopo di chi
coscienziosamente voglia e sappia farli
ammoniti dc’loro difètti, persuaderli della
loro imperizia, incitarli, raccenderli di
più caldo amore per T Atte. Tutti quegli
artisti melodrammatici i quali, in luogo
d’immedesimarsi del personaggio che rappresentano,
tradiscono sì facilmente le intenzioni
dei poeti e ■ de maestri -, tutti coloro, che non sono affatto chiamati a
percorrere onorevolmente la carriera delrartista:
coloro che lutto vogliono sacrificare
a’ propri capricci, incominciando
dalP arte e venendo a finire al pubblico,
meritano dessi e consigli, e ammonimenti
e riprensioni. Quei poeti (e sotto tal nome
accogliamo tutta la falange di quelli che
rimano de versi, chè di veri poeti al presente
v’ha penuria estrema) scrittori di
libretti per musica, i quali, senza veruna
cognizione della scena, impastocchiano
drammi alla lor J’oggia, senza intreccio,
senza verità, senza nobiltà di concettij
que’poeti che ci regalano versi antipoetici-,
quegli altri che, ligii a tutte le più
strane volontà de’ maestri di musica, ci
datino spettacolo delie più orride atrocità -,
tutti costoro deggiono aspettarsi uri salutare
avvertimento onde più a lungo non
abbiano a deturpare V arena teatrale, con
tanto lustro e sì felicemente calcata da
Metastasìo e da Zeno ne’ tempi andati,
quindi da Romani e da ben pochi altri.
E per dire ancora una parola de’ cattivi
poeti melodrammatici, osserviamo essere
incalcolabile il danno che arrecano
all’Arte. Il Teatro, che scuola ed incentivo
a nobili passioni fu sempre stimato,
diventa per essi la tomba di ogni onesta
disciplina, sorgente di corruzione e scala
ad ogni noncuranza per la virtù. I maestri,
non forniti della favilla del genio,
come possono ispirarsi a frivole situazioni
drammatiche, ad una prosa barbara voltata
in più barbari versi? Di qui per avventura
deriva in essi maggiore la volontà di coprir
quelle parole della più clamorosa
strumentazione onde meno abbiano ad
intendersi’, di qui i virtuosi si credono autorizzati
a cangiarle, mutilarle, storpiarle,
mal pronunciarle, perchè s’avvedono jjur
essi della disarmonia loro; di qui il disgusto, la noja, la disapprovazione del
pubblico, che in fine de’ conti viene ad
essere il più malmenato. E in questa guisa
si giunge, quasi diremmo, a giustificare la
disistima universale in che sono avvolti i
poeti melodrammatici, imperciocché principalmente
per loro colpa oscurasi la più
bella luce che sempre irradiò la nostra
penisola, e ad essi devesi attribuire una
delle maggiori cagioni per le quali V arte
musicale, mentre vede addensarsi ogni dì
più fitta la turba de’ nuovi suoi cultori,
ben lungi dal prosperare fra tanta ingannevole
ricchezza, precipita invece alla
piena sua rovina.
Nè l’orgoglio ci tenta di potere noi da
soli riparare a’ danni estremi, non vale
uri solo argine a rattenere la foga di
impetuoso torrente: ma siam lusingati
dalla speranza che la nostra ferma volontà
di arrecarvi un qualche rimedio abbia
ad invogliare pur anco taluno de’nostri
confratelli a por mano efficacemente
all’opera, ed illuminando gli uni e disingannando
gli altri, giugnere, se non a
togliere tutto il male, almeno ad. un possibile
miglioramento. E se per avventura
nulla ci sar à dato ottenere, ci rimarrà
pur sempre la soddisfazione di averlo
tentato: in magnis voltasse sat est. Ma
non saranno vani i nostri sforzi-, la sferza
della critica, allora che sia adoperata
senza ira. velenosa, giovò mai sempre alte
Arti: la lode, prodigata con sobrietà e
senza i troppo abusati titoli magnificativi,
incoraggia gli artisti senza guastarli; la
riprensione scevra di biasimo li corregge.
E questo è quanto noi abbiamo operato
negli anni decorsi, e con maggiore alacrità
ci prepariamo oggi a proseguire. Il
numero sempre crescente (lei soscrittori
alla nostra Gazzetta ci avverte che non
discare riescirono insino ad ora le nostre
parole: il nome e il numero dei gentili
che si offrirono a comunicarci i risii/lamenti
felici de loro stridii e delle
loro riflessioni, ci rendono meno ardua
t impresa (t).
