Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 29

N. 29 - 17 luglio 1842

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GAZZETTA MUSICALE

N. 29

DOMENICA
17 Luglio 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


STUDJ BIOGRAFICI. BIOVAKAT PAISIEllO Continuazione. Uedi i fogli 24, 25. j’el 4799 le armi della repubblica ’francese avean posta sossopra jgl’Italia. «Il trono di Napoli, cosi si esprime nella già lodata biogr£,fia d’Paisiello il sig. conte Folcili no Schizzi, era fortemente minacciato. I repubblicani, entrati trionfanti in Roma sotto gli ordini di Championnet s’avviavano alla volta del regno per conquistarlo. «I reali, per fuggire al nembo che minacciava la capitale, ritiravansi in Sicilia, e intanto il Governo assumeva forma repubblicana. Sgomentato dalla perdita de’ suoi impieghi, e inquieto sul suo avvenire, Paisiello, che durante la guerra non erasi mai allontanato da Napoli, non si addimostrò ritroso ad adottare ì principii del novello reggimento politico, e ottenne per naturai conseguenza il titolo e gli emolumenti di direttore della Musica nazionale. Ma indi a non molto, reintegrata la monarchia de’Borboni, l’insigne compositore perdette la grazia de’suoi principi e con essa il titolo di maestro di cappella della Corte e gli assegni relativi. Del che fu moltissimo afflitto Paisiello, e non pretermise supplicazioni ed atti di pentimento, o veri o simulati, onde ricuperare i perduti favori. Due anni furono per lui spesi in questo doloroso ufficio, in capo ai quali vide soddisfatti i suoi fervidi voti. Se non che poco tempo dopo, Bonaparte, già fattosi primo Console, otteneva dalla Corte di Napoli che Paisiello, pel quale egli nudriva una speciale predilezione, si recasse a Parigi ad ordinare e a dirigere la Cappella Consolare, e il celebre artista tutto lieto abbandonava la patria e il munifico monarca italiano nel cui orecchio suonavano ancora le calde sue proteste di inalterabile ed eterna devozione, e trasferi vasi al novello suo posto sul finire del 1802. Con isplendida generosità venne trattato Paisiello da Bonaparte, perocché, oltre un’ingente somma fattagli sborsare per le spese del viaggio, ebbe un alloggio sontuoso, una carrozza di Corte a’suoi ordini, 42 mila franchi di onorario, ed un’annua gratificazione di altri 48 mila franchi. Se non vedessimo confermato da altri biografi questo ultimo computo del sig. Fétis, saremmo tentali a crederlo esagerato, e tanto maggiormente dacché il sig. conte F. Schizzi accenna che oltre i 42 mila franchi di stipendio, soli 4200 gliene vennero sborsati per le spese del viaggio e dell’alloggio, la quale somma ne sembra troppo meschina, come di soverchio ingente ne parve quell’altra. Ma sia comunque il fatto, certa cosa è però che i grandi compositori francesi che a quel tempo trovavansi a Parigi molta gelosia e non minore invidia ebbero a provare del fortunato maestro italiano, al quale per avventura non attribuivano tutto il merito di cui poteva a buon dritto vantarsi. E per conseguenza ecco risvegliarsi una segreta nimistà tra i partigiani di Paisiello e i professori del Conservatorio parigino. Questi, non senza dispetto acerbissimo, vedevano apprezzarsi sopra modo nello stile e nelle ispirazioni dell’autore della Sina quei rari pregi di spontaneità, di grazia e di facile e abbondevole melodia di che troppo eran poveri i prodotti delle loro fantasie più tendenti al genere di musica drammatico-pittoresco che il proprio vanto principale ripone nel colpire la mente e lo spirito dell’uditore, anziché lusingare l’orecchio e svegliare dolci impressioni e sentimenti affettuosi. Però, mentre nel conflitto degli astii di parte, Paisiello e i seguaci delia scuola italiana da un lato, Mehul, Cherubini ed altri sostenitori della francese dall’altro, addimostravansi poco penetrati della dignità del loro carattere cl’artista e scendevano a guerricciuole meschine, l’arte guadagnava grandemente per gli sforzi di una calda emulazione, e lentamente progrediva la salutare fusione dei due generi opposti, già cominciata ai tempi di Gluck e di Piccini; il genio musicale italiano rappresentato in Francia dalle sublimi creazioni di Paisiello influiva sullo spirito dei compositori antagonisti di questo grande maestro, e quasi loro malgrado li costringeva a riconoscere la superiorità delle doti per le quali la sua musica sì facilmente destava all’entusiasmo la moltitudine e otteneva quella popolarità alia quale l’artista d’ingegno superiore solo allora deve rinunziare quando è comperata a prezzo della volgarità delle idee, dell1 abuso dei falsi mezzi d’effetto, della stravaganza delle ispirazioni che male si vogliono battezzare di originalità, e di tutta quella peste degli artifizi di convenzione e di mestiere che alla severa filosofia dell’arte sostituiscono le Grossolane risorse del meccanismo. A coesto punto di scadimento vorrebbero pur troppo addurre la composizione melodrammatica non pochi de’moderni nostri maestri, ma per buona ventura della scuola italiana, al tempo che Paisiello la rappresentava in Francia ella era ancora lontana da un cosi infelice periodo; e pertanto grandissima ed ottima influenza esercitò sul gusto musicale de’ Francesi e presso di essi addusse al maggior punto il favore per la nostra Opera e preparò le invidiabili glorie di Rossini. Vorremmo occuparci a sviluppare