Gazzetta Musicale di Milano, 1843/N. 45

N. 45 - 5 novembre 1843

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[p. 189 modifica]GAZZETTA MUSICALE ÂNNO M. domenica N. 45. 5 Novembre 1845. Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associali dodici pezzi di scelta musica classica aulica e moderna, destinali a comporre un volitine in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà AsI. Mtisici Sacra. Dies irae a quattro voci con Orchestra del signor cavaliere Giorgctli. - II. La Lucrezia di Ponsàki)al teatro He. - III. La Reale Compagnia Drammatica al Servizio di S. M. Sarda. - IV. Varietà’. - V. Notizie Diverse. - VI. Nvovk Pcbblicaziom Musicali. MUSICA SACRA Miies ime a 4 toc! con Orchestra del signor cavaliere Giorcktti (1). gli è colla massima soddisfazione IroMpche noi vediamo come da qualCm) he tempo le pubblicazioni di opere sacre musicali vadano facendosi più frequenti: pare che alla comparsa ed al successo d’entusiasmo ottenuto dallo Slabat di Rossini debba principalmente attribuirsi la pubblicazione di altri lavori in simil genere di Jlercadanle, di Mandanici, di Bossi, di Pacini, di Donizetti e di aliti distinti compositori che si seguirono l’un l’altro in brevissimo spazio di tempo. Noi adunque, e lo ripetiamo, siamo ben contenti che l’esempio abbia trovato imitatori: ci doleva immensamente che questo genere di musicabile incontrastabilmente deve ritenersi pel vero sublime, giacesse da molti anni cosi negletto ed anzi dimenticato; non a torto i censori <V oltremonte già da gran tempo ci rimproverano questa colpa, trascendendo forse anche Iroppo ed asseverando che nelle scuole d’Italia si è perduto V insegnamento dello stile rigoroso, atrimonio nostro preziosissimo ai tempi dei carlatti, Jomelli, Pergolesi, Allegri, ecc. Noi conveniamo che il numero dei teatri in Italia e fuori smisuratamente accresciuto, f e l’esclusione dei musici e delle così dette voci bianche dalle Cappelle abbia fatto si clic la musica sacra, non solo sia rimasta in uno stalo stazionario, ma che anzi abbia fatto de’ passi retrogradi; ma non possiamo assolutamente far buona l’asserzione di coloro che pretendono non esservi in giornata compositori in Italia che sappiano scrivere per chiesa: i nomi rispettabili di Basily, Raimondi, JVIayr, Baini, per tacere di molti altri, sono tali da smentire questa accusa: volgiamo lo sguardo ad un’e(!) Firenze, presso l’Eililorc Lorenzi. DI MILANO La musique, par des inflexions vives, accentuées, et, • pour ainsi dire, parlantes, exprime toutes les pas• s ion s, peint tous les tableaux, rend tous les objets, • soumet la nature entière à ses savantes imitations, • et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sen• timents propres à l’émouvoir. ■ J. J. Rousseau. Il prezzo dcH’associazionc alla Gazzetta c eYAntologia classica musicale è «li cffctl. Ausi. L. 12 perseinesirc, cil cltctt. Ausi. L. I l affrancala di porlo lino ai conlinidcllu Monarchia Austriaca; il doppio por l’associazione annuale. — La spedizione dei pezzi di musica viene falla mensilmente c franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto. — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Filino della Gazzetta in casa Ricordi. contrada degli Oiiicnoiii N.«1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli UlTìci postali. — Le lettere, i gruppi, cc. vorranno essere mandati franchi di porlo. poca sebbene passata però non molto remota, e noteremo un Cherubini, un Mattei, un Santucci, un Zingarelli, un Pilotti, dei quali tutti i nostri antichi hanno tanto da poter dimostrare se sapessero trattare quello stile. Eh non sapete quanti fra i nascenti compositori si dedicherebbero esclusivamente a questo genere, se fossero meglio favoriti dalle circostanze? se fossero cioè protetti dai ricchi, se maggiore disinteresse si trovasse negli Editori, se giusti estimatori negli artisti e nei dilettanti, e finalmente se,anziché tentare di proscrivere dalle chiese le musiche, si provvedesse alle Cappelle in modo che, oltre all’assicurare ai maestri il mezzo di un onesto sostentamento, non difettassero del personale necessario onde interpretare degnamente, e come la musica lo richiede, i sublimi canti della chiesa. Ecco le circostanze principali per le quali a noi sembra che l’arte trovisi nell’attuale decadimento... se esse non lo giustificano interamente, possono però in gran parte scusarlo. Il signor cavaliere Ferdinando Giorgetti, egregio professore di violino, e di cui più volte questa Gazzetta ebbe a fare onorevole menzione, spinto anch’esso probabilmente dal nobile sentimento di provare che non si trascura in Italia la musica sacra, ha pubblicato un suo Dies irae del quale, sebbene fosse in noi vivo il desiderio di tener proposito mollo prima d’ora, pure per alcune circostanze fummo nella spiacevole situazione di non potercene occupare. Nulla a parer, nostro havvi di più mortificante per un autore cheesponga un lavoro di qualche entità