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) perlocclrè, ne deriva quello non meno diI s^listogo di sentire il moto che nasce dalle i distanze che passa fra le note acute delle } voci bianche e le medie dei tenori e bassi... Il registro di contralto fu saggiamente destinato a togliere questo difetto. Finalmente, nella pag. 12, alla prima battuta abbiamo rimarcato come il maestro non siasi accorto che procedendo il basso dal Sol al La b a mezza battuta ed il soprano parimente a mezza battuta dal Re al Mi b producono l’effetto delle due quinte che riescono più sensibili ove si esamini l’accompagnamento nel quale sembra che dal maestro sia stato espressamente ommesso l’intervallo della terza, che solo si riscontra un poco sensibile nelle viole, appoggiando tutto il rimanente delPorchestra e sul Re e Sol nella prima mezza battuta e sul Mi b e La b nella seconda metà della stessa battuta. Liber scriptus, Judex ergo, e Quid surn miser. Si può dire di questi tre versetti clic l’autore ne abbia fatto uno solo diviso in tre piccoli pensieri. Egli comincia il Liber scriptus con un Larghetto in La b a quattro soli e ripete lo stesso pensiero nel Quid sum miser con buonissimo effetto. Rex tremendae majestalis. Noi saremmo inclinati a credere che il sig. Giorgelli si sia servito di questa terzina della sequenza soltanto per portarsi sul modo di Si b in cui cade il Recordare: ed anzi a questo proposito ci è sembrato di notare come spesso l’autore nelle ultime battute di un versetto (forse perché quello che segue era già preparato) abbia fatto dei passaggi di tuono per portarsi da un versetto all’altro che sentono un colai poco di rappezzatura. Vedi per esempio le battute che precedono i versetti Liber scriptus: Recordare: Oro supplex, ecc., ecc., non era meglio in tal caso isolare i versetti medesimi anziché insieme legarli? Recordare: Questo pezzo a 5 voci è di bella fattura e senza dubbio uno de’ migliori di questo componimento. Vi è originalità, chiarezza e, se non erriamo, molto effetto^ vi è forse un piccolo abuso di terze e seste, ma in compenso il canto vi è semplice e quale si richiede in questo passo del sacro testo tutto amore, tutto preghiera: l’istrumentazione vi è lavorata con molta diligenza - sia adunque lode sincera al signor Giorgetti. Juste judex. Il movimento d’orchestra ci richiama al pensiero quello del primo versetto con cui ha principio il Dies irne. Questa idea ci pare buonissima, specialmente in questo punto in cui La Velidetta del giudice giusto necessariamente ci richiama al giorno dell’ira. Non sappiamo poi perchè alla pagina 57, battuta quinta, l’autore abbia inteso di far cadenza sul do minore- con due accordi di settimaj &3 ciò deve produrre la sensazione poco gradevole ad un orecchio linamente educato di sentire consecutivamente due quinte e due settime di grado. Si avverte però che questo pezzo è in Sol minore e che non ) essendo espressa la terza in nessuna delle ’ parti d’accompagnamento sulla nota Fa si ^ sottintende la terza maggiore, la quale non ) riuscirebbe dura se non fosse seguita dall’accordo di Sol jjjj: ad evitare tale durezza bastava che la settima del Fa accompagnata dalla terza minore fosse semplicemente un ritardo della sesta, la quale cadendo sul secondo quarto preparerebbe la quinta dell’accordo di Sol. Noi però abbiamo forte dubbio che, come in molti altri luoghi, anche in questo sia occorso qualche errori di stampa, de’quali possiamo francamente dirlo, non è penuria nell’edizione scorrettissima di questa opera. Qui Mariani. Questo pezzo (in Re b) è trattato, o almeno proposto a modo di Fugala nostro giudizio non può chiamarsi tale, perciò siamo nella ferina opinione che l’autore non abbia inteso di fare una Fuga formale, ma bensì alcune ingegnose imitazioni, le quali sotto diverse forme si continuano anche nel seguente versetto Confutatis: avremmo però desiderato che talvolta le dissonanze fossero meglio preparate e non così di frequente riscontrare come lo siano da una figura di minor valore. Oro supplex (a tre soli in Si b ) semplice ed affettuoso è il concetto di questo piccolo Versetto nel quale pure troviamo un grosso errore di stampa alla decima battuta in cui. mentre perdile buoni quarti sotto l’accordo di Fa $ con settima, 1 oboe tiene un Mi b il clarinetto si ostina a lacerare l’altrui orecchio con alquanti Re.... Lacrymosa dies illa. Anche qui é bene appropriato il richiamo del citato movimento d’orchestra, che poi va tratto tratto ripetendosi fino alla fine. AU’undecima battuta però avremmo veduto più volontieri che i bassi in luogo di