mollo più partitamente il punto di critica storica musicale ora solamente di volo accennato, ove 1 ufficio che ci siamo proposti in questo scritto non fosse molto più modesto. Proseguiamo quindi nella nostra narrazione biografica. Al tempo in cui Paisiello fu chiamato a Parigi da Bonaparte, veruna musica esisteva appositamente scritta per la Cappella consolare, e Paisiello si propose di fòrnirnela da par suo e compose quindi sedici offici completi, messe, mottetti, e antifone. Intanto l’Austria e l’Inghilterra concliiudevano colla Francia, la prima il trattato di pace di Luneville, l’altra quello d’Amiens; e Paisiello, se dobbiamo credere a qualche biografo italiano, ebbe a ricevere l’incarico di celebrare tanta ventura con un’apposita cantata, della quale l’autore della grande Biografia dei Musicanti non fa cenno. Ricorda egli bensì una Messa ed un Te Deum scritti a due cori e a due orchestre per solennizzare l’incoronazione di Napoleone. Già l’anno innanzi aveva dato Paisiello alle scene la Proserpina, infelicemente riuscita, e per conseguenza si temeva che il sacro rito e l’Inno di esultanza non potessero essere da lui musicati colla superiorità di ingegno che in altra solenne occasione aveva saputo manifestare, e qual si richiedeva dalla memoranda circostanza. Ma il fatto sciolse i dubbi contrari, così almeno dobbiamo affermare volendo attenerci alle parole del sig. conte Folchino Schizzi, il quale scrive: «la Messa fu un capolavoro che la più severa critica non avrebbe saputo menomamente attaccare». Il sig. Fétis, all’incontro, ne assicura che giunto all’età di sessantadue anni, a quel periodo cioè dell’umana vita in cui l’immaginazione, venuta la prima, è pur la prima a voltarci le spalle, l’autore della Nino, comprese a qual partito era in lui prudenza appigliarsi per il meglio della sua gloria. Deciso a più non correre le incerte sorti delle scene, o fors’aneo piccato di non avere colla sua presenza destato in Parigi quel clamore al quale nella non discreta sua ambizione erasi preparato, addusse a pretesto la poca salute di sua moglie per chiedere la sua dimissione, che non senza difficoltagli venne accordata. Sotto questo poco lusinghevole [p. 130 modifica]aspetto il biografo francese ne rappresenta quest’atto della vita dell’esimio compositore italiano; e all opposto nell’offrircelo sotto un punto di vista lutto diverso, il già citato sig. Schizzi osserva non essere codesta, a suo giudizio. la pagina meno onorevole della storia del nostro artista, come quella che porge esempio di un’abnegazione degna d’ogni lode. Or si giudichi in quanti contrarii modi le umane azioni ponno e sogliano venire interpretate! Di ritorno a Napoli Paisiello fu restituito a’ suoi uffici presso la Corte, della qual cosa ei fu in parte consolato per i perduti onori di Parigi: senonchè a quei giorni i politici rivolgimenti turbavano da uno ad altro istante le più tranquille esistenze, e Paisiello avrebbe avuto, al par di tant’altri, a movere lamento di questa penosa incertezza di cose, se non era Giuseppe Bonaparte, il quale, succeduto sul trono di Napoli a’Borboni, ritrattisi un’altra volta in Sicilia, riconfermava all’esimio artista, tanto favorito dall’imperiale fratello, gli impieghi di Direttore della B. Cappella e maestro della musica di Camera, ch’egli occupava presso Ferdinando IV, e fissava a mille e ottocento ducati i suoi emolumenti. Al tempo stesso, Napoleone lo faceva insignire della croce della legion d’onore, alla quale andava unita una pensione annua di mille franchi. A servizio della Cappella della nuova Corte compose Paisiello ventiquattro complete musiche di Chiesa, e in occasione della festa del Re fece rappresentare la sua ultima Opera i Pitagorici, la quale gli valse la decorazione dell’ordine del Regno delle due Sicilie; Giuseppe Bonaparle gli conferì parimente la nomina di membro della Società reale delle Scienze ed Arti di Napoli e di presidente della Direzione del Conservatorio di musica, il cui ordinamento era stato sostituito alle vecchie scuole del regno. La più parte delle Società accademiche accoglier vollero il nome del grande compositore napoletano tra quelli de’ loro membri, e nel 1809 l’Istituto di Francia lo onorò del titolo di socio straniero. Allorachè il fratello di Napoleone cedette il trono di Napoli a Murai per ire ad assidersi su quello di Spagna, il novello Monarca conservò a Paisiello tutti i suoi titoli ed impieghi. Se non che, le vicissitudini dei troni, sì frequenti nel primo periodo del nostro secolo, serbavano all’autore dellaNina lo spettacolo di una seconda ristorazione dei Bori boni. In una Memoria dettata intorno a Paisiello, dall’illustre autore della Vita di Raffaello, ecc., il sig. Quatremère de Quincy così si esprime nel proposito delle ultime peripezie della vita del celebre maestro: «Egli visse abbastanza da poter vedere reintegrata in tutti i suoi diritti l’augusta famiglia alla quale era debitore dei primi incoraggiamenti ricevuti, e che costante nella sua benevolenza protettrice gli prodigò gli ultimi favori». Noi ameremmo prestare ampia fede a questa attestazione di uno scrittore molto lodato per accuratezza di indagini; ma la imparzialità che ci siam proposti ne costringe a contrapporre alle parole del sig. Quatremère altre improntate di non minor sembianza di verità, sebbene al tutto oppostamente