quanto lo scorgere che esso passi inosservato, e tanto maggiormente deve rincrescere laddove si rifletta quanto un imparziale e saggia critica giovi al progresso dell’arte, egli è adunque nell’intenzione di tributare i dovuti elogi al sig. cavaliere Giorgetti per i pregi onde va bello questo suo recente lavoro che noi intraprendiamo a parlarne, ben persuasi altresì che la modestia dell’egregio compositore non vorrà farci carico se ci permetteremo di schiettamente esternare il nostro parere, e se talvolta noteremo qualche piccola menda da cui non sempre vari- i no esenti anche i più classici lavori. A dare una idea più precisa di quest’opera, per! coloro che non la conoscono, la divide- j remo anche noi, siccome fece il maestro, a; versetti. Dies irae. Il pezzo comincia con un al- j legro in sol minore: l’orchestra propone I un movimento di semicrome che saggiamente in alcuni punti della sequenza è stato dal maestro ripetuto come a suo tempo indicheremo: in questo primo versetto si riscontrano alcune imitazioni tanto nelle parti vocali che nella istrumentale, noteremo però come nell’ottava battuta ci sembri che si poteva ommettere l’imitazione del primo soprano, o almeno disporla diversamente, perchè cosi nasce nelle parti estreme un unisono che non può produrre buon effetto. Tuba mirimi,(ini [>). Questo passo della sequenza in cui si ricorda lo squillo tremendo che dovrà chiamarci al linale giudizio ci sembra sia stato un colai poco trascurato: la maggior parte degli autori sogliono porre gran diligenza in questo versetto che offre immagini a suflicirnza per trarre molti effetti anche dallo strumentale: la condotla di questo pezzo è chiara... ed anzi avremmo desiderato che l’accompagnamento dei violini (vedi pag.!) è dò) non fosse così semplice (per non dir povero) e qualche volta urtantesi colle sortile degli stromenti a fiato’, questo inconveniente sarebbe tollerato in gran parte ove il movimento fosse celere; ma quantunque si sia ommesso di marcarlo al principio del versetto, pure ci sembra che debba essere un andante comodo e questo Io inferiamo dalle note ripetute sul secondo ed ultimo quarto dalle trombe che se fossero in tempo allegro perderebbero della loro grandiosità. Non sappiamo perchè l’autore non abbia cercato di rendere più indipendente il canto del soprano secondo sulla progressione che comincia coll’ultima battuta della pag. dO in cui per tre misure continue il primo e secondo soprano ed il basso cadono nel primo quarto sulla medesima nota; vi erano mille maniere di assegnare almeno al secondo soprano un contrappunto più reale e più armonioso. Per un esempio ne parrebbe sufficientemente opportuno il seguente come anche pel miglior effetto avremmo desiderato che in alcuni luoghi le parti fossero disposte diversamente in quanto che alcune volte gl’intervalli fra le parti medesime non distano cosi che sia evitato l’inconveniente di note che si urtano troppo dappresso ed alcune altre distano troppo. [p. 190 modifica]) perlocclrè, ne deriva quello non meno diI s^listogo di sentire il moto che nasce dalle i distanze che passa fra le note acute delle } voci bianche e le medie dei tenori e bassi... Il registro di contralto fu saggiamente destinato a togliere questo difetto. Finalmente, nella pag. 12, alla prima battuta abbiamo rimarcato come il maestro non siasi accorto che procedendo il basso dal Sol al La b a mezza battuta ed il soprano parimente a mezza battuta dal Re al Mi b producono l’effetto delle due quinte che riescono più sensibili ove si esamini l’accompagnamento nel quale sembra che dal maestro sia stato espressamente ommesso l’intervallo della terza, che solo si riscontra un poco sensibile nelle viole, appoggiando tutto il rimanente delPorchestra e sul Re e Sol nella prima mezza battuta e sul Mi b e La b nella seconda metà della stessa battuta. Liber scriptus, Judex ergo, e Quid surn miser. Si può dire di questi tre versetti clic l’autore ne abbia fatto uno solo diviso in tre piccoli pensieri. Egli comincia il Liber scriptus con un Larghetto in La b a quattro soli e ripete lo stesso pensiero nel Quid sum miser con buonissimo effetto. Rex tremendae majestalis. Noi saremmo inclinati a credere che il sig. Giorgelli si sia servito di questa terzina della sequenza soltanto per portarsi sul modo di Si b in cui cade il Recordare: ed anzi a questo proposito ci è sembrato di notare come spesso l’autore nelle ultime battute di un versetto (forse perché quello che segue era già preparato) abbia fatto dei passaggi di tuono per portarsi da un versetto all’altro che sentono un colai poco di rappezzatura. Vedi per esempio le battute che precedono i versetti Liber scriptus: Recordare: Oro supplex, ecc., ecc., non era meglio in tal caso isolare i versetti medesimi anziché insieme legarli? Recordare: Questo pezzo a 5 voci è di bella fattura e senza dubbio uno de’ migliori di questo componimento. Vi è originalità, chiarezza e, se non erriamo, molto effetto^ vi è forse un piccolo abuso di terze e seste, ma in compenso il canto vi è semplice e quale si richiede in questo passo del sacro testo tutto amore, tutto preghiera: l’istrumentazione vi è lavorata con molta diligenza - sia adunque lode sincera al signor Giorgetti. Juste judex. Il movimento d’orchestra ci richiama al pensiero quello del primo versetto con cui ha principio il Dies irne. Questa idea ci pare buonissima, specialmente in questo punto in cui La Velidetta del giudice giusto necessariamente ci richiama al giorno dell’ira. Non sappiamo poi perchè alla pagina 57, battuta quinta, l’autore abbia inteso di far cadenza sul do minore- con due accordi di settimaj &3 ciò deve produrre la sensazione poco gradevole ad un orecchio linamente educato di sentire consecutivamente due quinte e due settime di grado. Si avverte però che questo pezzo è in Sol minore e che non ) essendo espressa la terza in nessuna delle ’ parti d’accompagnamento sulla nota Fa si ^ sottintende la terza maggiore, la quale non ) riuscirebbe dura se non fosse seguita dall’accordo di Sol jjjj: ad evitare tale durezza bastava che la settima del Fa accompagnata dalla terza minore fosse semplicemente un ritardo della sesta, la quale cadendo sul secondo quarto preparerebbe la quinta dell’accordo di Sol. Noi però abbiamo forte dubbio che, come in molti altri luoghi, anche in questo sia occorso qualche errori di stampa, de’quali possiamo francamente dirlo, non è penuria nell’edizione scorrettissima di questa opera. Qui Mariani. Questo pezzo (in Re b) è trattato, o almeno proposto a modo di Fugala nostro giudizio non può chiamarsi tale, perciò siamo nella ferina opinione che l’autore non abbia inteso di fare una Fuga formale, ma bensì alcune ingegnose imitazioni, le quali sotto diverse forme si continuano anche nel seguente versetto Confutatis: avremmo però desiderato che talvolta le dissonanze fossero meglio preparate e non così di frequente riscontrare come lo siano da una figura di minor valore. Oro supplex (a tre soli in Si b ) semplice ed affettuoso è il concetto di questo piccolo Versetto nel quale pure troviamo un grosso errore di stampa alla decima battuta in cui. mentre perdile buoni quarti sotto l’accordo di Fa $ con settima, 1 oboe tiene un Mi b il clarinetto si ostina a lacerare l’altrui orecchio con alquanti Re.... Lacrymosa dies illa. Anche qui é bene appropriato il richiamo del citato movimento d’orchestra, che poi va tratto tratto ripetendosi fino alla fine. AU’undecima battuta però avremmo veduto più volontieri che i bassi in luogo di ascendere dal do tAfa $ (4}( ^avessero continuato l’imitazione già indietro proposta e dal tenore e dai soprani discendendo per quinta dal do al./«$, così sarebbe stato tolto anche il cattivo effetto del tritono, intervallo che quantunque noi non pretendiamo a soverchio rigore, pure siamo d’avviso si debba, per quanto si può, evitare specialmente nella musica di stile severo. All’Amen i tenori ed i bassi propongono una frase a note larghe, la quale viene continuata dalle altre due parti a più riprese da tutte quattro: questo brano deve rieseire di molto effetto e per la chiarezza ond’è concepito, e perchè dopo la forte strumentazione del versetto precedente l’orecchio in questo riposa, essendo per buon tratto accompagnato da un semplice pizzicato di stromenti ad arco e da qualche nota degli stromenti a fiato. Fedeli al proponimento fatto di dire schiettamente il nostro parere ci permetteremo di far conoscere come ne sembri dura alle parole Pie Jesu Domine pagina 64 la transizione dell’accordo [ quello I ■ che, come ben si vede, non hanno fra loro rapporto alcuno: ed oltre a ciò nelle seguenti battute scorgiamo alcun che di stentato che quasi c’indurrebbe a credere che l’autore non sapesse come proseguire il suo lavoro: finalmente ne spiace il salto mortale (Vedi le prime battute dell’ultimo tempo) dall’accordo di Re con [l settima che dura per due battute e nelle quali i violini fanno sentire di passaggio anche il Mi b cosicché l’orecchio si dispone a udire l’accordo di Sol a quello di Mi b di sbalzo si cade su quello di t Nessuno potrà contrastarci la durezza questo passaggio che si sarebbe Schivata ’ benissimo pessando al Mi b e successivai>‘ mente coll’accordo di I portarsi sul Fa, ecc. Ciò ne sembra molto più regolare e naturale. Ecco quanto abbiamo creduto di scorgere nel lavoro del sig. cav. Giorgetti, commendevole per molti riguardi e che per la sua importanza meriterebbe un’analisi molto più diligente che non il breve cenno che qui si è fatto. Avremmo ben a caro clic qualche autorevole persona imprendesse ad esaminare più minutamente questa composizione, tanto perché maggior gloria ne venisse al chiaro suo autore, quanto per assicurarci se le nostre osservazioni si accordino con quelle che potessero esser fatte da più esperti conoscitori dell’arte. R. Manna TEATRO RE I. KVCX8XXA IDI (Continuazione <• /ine. Vedi il foglio antecedente.) L’intreccio