ascendere dal do tAfa $ (4}( ^avessero continuato l’imitazione già indietro proposta e dal tenore e dai soprani discendendo per quinta dal do al./«$, così sarebbe stato tolto anche il cattivo effetto del tritono, intervallo che quantunque noi non pretendiamo a soverchio rigore, pure siamo d’avviso si debba, per quanto si può, evitare specialmente nella musica di stile severo. All’Amen i tenori ed i bassi propongono una frase a note larghe, la quale viene continuata dalle altre due parti a più riprese da tutte quattro: questo brano deve rieseire di molto effetto e per la chiarezza ond’è concepito, e perchè dopo la forte strumentazione del versetto precedente l’orecchio in questo riposa, essendo per buon tratto accompagnato da un semplice pizzicato di stromenti ad arco e da qualche nota degli stromenti a fiato. Fedeli al proponimento fatto di dire schiettamente il nostro parere ci permetteremo di far conoscere come ne sembri dura alle parole Pie Jesu Domine pagina 64 la transizione dell’accordo [ quello I ■ che, come ben si vede, non hanno fra loro rapporto alcuno: ed oltre a ciò nelle seguenti battute scorgiamo alcun che di stentato che quasi c’indurrebbe a credere che l’autore non sapesse come proseguire il suo lavoro: finalmente ne spiace il salto mortale (Vedi le prime battute dell’ultimo tempo) dall’accordo di Re con [l settima che dura per due battute e nelle quali i violini fanno sentire di passaggio anche il Mi b cosicché l’orecchio si dispone a udire l’accordo di Sol a quello di Mi b di sbalzo si cade su quello di t Nessuno potrà contrastarci la durezza questo passaggio che si sarebbe Schivata ’ benissimo pessando al Mi b e successivai>‘ mente coll’accordo di I portarsi sul Fa, ecc. Ciò ne sembra molto più regolare e naturale. Ecco quanto abbiamo creduto di scorgere nel lavoro del sig. cav. Giorgetti, commendevole per molti riguardi e che per la sua importanza meriterebbe un’analisi molto più diligente che non il breve cenno che qui si è fatto. Avremmo ben a caro clic qualche autorevole persona imprendesse ad esaminare più minutamente questa composizione, tanto perché maggior gloria ne venisse al chiaro suo autore, quanto per assicurarci se le nostre osservazioni si accordino con quelle che potessero esser fatte da più esperti conoscitori dell’arte. R. Manna TEATRO RE I. KVCX8XXA IDI (Continuazione <• /ine. Vedi il foglio antecedente.) L’intreccio di questa tragedia, voi lo vedete, è assai semplice; il fatto procede regolarmente senza accettale nessuna di quelle grandi peripezie. di quelle ingegnose complicazioni., clic velano con alide sagacia la troppo precoce previsione della catastrofe, previsione clic, ammorzando la curiosità, distrugge quasi l’interesse. La strada percorsa daH’avvcnimento è senza curve; appena voi avete mossi i primi passi abbracciate tosto collo sguardo tutta la via per cui vi condurrà l’autore; mai una risvolta clic cangi il punto di vista, mai un ostacolo che ergendosi impreveduto risvegli la. vostra attenzione, c vi prometta delle situazioni clic non avevaie imaginato, mai insomma uno di quegli ardili ed avventurosi tentativi deli’imaginazione, che scintillando luminosi gettano sulla scena una Id£c improvvisa, che mula, per così dire, il colore delle cose, togliendo cosi quell’affaticante uniformità, che è il più detestabile attributo d’un lavoro pel teatro. Sotto questo rapporto il sig. Ponsard ò crudelmente classico; egli rispetta la castità dell’antica musa, c rifiuta con severità i lenocinli della scuola moderna. Ma almeno l’antica tragedia ricomprava l’aridità delle sue forme colla grandezza delie passioni, coll’energica pittura dei carotieri, colla forza vigorosa de’ contrasti, colle ire fiere e tremende degli oppressori, colle lagrime piene d’ineffabile pietà delle vittime; l’antica tragedia vi compariva dinanzi nuda e disadorna, nm il suo soffio potente faceva surgere delle ammirabili creazioni, e se l’austera rigettava la ricchezza degli episodi!, se invece di offrire degli uomini presentava dei tipi impossibili, se cercava dapertutlo non il vero, ma il poclico ed il sublime, almeno negli stessi suoi traviamenti più convenzionali, quando evocava alla vita del palco scenico degli spettri che uscivano da tombe ohe non crono umane, essa colpiva coll’armonia, colla maestà sempre sostenuta dei suoi colossali concetti. Ma nella Lucrezia del signor Ponsard voi cercale invano tutto questo; i caratteri sono dipinti languidamente, le passioni non hanno n suna grandezza, c voi non provate n per queste creature che vi si agitano < la forza che le mette in movimento i