significative. Giacomo Gotifredo Ferrari, allievo del medesimo Paisiello, ne’suoi Aneddoti piacevoli ed interessanti, riferisce di aver riveduto il proprio maestro in Napoli alcuni mesi prima ch’ei si morisse; e con questi precisi detti ne fa consapevoli della situazione in che ei trovavasi negli ultimi anni del viver suo. «Al nostro primo abboccamento (così egli) mi parlò di tutte le disgrazie che eran piombate su di lui. L’affezione ch’ei portava a Napoleone e alla sua famiglia era stata cagione che gli fosse tolta la pensione che in altro tempo ei riceveva da Ferdinando IV. Le circostanze politiche gli avevano fatto perdere anche quelle che gli erano state accordate dalla gran duchessa di Russia e da Napoleone. Era quindi costretto a campare coi modici assegni della R. Cappella, di limitarsi al più stretto necessario, ecc.». Un punto importante che riguarda il carattere morale di Paisiello è oppostamente svolto dai diversi suoi biografi: «Per l’immensa sua riputazione fatto superiore a tutte le piccole passioni ei non conobbe mai il sentimento della rivalità»; con queste parole si esprime sul conto di lui la Biografia Universale degli uomini illustri. Ed il già ripetutamente lodato ìsig. conte Folchino Schizzi, nella pregevole sua Memoria, ricordando l’occasione in cui Rossini ebbe a scrivere pel teatro di Roma il Barbiere di Siviglia, ne fa sicuri che Paisiello, ben lungi dalfaltraversarsfal giovine suo emulo, adoperò spontaneo a spianargli la via a una felice riuscita. Veggasi ora con quali precise parole si esprime su questo particolare il sig. Fétis nella già accennata sua biografia di Paisiello. «Nella sua vecchiezza ei non si mostrò per nulla generoso verso i giovani artisti dei quali avrebbe dovuto farsi il protettore naturale; perocché è noto come ei trovar sapesse lutto il suo ingegno nel rigiro contro Rossini, le cui brillanti primizie annunziavano una gloria novella destinata a far dimenticare le glorie d’altri tempi». Non osando farci arbitri in questa spiacevole discrepanza di giudizii, siam costretti a limitarci al desiderio che altri, più di noi felici nelle biografiche indagini, trovi modo a scolpare l’insigne italiano di tutte le macchie delle quali in questo nostro scritto non gli abbiamo fatto grazia. Ma ora eccoci agli ultimi istanti della sua vita. Già da alcuni anni aveva sofferti non pochi insulti la mal ferma sua salute. I crucci dell’animo e i disinganni finirono di logorare le poche estreme sue forze; il giorno 5 Giugno del 181G spirò all’età di 7S anni. È a supporre ch’egli, per non so quale debolezza eli spirito, non amasse essere creduto sì vecchio, ove si noti che scrivendo ad un amico suo alcuni giorni prima di morire ei non si dava che G4 anni. Una messa da morto trovata nelle sue carte fu cantata a’ suoi funerali. La sera medesima nel Gran Teatro di S. Carlo si rappresentò la sua Nina. S. M. il re Ferdinando 1Y e tutta la Corte vi intervennero per onorare la memoria dell’illustre compositore morto nella dimenticanza. In altro apposito breve articolo diremo alcuna cosa intorno allo stile e al particolare ingegno musicale di Paisiello, e daremo anche un quadro sommario delle molteplici sue composizioni! G. B. CRITICA MELODRAMMATICA. Nuove rayiireseutazionì al teatro Ite. Mercoledì scorso avemmo a questo teatro la prima delle tre nuove Opere promesse. E questa un melodramma tragico del sig. Monteverde, reso in musica dal maestro Fabio Campana, intitolato Giulio cT Este. - Codesto spartito giunse tra noi 1 1.!». A, 1 -. " carico degli allori colti in più e più teatri, se stiamo a detta dei giornali, ed in parte anche alla voce pubblica: dal che ne derivò forse un cotal grado di prevenzione favorevole da riuscire dannosa più ch’altro al suo successo. Se ne incolpi ciò che più piace, certo si è che la musica poco o nulla incontrò il comune aggradimento, quando si eccettui un brevissimo cantabile nella cavatina del Basso, una cabaletta del Tenore, ed alcune frasi appassionate nell’ultima scena. Il restante passò freddo, freddo. Chi però volesse indagare una qualche ragione del perchè tra noi la musica del sig. Campana non abhia piaciuto, mentre in tanti altri teatri ha pur levato di sé grande romore, spenderebbe per certo inutilmente il suo tempo. Sebbene a malincuore, siam pur costretti a confessare che in questa circostanza abbiam dovuto dividere interamente il giudizio degli abituati del Re, nel condannare questo spartito come mancante affatto di validi effetti drammatico-teatrali. Al che vuoisi aggiugnere essere i canti quasi sempre privi di originalità, ed anzi più e più volte plagiarj; che anche allorquando il compositore abbandonasi alla propria vena, il che succede assai di rado, appalesansi stentali, monotoni, indecisi, e mancanti di ferma impronta ritmica e periodala: che l’istromentale è povero e sbiadito, l’istromentazione incerta, e priva affatto, a quanto appare, di fondata conoscenza de’differenti stromenti, che la tessitura de’pezzi manca di scopo allo spicco delle tinte, e che, a compenso di tulte queste mancanze, ben poco valgono i pochi canti sovraccennati, che staccati dal restante, potrebbero tuttavia essere pegno di migliori cose. E chi lo sa? Non sarebbe la prima volta che le nostre pagine avessero a notare una di queste fasi. - Oltre ai signori Pancani e Bartolini, che abbiam già nominato con