(1) Le condizioni dell’associazione rimangono le
stesse fin qui praticale.
L’Antologia Classica Musicate continuerà a pubblicarsi
anche pel prossimo venturo alino, c la scelta
de’ pezzi verrà fatta inalterabilmente colle nonne fin
qui seguite, c nello scopo lodevole cui fu destinata,
di favorire cioè lo studio dei capolavori dei grandi
maestri antichi. Tultavoita, desiderando il sottoscritto
Editore proprietario dare a quest’uopo maggiore estensione
all’Antologia stessa, avverte che col principiare
del 1844 la medesima si pubblicherà anche, con apposita
e separata associazione al prezzo, netto di sconto,
di franchi 20.
Però, ai signori Associati alla Gazzetta Musicale,
u continuerà a dare gratis la delta Antologia Classica,
30SÌ piacendo ad essi; e coloro invece, i quali in luogo
di questa amassero altro genere di musica potranno
sceglierla da un Elenco, estrailo dal Grande Catalogo
Ricordi, e composto di N. circa 2000 pezzi di musica
di vario genere, per canto c per istromcnli diversi;
dal quale Elenco, clic si distribuirà ai signori Assodati,
avranno i medesimi facoltà di fare scelta di alrcttanti
pezzi corrispondenti a N. 150 pagine.
In esso Elenco si comprenderanno anche i diversi
lezzi componenti l’Antologia Classica dei decorsi nniì
1842-43.
1 pezzi, clic i signori Associati alla Gazzetta Musimie
vorranno scegliere dall’Elenco suddetto, saranno
lati gratis ai medesimi all’atto del pagamento anticipato
dell’associazione annua alla Gazzella Musicale.
dii poi amasse pagare anticipatamente la sola meta
lell associazione annua alla Gazzella Musicale non rileverà
che una corrispondente quantità di pezzi di
nasica in dolio, per rnmniontarc di sole pagine75 circa. •
La scelta però, tarilo di un’annata clic della metà, fi
lovrà esser fatta in una sola volta e non in diverse g
iprese. X
1 signori associati nelle piazze lontane vorranno ri- 9
’olgcrsi ai relativi corrispondenti della Casa Ricordi, (fi [p. 218modifica]- 2-18 DOCUMENTI
ISTORICI
AI‘PK*nlCK ai.i.’abticoi.o
JACOPO PERI
(Vedi i fujU 44 e 46).
Prefazione delle musiche di Jncopo Pori nobile
Fiorentino sopra I’F.oridice del signor Ottavio
Rinuccini rappresentala nello sposalizio della cristianissima
Maria De Medici regina di Francia c di
Navarra.
Firenze, per Giuri/in Marcseolli, 1600.
«Prima ch’io vi porga, benigni leltori,
queste musiche mie, Ito stimato convenirmisi
larvi noto quello che mi ha indotto a ritrovare
questa nuova maniera di canto,
poiché di tutte le operazioni umane la ragione
debbe esser principio e fonte, e chi
non può renderla agevolmente dà a credere
d’aver operalo a caso. Benché dal
signor Emilio Del Cavalit
ogni altro, ch’io sappia, con i
invenzione ci fosse latto udir
i che da
taravigliosa: la nostra
musica su le scene, piacque nondimeno
ai signori Jacopo Corsi ed Ottavio Rinuccini,
fin dall anno 4594, ch’io adoprandola,
in altra guisa, mettessi sotto le note la favola
di Dafne del signor Ottavio composta
per fare una semplice prova di quello
che potesse il canto dell’età nostra. Onde
veduto che si trattava di poesia drammatica,
e che però si dovea imitar col canto chi parla
(e senza dubbio non si parlò mai cantando),
stimai che gli antichi greci e romani,
i quali secondo l’opinione di molti
cantavano su le scene tragedie intiere,
usassero un’armonia che, avanzando quella
del parlare ordinario, scendesse tanto dalla
melodia del cantare, che pigliasse forma
di cosa mezzana*, e questa è la ragione
onde veggiamo in quelle poesie avere avuto
luogo il jambo ebe non s’innalza come
l’esametro, ma pure è detto avanzarsi olir’a’confini
dei ragionamenti famigliali. E
perciò tralasciata qualunque altra maniera
di canto udita fin qui, nu diedi tutto a ricercar
l’imitazione che si debbe a questi
poemi, e considerai che quella sorte di
voce che dagli antichi al cantare fu assegnata, la quale essi chiamatati diasi emalica
(quasi trattenuta o sospesa), potesse
in parte effettuarsi e prender temperato
corso tra i movimenti del canto sospesi e
lenti, e quelli della favella spedili e veloci,
ed accomodarsi al proposito mio come
l’accomodavano anch’essi leggendo le poesie
ed i versi eroici, avvicinandosi all’altra
del ragionare, la quale continuata appellavano,
il che i nostri moderni, benché
forse ad altro fine, hanno ancor fatto nelle
musiche loro. Conobbi parimente nel nostro
parlare alcune voci intonarsi in guisa
che vi si può fondare armonia, e nel corso
della favella passarsi per altre molte che
non s’intonano; finché si ritorni ad altra
capace di movimento di nuova consonanza.