di questa tragedia, voi lo vedete, è assai semplice; il fatto procede regolarmente senza accettale nessuna di quelle grandi peripezie. di quelle ingegnose complicazioni., clic velano con alide sagacia la troppo precoce previsione della catastrofe, previsione clic, ammorzando la curiosità, distrugge quasi l’interesse. La strada percorsa daH’avvcnimento è senza curve; appena voi avete mossi i primi passi abbracciate tosto collo sguardo tutta la via per cui vi condurrà l’autore; mai una risvolta clic cangi il punto di vista, mai un ostacolo che ergendosi impreveduto risvegli la. vostra attenzione, c vi prometta delle situazioni clic non avevaie imaginato, mai insomma uno di quegli ardili ed avventurosi tentativi deli’imaginazione, che scintillando luminosi gettano sulla scena una Id£c improvvisa, che mula, per così dire, il colore delle cose, togliendo cosi quell’affaticante uniformità, che è il più detestabile attributo d’un lavoro pel teatro. Sotto questo rapporto il sig. Ponsard ò crudelmente classico; egli rispetta la castità dell’antica musa, c rifiuta con severità i lenocinli della scuola moderna. Ma almeno l’antica tragedia ricomprava l’aridità delle sue forme colla grandezza delie passioni, coll’energica pittura dei carotieri, colla forza vigorosa de’ contrasti, colle ire fiere e tremende degli oppressori, colle lagrime piene d’ineffabile pietà delle vittime; l’antica tragedia vi compariva dinanzi nuda e disadorna, nm il suo soffio potente faceva surgere delle ammirabili creazioni, e se l’austera rigettava la ricchezza degli episodi!, se invece di offrire degli uomini presentava dei tipi impossibili, se cercava dapertutlo non il vero, ma il poclico ed il sublime, almeno negli stessi suoi traviamenti più convenzionali, quando evocava alla vita del palco scenico degli spettri che uscivano da tombe ohe non crono umane, essa colpiva coll’armonia, colla maestà sempre sostenuta dei suoi colossali concetti. Ma nella Lucrezia del signor Ponsard voi cercale invano tutto questo; i caratteri sono dipinti languidamente, le passioni non hanno n suna grandezza, c voi non provate n per queste creature che vi si agitano < la forza che le mette in movimento i [p. 191 modifica]) clic la schifosa brutalità «l’un libertino. Lucrezia e una moglie onesta, ecco tutto; ma questa qualità non è sufficiente per renderla una nobile eroina da traj gedia. Schiava dei più meschini pregiudizi! del temessanon indovina altra virtù per una donna, che il ritiro ed il lavoro. Appena la commedia potrebbe contentarsi di questo tipo di inassaja volgare e comune. D’altronde la sua stessa castità non ha nulla d’eminente; se rifiuta la dichiarazione di Sesto essa adempie al più stretto dovere e nulla più; giammai la sua virtù si trova costretta ad una di quelle terribili lotte che rendono eroica, la vittoria; nell" ultimo alto soltanto Lucrezia si solleva ad una certa altezza, ma ciò è, a quanto mi pare, un mostrarsi troppo tardi degna di divenire il personaggio titolare, d’una tragedia. Tullia e, nè più nè meno, una donna galante dei nostri giorni; sposa d’un imbecille essa s’appassiona per un libertino; oltraggiata dall’amante, essa ascolta con terrore le sprezzanti parole del marito, clic le addita nel suicidio l’unico asilo per sottrarsi all’infamia. Ma la miserabile, invece di sottométtersi con nobile rassegnazione al suo destino, cerca un ultimo, un ineffabile avvilimento recandosi alla casa del suo seduttore, per esserne respinta colla più insultante ironia. Grazie a questo abbietto tentativo la pietà polla colpevole deve cedere il luogo allo sprezzo; ed il suo suicidio, invece d’essere una grande espiazione, si converte in un nauseante trasporlo di disperazione. Questa donna è troppo vile davvero; essa si dibatte sotto tutti i piedi, sotto quelli del marito dapprima, più lardi sotto quelli deH’amantc. Dopo aver mucchiata la sua bianca benda di sposa, essa arriva a trovar un fungo che possa macchiare persino la sua già turpe corona di cortigiana. Coliatino è una nullità; egli mi sembra piuttosto un ridicolo marito da commedia, anzi clic un eroe da tragedia. Niente di più meschino della fatuità da collegiale con cui vanta la virtù di sua moglie, e la fa in tal modo soggetto di controversia. Quest’uomo manca di dignità, d’onore e di buon senso; egli accetta da alcuni libertini un’infame scommessa su lutto ciò clic v" è di più delicato, sulla virtù delle mogli; come uno spensierato ne accetterebbe un’altra sull’agilità di due destrieri. Egli solleva il velo pudico clic nasconde il sacro mistero della vita domestica, per introdurvi una frotta di scapestrati, e ciò a soddisfare la sua sventata e sciocca vanagloria. E questi l’eroe, che dividerà più tardi il consolalo con Bruto! li questi il marito a cui Lucrezia è attaccata con tanto vincolo di venerazione e d’amore! Sesto è di una infamia rivoltante; l’abbietto titolo di seduttore è troppo nobile per questo miserabile, che non