lode, parlando della riproduzione della Lucia, e che qui pure si sono conservati nella stessa aura di favore popolare, abbiamo nella rappresentazione di questo spartito fatta una nuova conoscenza: ed è quella della signora Goggi che vi sostiene la parte primaria del soprano. Questa artista vuol essere lodata per giusta e molto addentrata conoscenza di canto, e di ciò che comunemente appellasi possesso di scena, del quale anzi, per vero dire ella forse qui abusa alcun poco, stantechè la ristrettezza del palco scenico del Re esige, come nella spinta vocale, una moderazione anche nelle mosse della persona. Ritornando alla nostra partita principale, vale a dire a parlare del canto della signora Goggi, vuoisi osservare che la sua voce tal quale ora esiste deve dirsi di soprano, percliè tale è anche la tessitura della sua parte, e perchè anche essa si appoggia con sufficiente sicurezza sulle più acute note di questa chiave. Ma il carattere pesante e rotondo delle sue note basse e la loro estensione, e il timbro gutturale ed alquanto stentato delle voci di mezzo fanno in parte credere, o almeno sospettare, che quest artista non fosse altre volte che un semplice contralto, esteso bensì e tendente al più al mezzo-soprano. Ed a parer nostro egli è forse a tale sforzo e a tale spostamento di tessitura che devesi attribuire quella mancanza di volume e rotondità, e quella magrezza che riscontrasi in ispecial modo [p. 131 modifica]suoni della sua ottava di mezzo. Cilecche ne sia la signora Goggi ha la soddisfazione di poter dirsi soprano, e nell’attuale epoca di aristocrazia di organi vocali, siamo quasi trascinati a credere seco lei esser miglior cosa essere un cattivo soprano che un buon contralto. Il che s’intenda osservato soltanto in massima generale, senza intendere di scendere a nessun particolare. Certo si è che vediamo tutto giorno, è vero, de contralti trasformarsi a tutta forza in soprani o almeno mezzo-soprani, ma vediamo ancora di più a perderne bene spesso la prima voce naturale e non rinvenirvi più le altre. Sarebbe tempo veramente che si mettesse un freno a questo sforzare la laringe che su un centinajo di voci ne sacrifica senza dubbio ben nove decimi. Lodiamo nella signora Goggi il suo giusto accentare, abbenchè cada’talvolta alcun po’nel manierato. Il suo vocalizzo è bene sviluppato nelle scale ascendenti e nelle discendenti, ed anche il suo fiorettare, abbenchè azzardoso, è quasi sempre netto e di buon gusto; delle quali doti diede esempj a proiluvio nella cavatina dell’Ines di Persiani, che essa credette ben fatto sostituire a quella dello spartito. Nè vogliamo dimenticare il bel tratto, allorché abbraccia Giulio nella scena tinaie, interpretato da lei con rara perizia d’arte, e vera effusione d alletto. Nulla possiam dire del libretto, perchè l’Impresa non ha creduto farlo di pubblica ragione. Però se dobbiam arguire dal poco che si vede e che si può giungere a comprendere, ei sembrami libretto come tant’altri mancante di novità e d interesse. Attendonsi fra non molto il Lazzarelio del sig. Marliani, e il Don Desiderio del principe Poniatowski, entrambe Opere nuove per noi. A. MCENNI NECROLOGIO. Poiché scopo principale di questa Gazzetta si è il promuovere nel modo più efficace tutto che possa recar lustro e vantaggio all’arte musicale italiana, additando mano mano quegli eletti ingegni che sorgono ad onorarla, mi sembra che utilissimo ufficio sarà quello di consacrare alcuna di queste istesse colonne a gettare un fiore onorevole sulla memoria di coloro che, mercè gli studi indefessi ed un costante amore dell’arte, seppero raggiungere quell’eccellenza che a pochi è dato di conseguire. Quantunque doloroso riesca il ricordare le virtù di un trapassato pure è così giusto e debito tributo che nelle anime gentili non può che trovare un’eco di corrispondenza. Sono pochi giorni che, afflitto da lunga malattia, cessò di vivere in questa ciltà Ce,sare Bianchi, professore assai valente di pianoforte ed organista della cattedrale. Aveva tocca appena l’età di 28 anni che morte troncò una vita a tutti carissima, e per le rare virtù ond erà abbellita l’anima sua e pel raro talento ch’ei possedeva nella musica. Nato nel territorio cremonese, fu dal padre provvidamente condotto a Cremona onde perfezionarlo. Dapprincipio egli erasi applicato al violino, sul quale istromento era pervenuto ad eseguire composizioni di non poca importanza: indi si applicò con grandissimo amore allo studio del pianoforte, di cui per altro possedeva già i primi elementi ed in pochi anni riuscì ad eseguire le più difficili composizioni 131 con tanta superiorità da poter essere chiamato distinto fra i distinti. Non trascurò però il violino è la viola, anzi occupava in questo maggior teatro il posto di primo violino de secondi e con non minore abilità egli disimpegnava nei più difficili pezzi per camera la parte della viola: nel 1838 circa, resosi vacante il posto d’organista a questa Cattedrale, egli vi concorse e vi fu prescelto con gran soddisfazione degli elettori. Si occupò anche della composizione, ed in alcune cose scritte per orchestra e per pianoforte ha fatto ammirare una purezza ed eleganza di stile che sono uno de’ più bei pregi nelle opere dell ingegno-, „. 