Ed avuto riguardo a que’ modi ed a
quegli accenti che nel dolerci, nel rallegrarci,
o in somiglianti ci servono, feci
muovere il basso al tempo di quegli or
più or meno secondo gli affetti, e lo tenni
fermo tra le false e tra le buone proporzioni
finché, scorrendo per varie note la
voce di chi ragiona, arrivasse a quello che
nel parlare ordinario intonandosi apre la
via a nuovo concento. E questo non solo
perché il corso del ragionare non ferisse
l’orecchio, quasi intoppando negli incontri
delle ripercosse corde delle consonanze più
( spesse, o non paresse in un certo modo
) ballare al moto del basso, e principalmente
nelle cose o meste o gravi, richiedendo
per natura le altre più liete più spessi movimenti: ma ancora perchè l’uso delle false,
o scemasse o ricoprisse quel vantaggio
che vi si aggiunge dalla necessità di
intonare ogni nota, di che per ciò fare
potevan forse aver manco bisogno le antiche
musiche. E però, siccome io non ardirei
affermare questo essere il canto nelle
greche e nelle romane favole usato, cosi
Ito credulo esser quello che solo possa
donarcisi dalla nostra musica per accomodarsi
alla nostra favella. Onde fatta udire
a quei signori la mia opinione dimostrai
loro questo nuovo modo di cantare, e
Siacque sommamente, non pure al signor
acopo Corsi, il quale avea di già composto
arie bellissime per quella favola, ma
al signor Piero Strozzi, al signor Francesco
Cini e ad altri molti intendentissimi
gentiluomini, che nella nobiltà fiorisce oggi
la musica, come anco a quella famosa che
si può chiamare l’Euterpe dell’età nostra,
la signora Vittoria Archilei, la quale ha
sempre fatte degne del cantar suo le musiche
mie, adornandole non pure di gruppi
e di quei lunghi giri di voce di semplici
e doppi che dalla vivezza dell’ingegno suo
son ritrovati, ed ognora più per ubbidire
all’uso dei nostri tempi, che perch’ella
stimi consistere in essi la bellezza e la
forza del nostro cantare, ma anco di quelle
vaghezze e leggiadrie che non si possono
scrivere, o scrivendole non si imparano
dagli scritti.
Ludi e la commendò messer Giovanbattista
Jacomelli, che in tutte le parti
della musica eccellentissimo, ha quasi cambiato
il suo cognome col Violino in cui
egli è mirabile; e per tre anni continui
clie nel carnevale si rappresentò fu udita
con sommo diletto, e con applauso universale
fu ricevuta da chiunque vi si trovò.
Ma ebbe miglior ventura la presente
Euridice, non perché la sentirono quei signori
ed altri valorosi uomini ch’io nomai,
e di più il signor conte Alfonso Fontanella
ed il signor Orazio Vecchi testimoni
nobilissimi dèi mio pensiero, ma
perchè fu rappresentata ad una regina si
grande ed a tanti famosi principi d’Italia
e di Francia, e fu cantata da i più eccellenti
musici dei nostri tempi. Fra i quali
il signor Francesco Rasi nobile aretino i
rappresentò Aminta, il sig. Antonio Brandi:
Arcetro, ed il sig. Melchiorre Palanlrplti!
Plutone; e dentro alla scena fu suonata |
da signori per nobiltà di sangue
cellenza di musica illustri: il
ugue e pei
signor Jac
Corsi, che tanto spesso ho nominato, suonò
un gravicembalo, ed il sig. Don Garzia
Montalvo un chitarrone: Messer Giovanbattista
dal Violino una Lira grande, e
Messer Giovanni Lapi un liuto grosso.