bada a far fremere d’orrore e di ripugnanza la sua vittima, purché la sua schifosa brutalità resti appagata. Sì, l’uomo clic coll’artificioso’prcstigio della parola e dell’avvenenza, cerca di far filtrare una colpevole passione in un casto cuore di donna, e anela a gettare il disonore sovra una fronte intemerata, senza tener calcolo delle infelicità, dei rimorsi, delle angoscio clic turberanno più tardi la povera sedotta, senza domandarsi con qual diritto viene a turbare la calma d’una famiglia, e a gettarvi la desolazione ed il tradimento, quest’uomo, io dico, è una generosa creatura in confronto di questo Sesto, clic penetra furtivo in una stanza consacrata dal candore e dal poso, per gettarsi iniquamente sulla sua preda!E clic vale il dire clic tale ce l’hanno trasmesso le pagine tradizionalijdclla storia? Il poeta, invece di attenuare, e. ne aveva il diritto, le verità rivoltanti della storia, le ha forse aggravate, giacché chi sa dopo (piai lotta lunga, inutile, disperante contro la virtù di Lucrezia, l’antico, il vero Sesto si sarà alla fine appigliato al suo tenebroso progetto! Chi sa a quali ispirazioni di amor proprio offeso, a quali terribili affascinamenti di una passione da mollo tempo concetta e sempre spinta, avrà egli fatalmente ceduto! Il poeta non tea forse rendere meno codarda l’empia impresa dello sciagurato? E non dovea forse farlo? r. Ultimo fra i caratteri che non sono acccssorii, ci 3 si presenta ora quello di Bruto. Sovr’esso diremo soltanto clic non tutti i caratteri veri nella storia, sono3 veri nel dramma, e che una eccezionalità che passa «gli apparenti confini del probabile non è facilmente accettata dagli spettatori. D’altronde la finezza delle parole di Bruto, non è opportuna a giustificare presso gli altri personaggi del dramma la vernice d’imbecillità, con cui s’ammanta il nemico dei Tarquini. Ci vuole ^ostinazione decisa a considerar coinè un pazzo questa creatura eloquente, clic getta là le allegorie più piccanti, e clic punge da tutte le parti co’suoi tremendi sarEd ora confrontate vi prego questi caratteri incompleti, senza elevatezza,’coi colossi di ferro dell’antica tragedia, e ditemi che vi sia di comune fra Sesto ed Egisto, fra Tullia e Clitennestra, fra Lucrezia e Virginia, fra Bruto e Timolconc. Ditemi quali di queste figure dell’attuale tragedia s’innalzi o alla sublimità feroce di Oreste od alla eroica grandezza della madre dei Gracchi? Dove e la maestà altiera e tremenda del classico coturno, le sue passioni, i suoi delitti, i suoi terrori, le sue tremende emozioni, la sua pietà ed il suo potente ribrezzo? Dov’è questa coorte di semi-dei evocala dalle imaginazioni creatrici, e parlante un linguaggio aspirato in un’atmosfera più lucida e più turbinosa della umana? Ed è perchè si abbassò la più meravigliosa pagina dell’epoca romana alle pigmee proporzioni d’una commedia d’intrigo, a stento rialzata dalla sonorità delle frasi, che si cade in una meraviglia spasmodica? od è perchè si tolse la splendida loro aureola agli eroi misteriosi collocati dalla tradizione sovra un piedestallo, la cui sommità si nasconde fra le nubi, clic si decerne una nuova corona al grande poeta, che deve rialzare l’arte prostituita dai novatori e dai seguaci della scuola moderna? Ho detto che l’autore della Lucrezia ha il gusto delle particolarità; difalli con una pazienza da archeologo egli diseppellì tutto ciò clic ha relazione alle idee, ai costumi, alle credenze, ai pregiudizi di quell’epoca, divenuta quasi ommni favolosa. Ed il sig. Ponsard non ci fa grazia di nessuna delle sue scoperte; la credulità nei presagi, le tendenze superstiziose, la fiducia negli oracoli, l’abbigliamento delle spose, la descrizione dei festini, i dettagli delle ccrcmonic, ecc., ecc., tutto è nicchialo più o meno opportunamente nei cinque alti di questa tragedia. Io troverei, a quanto mi pare, delle eccellenti ragioni per combattere questa inclinazione troppo spinta al rigorismo storico, clic quanto è opportuno ristretto in certi limiti, altrettanto raffredda, stanca ed annoia quando oltrepassa i confini che determinano la differenza fra la tinta clic dipinge un’epoca e quell’affastellamento di minuzie, clic dovrebbero trovare il loro posto, non nell’agitata tela di una tragedia, ma fra le pagine morfine d’un libro d’erudidizionc. Ma se, e lo spazio e l’indole del giornale mi proibiscono di scendere ad una parziale discussione su tale argomento, non ommcttcrò di accennare il senso strano clic ha operato sopra di me la comparsa e la profezia della Sibilla. Che la malizia umana si sia approfittata in tutti i tempi della focile credulità delle masse o degli individui per abbagliare con artificiosi incanti ed indovinamcnli, lo ammetto; ma se voi mi presentate questo fatto seriamente, se togliete alla sibilla il suo mantello d’intrigante e d’astuta, se invece di presentarmi un oracolo vago, incerto, che sarà interpretato più tardi dall’avvenimento, mi fole risuonarc