11 genere che preteriva era, a quanto pare, il brillante. Il suo tocco era netto, l’esecuzione precisa e quello che più importa sapeva sempre interpretare 1 indole delle composizioni precisamente secondo lo spirito di chi le aveva dettate. Non credo di trascorrere nell’adulazione dicendo che spesse volte prendeva a prestito f impeto di Listz, la soavità di Thalberg, l’eleganza di Herz, de’quali autori con singolare maestria sapeva eseguire le più magnifiche composizioni. Uno de’pregi poi che distinguevano questo complesso di carissime speranze era una prontezza nell improvvisare qualunque distinto pezzo, qualità che, senza offendere l’amor proprio di nessuno, si riscontra in pochissimi. Tante belle doti in un essere solo ed in un’età così giovanile non possono che far sentire di quanta amarezza sia la sua perdita: a renderlo vieppiù stimabile e caro a chi lo conobbe concorse assaissimo una rara modestia ed una volontà incessante di sempre più perfezionarsi in quella virtù che già altamente possedeva. I suoi funerali furono celebrati con quel decoro che più si poteva dal dolore unito alla estimazione, ed il numeroso corteo che accompagnava la bara all ultimo asilo di noi miseri mortali attestava abbastanza quali sentimenti avea lasciato nei superstiti. 11 corpo dell’orchestra e tutti i lilarmouici artisti e dilettanti intervennero colla musica militare alla pietosa cerimonia: una messa di rec/uiern venne cantala coll accompagnamento di tutta orchestra... Generale tu il compianto e profondo il dolore di tutti gli artisti, i quali meglio degli altri potevano calcolare 1 importanza di una perdita così impreveduta. Queste nostre poche righe valgano a sollievo dell’animo nòstro troppo compreso da tristezza; e rendendo un omaggio sincero alle virtù del trapassato facciamo voli alla Provvidenza, affinchè i rari ingegni non debbano con tanta perseveranza esserci così presto rapiti. Cremona li G Luglio 1842. R-o M-a. NOTIZIE VARIE. — Abbiamo nel prevedente numero della Gazzetta annunciato il programma del concerto da darsi a Parigi neiia sala del colonnello Thorn a beneficio degli artisti dell’Opera tedesca; ora brevemente dell’esito. Liszt è stato il principale benefattore, egli molto ha suonato ed ha fatto eseguire due cori con sua musica, egli ò stato in somma il lutto di questo concerto. Le sue reminiscenze del Don Giovanni, sono riuscite lavoro eccellente sopra tutto per Parte singolare di ben rannodare i motivi presi da quell’opera; arte difficile e che ben maneggiala può in gran parte togliere di mezzo gli inconvenienti di un cattivo genere di composizione, molto però alla moda c gradito. Le reminiscenze del Don Giovanni (dice la Gazzella Musicale di Parigi) sono riescile un pezzo veramente degno di Mozart e di Liszt. (guanto poi all’A ve Maria, al ile degli Aulnes ed alla fantasia sul Roberto il diavolo, Liszt si è mostrato un esecutore supcriore a sè stesso. A chi ha sentito il gran suonatore parrà questa un’iperbole, ma che cosa può essere impossibile a questo Priareo del pianoforte? L’esecuzione de5 pezzi vocali troppo non è riescila soddisfacente, e se ne dà la colpa al gran caldo di questi giorni. Basta, pare che per opera di Liszt, potranno questi poveri artisti fare buon viaggio per l’Allemagna. — 11 giovane compositore francese sig. Ferdinando Lavainne oltre al suo Te Deum del quale abbinili parlato nel numero precedente, ha pubblicato un De profundis clamavi, salmo 429 di David. Si loda la gravità dello stile e la forte e severa maniera del maestro, non però pare che egli si mostri sutlìeientcmcntc fornito di classici studii per trattare degnamente il genere religioso. 11 sig. Enrico Blanchard, nella Gazzetta Musicale di Bangi N. 27, ragionando di queste due sacre composizioni del Lavainne, trova degna di biasimo la forma moderna adottata dall autore, c il lusso impiegatovi della completa istromentazionc d’oggidì. Finché non sarà ragionevolmente decisa la gran quistionc della musica religiosa. ci sarà permesso opinare che l’arte debba ingegnarsi di lodare Iddio con tutti quegli argomenti ond’eila perfezionandosi si è resa migliore. Certo è però che queste due composizioni del sig. Lavainne hanno meritato l’encomio di tutti quelli che le hanno udite. — La Franco Musicale grida a tutt’uomo contro il progetto di aprire in Parigi un secondo teatro lirico, al qual line, come abbiamo annunciato, (Vedi Gazzella Musicale i. 27) la commissione degli autori presentò una supplica al ministro dell’interno. L’instituzione d’un nuovo teatro lirico (dice quel giornale), sarebbe inutile e dannosa, mentre l’Opóra con 700,000 franchi di sovvenzione, e l’Opera Comica con 280,000 si sostengono appena. Dalla risposta del ministro dell’interno potremo rilevare il merito di questa zelante opposizione della Franco Musicale c ne renderemo a suo tempo informati i nostri lettori. — Lo stipendio assegnato a Mcycrbeer nella sua qualità di direttore generale della musica del re di Prussia, è di 3000 talleri all’anno che corrispondono in circa a franchi 12,000; e potrà godere un congedo di sei mesi deiranno, così avrà agio di fornire le sue incombenze c gli affari che ha a Parigi. — Confermiamo la notizia già data sotto riserbo del lieto c compiuto successo che ha ottenuto a Versailles la leggiadra Opera di Luigi Ricci Un’avventura di Scaramuccia tradotta in lingua francese. Fra le tante Opere giocose del Ricci questa e quella che ha più spirilo comico, grazia di stile, e una vena