E benché fin d’allora l’avesse fatta nel
modo appunto che or viene in luce, non
di meno Giulio Caccini detto romano, il j
cui sommo valore è noto al mondo, fece I
le arie di Euridice ed alcune del Pastore!
e Ninfe del coro e dei cori, - Al canto I,
al ballo - sospirate - e - poiché gli eterni ■’
imperi, - e questo perchè doveano esser
cantate da persone dipendenti] da lui, le
quali arie si leggono nella sua, composta j
e stampata pur dopo che questa mia fu j
rappresentata a S. M. cristianissima.» Ricevetela però benignamente cortesi n
lettori, e benché io non sia arrivato con que- ij
sto modo fin dove mi pareva di poter giuu- i
gere, essendo stato freno al mio corso il
rispetto della novità, graditela in ogu i modo,
e forse avverrà che in altra occasione ì
io vi dimostri cosa più perfetta di questa. |
Intanto mi parrà di aver fatto assai avendo i
aperta la strada al valore altrui di camini- fi
ilare per le mie orme alla gloria, dove a ^
me non è dato pervenire. E spero che
1 uso delle false sonate e cantate senza
paura, discretamente ed appunto (essendo
piaciute a tanti e sì valorosi uomini) non
vi saranno di noja, massime nelle arie più
meste e più gravi d’Orfeo, d’Arcetrò e di
Dafne rappresentata con molta grazia da
Jacopo Giusti fanciulletlo lucchese. E vivete
felici.
Firenze, li 6 Febbrajo 1600.
Jacopo Peri.
ILEI]STRAZIO*E;
Chi da curiosità fosse preso di aver sott’occhio questa famosa Euridice di Jacopo
Peri, al primo aspetto resterebbe forse maraviglialo
nel veder tanta celebrità rinchiudersi
in un piccolo volumetto, in foglio
di cinquantadue pagine di stampa,
rarissimo oggi a trovarsi, ma che pure
qualche esemplare ne esiste dei quali uno
se ne conserva in Firenze nella pubblica
libreria Magliabechi. Certo che limitandosi
ad un semplice paragone della mole di
questo opuscolo con quella dei nostri attuali
Spartiti, sfavorevol giudizio potrebbesi
formare di tal’opera; ma quando si
rifletta esser questa la primitiva pietra su
cui a poco a poco si inalzò il grande edilizio
della nostra musica drammatica, non
si potrà a meno di riguardarla con rispetto
e con venerazione. E se uno spirilo di analisi
vorrà seguirci nell’esame di questo lavoro
del Peri, facilmente ci sarà dato il
riconoscervi grandissima profondità di sentimento,
espresso è vero con forme musicali
che giudicar si possono I’ abbozzo o
l’embrione delle presenti, ma che pure
alcune ve ne ha nella melodia che il tempo
non per anche ha fatto vecchie, giacché
pur oggi nei nostri recitativi si incontrano.
Ciò che in questi primi recitativi più
superiormente è da ammirarsi, sono quelle
ardite transizioni che niuno prima del Peri
avea tentato, lo che diede origine alla moderna
modulazione. e stabiliva in fine il
nostro sistema onnilonico, in cui ognuno
qualunque dei suoni ammessi nel musical
sistema può indistintamente esser costituito
tonica di un modo maggiore o di un
modo minore con libera facoltà di cambiar
questo e quello nel corso del pezzo istesso
secondo che più piaccja o torni comodo
alla espressione delle idee. Non che i compositori
di musica che precederono o furou
contemporanei del Peri ignorassero il
trasporlo dei modi su gradi differenti da
auello cosi detto naturale, artificio già nato
al bisogno di pareggiare il grado del diapason
di alcuni stromenti con il registro
delle voci con che unir si volevano: ma
tali trasporti non si usavano come oggi
nel corso di un medesimo pezzo di musica
e solo per servire alla varietà era concesso
il far riposare il periodo con cadenze
medie alla quinta, o alla quarta,
o alla sesta ed anco ad altri gradi del
modo principale. Soltanto i compositori
di madrigali aveano osato alcuna volta, ma
con gran circospezione di allargarsi un poco
in questa sorte d’artifizio, dappoiché s’inconnnciò
in qualche maniera a tener die- {
tro con la musica alla espressione del concetto
poetico e della parola. E giusto ap- f
punto per seguir coi suoni musicali più d„ (
SEGUE IL SUPPEE MEATO