agli orecchi una profezia clic determina e l’evento futuro e i limili entro i quali deve accadere, voi combinate stranamente la fovola colla storia, il probabile coll’impossibile, ed accettate nella vostra smania di passeggiare sui calcagni di Tito-Livio, e ciò clic v’è di vero in un folto e ciò che a lui, fu aggiunto dalla corrotta, e traviala ed ignorante tradizione popolare. Ma la critica che avrebbe pure molte e molle cose da aggiungere, si arresta innanzi allo stile, alla forma del verso, ed alla bellezza della dizione, sfoggiali dal sig. Ponsard! Sotto tale rapporto il fanatismo dei parigini è giustificalo; esaminala da questo lato letterario la Lucrezia è un magnifico lavoro, che attesta clic l’organizzazione poetica del sìg. Ponsard è infinitamente superiore al suo talento drammatico. La fusione ricca e. splendida del verso, l’abbondanza ed il perfetto buon gusto nell’ordinamento e nella fattura della frase, la grande eloquenza di alcuni squarci, la aurea semplicità di alcune scene, lutto concorre a collocare il signor Ponsard fra i più elevati, corretti, ed ingegnosi scrittori del giorno. Giunto a questo punto mi affretto a chiudere il troppo lungo, e troppo brcvcarticolo, premettendo clic la Lucrezia tradotta in prosa ed eseguita al teatro Re dalla compagina del Modena con un sufficiente assieme, fu accolta con una certa freddezza, e trovò un pubblico clic differiva ne’suoi gusti dal pubblico di Parigi. Il silenzio accompagnò quasi tutta la recitazione di questa tragedia, che si travolge sopra un fatto, che sarebbe d’ima discreta volgarità se non acquistasse importanza e dal venerando velo gettato sovr’osso dai secoli, e dal pensiero che fu questa l’ultima goccia clic fece traboccare un vasc già colmo. Dei-mani M MWMSrn AL SERVIZIO DI S. M. SARDA PRIME REGITE Agli artisti drammatici diretti dal Modena succedettero sulle scene del teatro Re i bravi veterani della Reai Compagnia Sarda. Diciamo veterani nel più ideale significato della parola, e non già per indicare comparativamente la giovinezza della maggior parte dei commilitoni del Modena e la più matura età dei principali sostegni della schiera torinese. Certo è peri) che ove. istituir si volesse un confronto tra l’una e l’altra compagnia non sarebbe possibile il fare a meno di fondarlo sulla consumala sperienza della scena di clic può vantarsi la Sarda e sulle più fresche e, diremo anche, sulle più contemporance abitudini dell’altra, clic è poco più clic esordiente nella difficile palestra drammatica. Ma lasciando per ora da un lato queste sottili distinzioni e confronti diremo clic la R. Compagnia di Piemonte, dopo essersi ‘annunziata con un prospetto, pingue al solito di larghe lodevolissimc promesse, diè principio mereoledì sera al nuovo suo corso di rccite. Le targhe lodevolissimc promesse, accennano coni’ è facile immaginare, al proponimento di offrire un repertorio di rappresentazioni in gran parte ringioviniloQuel prospetto ci conferisce dunque il diritto di prepararci ad udire molle nuove composizioni italiane e straniere. E questa una buona novella per gli amatori del teatro drammatico. Solo desideriamo due cose: la prima che le promesse non isfumino, come troppo spesso accade, in sole parole; la seconda (e questo è il caso opposto) che per la troppa foga di darci cose nuove non si cada nel guaio di servir male il pubblico offerendogli componimenti o non troppo bene scelti, o affrettatamente sbozzali, anziché studiati colla diligenza e preparali colla ricercatezza indispensabile anche al buon esito delle migliori produzioni. L’artista clic ora presiede alla direzione «Iella Compagnia sarda è persona dotata di non comune coltura e sperienza delle più viete consuetudini e risorse della professione. Vogliamo lusingarci che a fronte delle nuove e più fine esigenze de’ nostri sottili amatori, queste qualità,potranno essere garanzia sufficiente d’un regime drammatico baslcvolmcntc progressivo. Intanto noi ci disponiamo ad esprimere francamente, l’opinione nostra sul valore delle fatiche di questa benemerita Compagnia, e siamo deliberati ad essere tanto larghi interpreti della soddisfazione del pubblico quanto intrepidi formulatoci del suo biasimo, ogni qual volta ci si offrirà occasione di prestarci all’uno o all’altro caso. E per far subito seguire il fatto alla promessa cominciamo a dir qualche parola della prima recita. Il dramma Sedici anni sono, fu scelto male a proposito per dar principio ad un novello corso di recito. E un componimento del vecchio genere francese, che.; nell’originale non manca di vivezza e varietà, ina nella riduzione italiana, grazie ad alcuni inesorabili mutilamenti e ad un dialogo stenlato e inelegante, riesce mo[ nolono, languido, e per conseguenza sufficientemente • nojoso. Consiglio la R. Compagnia a volere non solo 11011 j esordir mai su vcrun teatro con questi antiquatissimi [p. 192 modifica]na ben anco a levarli al tulio dal suo Repertorio, perchè neppur