melodica piena di originalità e di freschezza. — Il sig. Enrico Karr, compositore distinto, padre del sig. Alfonso Karr, ha testé ottenuto la decorazione della Legion d’Onore. — II celebre pianista Sowinski, clic al presente é a Londra, ha dato il 17 giugno un grande concerto, nel quale egli ha eseguito i suoi nuovi studii ed uno scherzo con gran lode. Egli andrà presto a Baden, al congresso de’ pianisti europei. — Una nuova sinfonia di Mendelssohn eseguita a Londra dalla società filarmonica ha prodotto grande emozione nell’uditorio. — La celebre cantante, madamigella Agnese Schebcst, ha rotto il suo contratto col teatro di Stuttgard; ella rinuncia per sempre alle scene per unirsi in matrimonio al dottore Strauss, autore del famoso libro, intitolato: Fila di Gesù C risto. Questo matrimonio sarà celebrato a BrusscIIes, ove, si dice, gli sposi novelli contano fermare loro dimora. — La Gazzetta Musicale di Parigi raccomanda ia dilettanti ed artisti cultori dell’oboe le Faria tions sur un thème originai composte per questo strumento dal sig. Odoardo Sabon, giovane che dà molto a sperare di sé. — La sera del 25 giugno al teatro della Regina in Londra accaddero scene di gran tumulto. Si era annunciata l’Opera i Puritani, ma per indisposizione della signora Persiani, si deliberò di sostituire la Beatrice di Tenda. Alzata la tenda, un fragoroso tumulto di grida costrinse i coristi ad abbandonare la scena. Il sig. Laurent, socio del sig. Lumley, si presentò per appagare le domande che il pubblico aveva espresse fra le grida. Egli parlava francese, e il pubblico, continuando il rumore, lo rimandò chiedendo pure che si presentasse il sig. Lumley. Allora comparve Rubini; il quale parlò al pubblico in italiano. Nuove grida, nuovi tumulti. Rubini n’andò a cercare un interprete clic spiegasse al pubblico le sue parole; ma furono respinti e Rubini e l’interprete. Finalmente il sig. Lumley si presenta in abito nero, c come meglio potò, fece sentire clic veramente la signora Persiani era malata; l’Opera non fu rappresentata: solo si passò al ballo, c così finì presto la serata. Erano quella sera al Teatro il Ile c la Regina de’ Belgi, la duchessa di Kent e molti altri personaggi di alto affare. — Fra le novità pur or pubblicate dall’editore Challiot, si trova una melodia di F. V. Desvigncs ( Amour et demence) degna dell’encomio medesimo che meritarono al loro comparire la Danse des fóes e la Prióre à la madone, dello stesso compositore. — 11 sig. Giulio Lceomte, quantunque sia divenuto ottimo dilettante di musica c quasi artista, egli é però ancora uno de’romanzieri francesi che più sono in fama. Quanto prima egli pubblicherà un suo novello romanzo, il quale mollo ha che fare colle cose di musica, od ha per titolo: Aventures d-un lénor italica. La Gazzetta Musicale di Parigi parla con favore di questo libro. Noi ci serbiamo di darne contezza ai nostri lettori quando sarà pubblicato in Italia. — Thalbeig, che ha ottenuto in Londra tanto successo, e che più volte ha suonato a Corte, parte ora per Boulognc, ove poco si fermerà; e passando per Parigi, andrà a Baden, ed ivi starà tutto il mese di agosto. In ottobre tornerà in Inghilterra, avendo impegno per tutti i grandi concerti. Andrà poscia in Olanda a passarvi i mesi di decembre e gennajo. [p. 132 modifica]DIZIONARIO MUSICALE CRITICO-UMORISTICO (I). Abbigliamento. L’arte del vestire con gusto appropriato e senza pigliare a scherno la verità del costume storico, e rispettandola anzi nelle menome particolarità, dovrebbe essere osservata scrupolosamente, almeno sui primari nostri teatri cui i governi sono generosi di larghe dotazioni c privilegi intiniti. Ma troppo spesso veggiamo i capricci, la vanità, la fantasticaggine degli attori e delle attrici, in fatto d’abbigliamento, usurpar quell’impero che una severa edotta direzione dovrebbe esercitare inalterabilmente. Accade ben spesso il vedere, nella rappresentazione di un fatto della storia antica o greca o romana, miste, a cagion d’esempio, delle acconciature del tempo de’ Crociati o dei Guellì e Ghibellini, e viceversa nelle azioni spettanti al medio evo i costumi dell’epoca di Luigi xiv confusi alla ventura con que’ dei giorni nostri. 11 capo parrucchiere del teatro e il capo sartore sono i soli oracoli consultati da certi grandi attori ed attrici melodrammatiche dell’epoca presente, ai quali nulla importa della appropriata precisione nella parte decorativa dello spettacolo, purché abbiano potuto assortire alla bell’c meglio una toelette che dia spicco alla leggiadria del volto o ai vezzi della persona. Ci ricorda di aver veduto sulle scene d’un grande teatro rappresentarsi per parecchie sere consecutive il Bravo di Mcrcadante, ove una madre figurava (coni’ era in fatto) di qualche mezza dozzina d’anni più giovane della figlia. E perchè questo? Perchè l’attrice che faceva da madre non aveva voluto comparir meno appariscente della rivale! E simili abusi si tollerano dai direttori! e il pubblico non se ne risente... e i giornali... oh quanto ai giornali ne soffrono in pace di ben peggiori! Le cagioni di questa riproverò anarchia in fatto di abbigliamento si vedranno alle parole ignoranza, traSC U15 AGGI VE, VANITA’, DEBOLEZZA, SPILORCERIA. Applausi (Nel teatro musico).-Dimostrazione di approvazione manifestata dagli spettatori, ora con battimani, ora con urbane esclamazioni, ora con voci poco dissimili dagli* urli, ora col picchiar de’bastoni, soventi coll’assordantissima Babele di tutti questi eterogenei elementi. (V. Battimani, Bravo o, Chiamate, Furore, Fuori). Perciò si distinguono gli Applausi in Unanimi, Spontanei, Misti, Caldi, Freddi, Baccaneschi, Comprati, e finalmente applausi di incoraggiumento, e di prevenzione (V. tutti questi articoli e loro combinazioni varie). Unanimi (Applausi). - Segno sicuro che l’Artista ha qualche merito o intrinseco o estrinseco all’arte, che guadagna l’animo degli uditori, e questi sono o calmi, o caldi o freddi (V. queste combinazioni). Calmi (Applausi unanimi). - Sono sovente indizio o di una mediocre abilità artistica combinata con evidente sincera brama di meritare l’attenzione del Pubblico, o di una mistura di mediocrità d’arte, di aggradevole aspetto, di modestia, di civiltà, di amore del proprio dovere. Alcuni di questi pregi accarezzano l’amor proprio degli uditori e li dispongono ad accontentarsi anche de’ pochi doni di natura; tante volte arrivano a far anteporre la mediocrità nell’arte al professorismo o immodesto, o trascurante il pubblico, o ineducato, del quale olire non rarissimi esemp.j il teatro lirico. 1 caratteri fisici che distinguono questa specie di applausi sono l’uniformità nel modo di manifestarli, il regnarvi una direi quasi armonia di battimani non assordanti, misti a qualche Bene; di rado replicali. Essi sono indizio sincero di civiltà, di bell’animo nell’udienza. L’artista che li riceve di sovente è sicuro di essere beneviso agii educati anche fuori del teatro. Caldi (Applausi Unanimi).-Se la sola bellezza fisica di un artista femminino giunge ad ottenere di questi applausi, non si lusinghi della continuazione l’applaudita: essa vedrà presto discendere la temperatura, e potrà misurare questo umiliante abbassamento col termometro variabile della sua epidermide. Ma questi applausi sono premio costante dell’arte acquistata coll’amore dello studio, alimentata da’ doni naturali, favorita da gradevoli sembianze, sostenuta dall’ingegno, onorata dall’educazione, abbellita dall’onestà. Questi segni meritati da un’udienza composta di sei ottavi per lo meno, di persone educate, danno all’artista la sicurezza eli essere, non solo beneviso, ma ben accolto, desiderato, festeggiato anche fuori del Teatro, e lo assicurano del consolatorc suono dell’alma pecunia in contrappunto alla voce della Gloria, ciò che preme non poco. Questa specie di applausi si riconosce all’irrompere come salve di moschettcria, appena finito un pezzo musicale, talvolta dopo una semplice frase eminentemente melo-drammatica: sono quasi sempre preceduti dal perfetto silenzio dell’intentique ora tenebant (sempre inteso-rn un’udienza non rustica, ineducata). Kon sono misti a grida sgangherate; vengon solo accompagnati da qualche bravo, brava, bravissimi - Guadagnino gli artisti i caldi unanimi applausi ed avranno guadagnato stima, amore, bella fama, e bei quattrini; ma pensino che questo guadagno non si fa oziando pei caffè o peggio. Freddi (Applausi unanimi). - Sono per lo più indizio di un’udienza umana, educata, che ha compassione di qualche miseria artistica raccomandala al bel cuore degli spettatori da buone qualità morali, da amabili maniere dell’artista, tanto più se femminino. Cotali applausi si distinguono a! moderatissimo romore de’ battimani di breve durata; non sono mai accompagnati dai Bravi: (!) Veggansi i N. i e 2 di questa Gazzetta. Per imprevedute circostanze la persona incaricata da prima della redazione di questo Dizionario Musicale non potè continuarlo. Dietro nostra istanza piacque al nostro collaboratore, il sig. don E. IV. Cattaneo riassumere il lavoro abbandonato, dandovi principio dalla parola applausi e promettendo di proseguirlo con suffidente regolarità. L’Estens. qualche volta ammettono alcuni di que’ tali Bene di ambiguo colore che fanno sospettare un po’ di ironia burlesca; sono per Io più preceduti dal ronzio dialogante dell’uditorio; d’ordinario cominciano e finiscono come le fucilate de’ miliziotti terrieri nella festa del patrono. Gli artisti cantanti che non sanno guadagnar migliori attestati scenici farebbero prudente cosa col ritirarsi in tempo dal mare instabile, onde fuggir pericolo di passare dal freddo al glaciale che confina con Borea sibilante. Spontanei (Applausi). - Questi sono anche unanimi in un’udienza incivilita, sono essenzialmente caldi (V. Caldi-unanimi); escludono ogni idea di prevenzione, di calcolo; sono un’espressione del cuore degli ascoltatori che ringraziano quel cantante che seppe divertirli e commoverli colla dolcezza del canto unita alla polente verità dell ’azione, che raggiunse il vero scopo dell’arte bella perchè seppe sentire per far sentire. Vengono per lo più replicati una volta; soventi sono preceduti, da qualche Benissimo, Bravissimo, Bracvaa ma esclamati con voce repressa da chi, non potendo resistere alla piena del cuore, dimentica un istante che non si può interrompere il godimento della maggioranza uditoria senza lesione all’urbanità. Sono perfino qualche volta preceduti da breve tregua nel moto delle mascoline farfalle visitatrici de’ palchetti. Queste specie d’applausi sono premio riservato ai soli cantanti attori favoriti dalla natura, ben educati nell’arte, colti nello spirito, e non ignari degli aurei