il modo col quale essa li rappresenta «il più acconcio a supplire alla mancanza di vero interesse e novità. Sarò un po’ più discreto nel parlare delle Prime armi di Iiichclicu (traduzione impropria del titolo francese Les première! armes de Iiichclicu) commedia piena di spirito e improntata di tulio quel carattere di cortigianesca galanteria, di fina malizia da boudoir onde fu distinto il tempo del celebre cardinale-ministro. Peccherei d’adulazione se volessi affermare clic la compagnia Reale seppe farsi carico di questo special carattere e riprodurlo con una recitazione brillante senza sguaiataggine, aggraziata senza affettazione, rapida e viva.. • Non entro nei dettagli pel timore clic la materia alla critica mi si svolga troppo abbondante fra le mani. Dirò solo per amor di giustizia che al finir della recita porzione del pubblico volle salutare I’ attrice protagonista signora Romagnoli, la quale sostenne la parte di Ricliclicu con molla disinvoltura e con modi vivaci e arditi, ma non sempre col fare delicato e finamente aristocratico clic volcasi a ritrarre il costume della corte di Luigi XIV, della quale il nipote del DucaCardinale e il pupillo della principessa di Noaillcs fu un tipo bizzarramente storico. Per terza recita la Compagnia Reale Sarda volle regalarci il Fallo di Scribc, questo vecchio dramma Vaudeville, già da ben quindici anni ridotto per le scene italiane e dedicato ai palpiti e alle lagrime di commozione delle nostre buone platee, le quali oramai, dopo aver tante volte palpitato e gemuto alla vista di quella povera inesperta peccatrice, bandita per sempre da un inesorabile marito, ora cominciano a sbadigliare e a torcersi sulle scranne. Ciò valga d’avviso alla R. Compagnia Sarda di voler quindi innanzi sceglier meglio la sua terza recita., anche per addimostrarsi un po’ più fedele alle sue largite promesse di voler cioè abbondare di novità italiane e straniere, tanto che si rinnovi quasi per intero ii vecchio suo repertorio ch’ella stessa implicitamente confessa. essere ornai degno di pietosa giubilazione per aver fatto i suoi bravi e buoni anni di servizio. Nò con questo si dice ch’ella abbia a bandire tutte, o poco men che tulle le vecchie produzioni. Mai no: ve ne lia molte tra queste le quali, o per essere di classico autore o come modelli tipi d’uno special genere drammatico, vogliono conservarsi e ripetersi anzi di tempo in tempo a tener sulla buona via il gusto del pubblico e a rendere il de vulo omaggio agli antichi maestri dell’arte, e specialmente se italiani. Ma ii genere bastardo straniero, il raiwfcciWe-scnlimcntale, travestito da dramma Iagrimoso, il melodramma da bouIcvarts raffazzonato all’italiana con dialogo vernacolo piemontese o meneghino, ecc. ecc., non hanno da trovar venia sotto la falce che avrà l’onore di sfrondare l’antiquato suo Repertorio. Se la R. Compagnia Sarda seguirà questo mio consiglio farà opera gradita alla maggior parte degli imparziali estimatori del suo inorilo, i quali bramano vederla scuotere’ di tanto in tanto quella polvere di arcaismo clic le dà una fisonomia non ai tutto isocrona al rapido movimento sociale del tempo nostro. Non tacerò che in queste prime sere, sebbene il concorso degli spettatori fosse molto limitato, massime ai palchi, pure ve ne ebbe in quantità sufficiente per fare onorevole accoglimento agli attori favoriti, tra quali principalmente la signora Robolti, ii Taddei, il Goltardi, e il Borghi, oltre la già nominata signora Romagnoli. Si ha speranza clic nelle susseguenti recito, si farà più animato li teatro, grazie a una migliore scelta di produzioni. &. Pigoli. VARIETÀ. MUSICA ALO VA Il foglio musicale, Il Segnale, che si pubblica a Lipsia, annunzia le seguenti novità con singolari moderne denominazioni: Fiocchi di neve per Pianoforte, del maestro Ci vai al; Sentimenti musicali durante l’uso della cura dell’acqua fredda, per Pianoforte del maestro Deichcrt!! Qual freddo, umido vento non soffia ora nel mondo musicale!.. Altri giovani maestri cercheranno più stravaganti titoli; presto ci regalcGhiacciuoli per Chitarra, Gliiacciajc per Arpa e per i Tamtam e Tromboni. NOTIZIE MUSICALI DIVERSE — Il comune di Rosate, Capo luogo di distretto, altra volta sede di una Giudicatura, possedeva anche i tempi andati un RR. Capitolo addetto a quella Chiesa Prcposituraìc. Questa, sebbene di ambiente non troppo ampio, e già cadente, era fornita di un eccellente gauo, ed aveva organisti fra i migliori, ultimi dei quali un Chiappa ed un Ciceri della cui valentia ho pur qualche reminiscenza. Se non che soppresso da pochi. il Capitolo, indi primeggiando qualche chiesa dei f vicini per bontà di organo o bravura di organisti, ri neva quel Capo-luogo in tale rapporto quasi dimcntiFu quindi ottimo il divisamento di quella zelante fabbriceria, dopo clic si coslrusse una nuova chiesa di più estesa ampiezza, di aggiungervi ad ornamento un organo che fosse corrispondente alla grandezza del Tempio, e di commetterne la costruzione ai rinomali fabbricatori i signori fratelli e nipote Prestiuari di Magenta. L’opera venne da questi intrapresa con vero amore dell’arte e col giorno S prossimo passato fu ultimalo superiore anche all’aspettativa il grandioso organo della Chiesa Prcposituraìc di Rosate, del quale possono a ragione andar fastosi i fratelli e Nipote Prestinari, come lavoro di tutta eccellenza, e per avere con abilità non comune superate le più ardue difficoltà. L’aria è ili esso bilanciata in modo che ad onta della sterminata quantità di canne la cui mole ne assorbisce gran copia, la prontezza del suono, in qualunque modo venga prodotto, si rende facile come quella del più perfetto pianoforte. E se credesi soverchio (nè il permetterebbe la ristrettezza del foglio) I’ enumerare partitam’enle i pregi dei vari istromcnti, la cui imitazione supera quasi il naturale, non è però da tacersi la maestosa armonia del ripieno, il cui tocco commove l’animo a devoto raccoglimento. Il complesso dell’opera è tale infine che può annoverarsi fra i capolavori dell’arte. Ella è pure da encomiarsi la saviezza di quel ài. R. sig. Proposto e della fabbriceria, i quali a norma del Rito che vieta nelle sacre funzioni gli accompagnamenti di orchestra, non permisero che vi si introducesse qucH’istromento altrove tollerato, cioè la gran cassa (tamburo), per cui risuoua talvolta nel Tempio Cristiano la cosi detta Banda G. I‘. Calvi — La nuova opera di Hùminel figlio, intitolata: Alor ossia gli Unni di Merseburg, fu già data due volte a Weimar. Si spera che piacerà maggiormente quindi innanzi e quando sarà fatta più vecchia. (Segnale) — Monaco 2G ottobre. Liszt diede jeri la terza sua accademia a prò dell’Instituto de’ciechi. Essa ebbe luogo nel regio teatro di Corte in presenza dell’augusta casa Reale, e colla coopcrazione de1 più distinti membri della R- Cappella. L’applauso fu tanto smisurato quanto fu grande il numero degli uditori; i palchi.erano così zeppi, che non si potevano chiudere le porte. L’artista mandò i viglictti d’ingresso con gentil invito agli allievi dell’Instituto, e noleggiò egli medesimo in quella sera, a propria spesa quattro palchi, nella prima fila. — La Società de’ Swanglosen, unione de’ primi letterati ed artisti di questa capitale), diede jeri (28 ottobre) una festa a Liszt. Confermcinentc al comune desiderio l’illustre artista dava lunedì, ultimo d ottobre, un quarto concerto a benefizio de’ bavari bisognosi, i quali in conseguenza degli ultimi avvenimenti che ehber luogo nella Grecia, devono abbandonare quel regno. (Gazz. Univer.) — Vienna. Il signor Simone Sccliler, I. R. organista di Corte, nostro venerato collaboratore, uno de’ più rinomali moderni contrappuntisti ( maestro de’signori Thalbcrg, Collier, Salvi ecc.) compose un’opera buffa, intitolata: Ali-Kitsch-Jlalsch, clic si darà fra poco al teatro Joscphsladl. (Gazz. HIus. Piemia) — Moria ni cantò in tutto 13 volle a Pest e Buda, ma ricevette soltanto l’onorario per otto rccile, avendone egli dedicato le altre cinque gratuitamente a beneficio d’altri artisti, od a scopo di beneficenza. — Czerny pubblicò presso Haslinger la sua 730 opera. È la undecima gran sonala per pianoforte, e prova che egli sa anche scrivere da gran maestro, comunque in molte altre sue composizioni cerchi render omaggio al così detto gusto moderno. — Il rinomato pianista viennese Leopoldo di Meyer, che si fece sentire a Costantinopoli in presenza del Sultano, come a suo tempo fu reso conto in questi fogli, non volle abbandonare quella capitale senza darvi un’accademia musicale a benefizio de’ poveri. Essa ebbe luogo nella prima metà del p. p. ottobre nel teatro italiano, fu coronato da numeroso concorso e del maggior applauso. (Gazz. teat. di Piemia) — Cisski.. Dopo la recita dell’Antigone di Sofocle, con musica di àlcndelssobn, diretta da Spobr, i filologhi al tempo della toro radunanza in questa capitale, inviarono un indirizzo di ringraziamento al cel. maestro per aver egli contribuito a far rivivere questa tragedia sulla scena. Spobr non potè far udire durante questo consesso il suo Oratorio: la Caduta di Babilonia, avendogli l’Elettore ricusato la coopcrazione decantanti di Corte. (Gazz. Jf/us. di Pienna) NUOVE PUBBLICAZIONI MUSICALI IIELL’I. E. STABILIMENTO NAZIONALE PRIVILEG." Di GIOVA A AI RICORDI /poitr l’inno et Violoncelle SUB DES MOTIFS DE ÈCA®i©@B!©tt@S©R a a ¥iisi tp. SSMOMAtta 45079 Op. 55. Fr. 5 50 PETITE VALSE FAVORITE ■pout. fe ^t’cttio PAR &I8S«15304 Fr. 1. 50 Itili A UftifiA nell’ulto terzo delta Tragedia MIL IDBIU’ MISIIBM ©ARTOTa KIEi TSAim® m 013 MOIMI© mentre. ^ìzdlavo •srféoe/ez/a (/ec/rzmava aytop POSTA «X MUSICA t»er T., con accompagnamento tli Pianoforte o tl’Arpa. DA i&a&Bssì® 15505 Fr. 5 50 GIOVAAKI RICORDI EUITORC-PROPRIKTARIO. mmFs Dall’I. R. Stabilimento Aazionale Privilegiato di Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di GIOVAAAI RICORDI Contrada degli Omenoni If. 4720.