codici di Monsignor Della Casa c di Melchiorre Gioja. Misti (Applausi). - Guazzabuglio composto di battimani, di ziit ziit, di lischj spietati, di bravina, bravvoo, segno per lo più di poco merito degli artisti, e senza fallo poi di pòca o nessuna civiltà nell udienza; segno di prevenzioni appassionate, o di intrighi o di inonopolj teatrali, di scisma nel cicisbeismo, e simili povertà umane che fanno nausea al buon-senso, urtano il sentimento della decenza, disgustano gli uditori ben educati, e negano al Progresso il biglietto d’entrata. Comprali (Applausi). - Illegittimo transitorio acquisto sul quale mettono pronto sequestro con protesta dei danni e spese tutti quegli accorrenti al teatro, clic muniti di due orecchie di giusta dimensione, d’un par d’occhi educati al bello estetico dell’arte, dotati d’un cuore di fina fibra, danno ospitale alloggio nel loro cerebro al buon-senso, al buon-gusto ed al sentimento di giustizia. Questi applausi sono in generale bacca)teschi o per lo meno misti (V. Baccaneschi, Misti). Gli artisti che metton piedi su queste scale per salire in buona fama e sonora pecunia fanno presto capitombolo esposti ai disgustosi aiti esecutivi sulla Gloria, sulle Scritture, sui Quartali, e perfino sull’artistico baule. Civiltà (Applausi di). - 1 colori caratteristici di questi applausi sono lo stento, la cortissima durata: più che al teatro a biglietto tassato appartengono ai teatri de’Dilettanti, alle accademie musicali a porta gratis, e soprattutto ai trattenimenti di conversazione (V. Accademie, Conversazioni). Sono uno sforzo del buongusto, del buon-senso, del tatto musico degli uditori, i quali tante volte vorrebbero fischiare spietatamente le nullità di dilettanti non dilettanti, ma che sono tirati pel sajo dall’urbanità clic, con fatica immane, copre della veste dell’approvazione il sentimento della compassione, e più spesso il meno mite del dispetto. Baccaneschi (Applausi). - Le grida sgangherate, gli urli, i battimani con paline a concavo, il picchiar dei bastoni, i Bravo, Brava cogli a e gli o finali prolungali come colpi di schioppo in un vallone; ecco gli elementi di questa specie di applausi che d’ordinario si sentono ne teatri diurni, ne’ teatri di campagna, non tanto di rado nelle città provinciali, e qualche rarissima volta, come per eccezione, negli stessi teatri delle capitali. Non sono mai segni di vero merito degli attori, nè di buon gusto nell’udienza mentre poi, senza fallo, assicurano esser mista di molti individui facenti eccezione al Galateo. Sgraziati gli artisti che si vedono coronali da sì bastardi allori! si preparino alle moleste corone di ortiche. I prezzolati claqueurs, che sono la vergogna delle platee e de’loggioni, sono i principali agenti che spingono la race moutonnière a colali applausi, che mettono in forse se il teatro sia convegno di gente incivilita o che brama incivilirsi, o piuttosto di facchini, carrettieri, o simili nemici a vita della buona creanza. Prevenzione (Applausi di). - Gli attori, le attrici cantanti che, uscendo dalle quinte vengon salutali da un concorde battimani devono pensare, ma pensare seriamente. che se quegli applausi anticipati sono d’ordinario uò attestato di stima, di bella fama, che vale ben più che non gli Esimj, gli Egregi, gli Incomparabili di certi articoli; sono però in pari tempo un avviso che l’udienza aspetta, pretende molto; c guai! guaj se l’aspettazione venisse delusa! Per qualche sera I’ amor proprio degli uditori non permetterà che disapprovino colui o colei che poco stante applaudivano, ma nelle susseguenti si comincerà dal non pagar anticipato; si vorrà prima sentire, e non sono poi sì rari i casi musico-storici ne’ quali tal artista che coi telegrafi periodici c non periodici aveva mandato innanzi una fama plaudente, si trovò in poco tempo sotto il soffio della zilfolante. L’unico espediente perchè gli artisti possano sostenere il peso di una buona prevenzione non basata su fondamenti solidi, si è un chiaro, un manifesto impegno di fare tutto quanto ponno per mostrarsi grati coi Pubblico. Incoraggiamento (Applausi di). - Un Esordiente che si presenti al cospetto di centinaja, migliaja di leste varie di gusto, criterio, giudizio e cuore, attente cogli occhi, colle orecchie ed aventi tutte il diritto di dare più o meno sensati giodizj sulla voce, sull’intonazione, sul metodo, sulla pronunzia, sulla declamazione, sulla mimica, sul garbo, sulla modestia, sulla figura, ecc,ecc., deve pure trovarsi nel serio impegno, e dà segno di umanità non meno che di gentilezza l’udienza che applaude per far coraggio alla modesta timida donzella, al contegnoso giovine che non si presentino con quell’aria ributtante della presunzione colla quale alcuni male consigliati, peggio educati, suppongono farsi valutare come nati stampati a posta pel teatro, come franconi scenici, ostentando un coraggio che probabilmente copre una conigliesca palpitazione. Tengan ben fisso in mente gli artisti cantanti che se il Pubblico dice loro con un battimani Fatevi coraggio, onde possiate mostrare tutta la vostra abilità, non s’intende mai debbano confondere la franchezza, la sicurezza scenica colla sfacciataggine del saltimbanco; questa offende l’amor proprio del Pubblico, che tosto o tardi si manifesta colla trascuranza,. coi fischi e col lasciar vuote le panche del teatro. (Sarà continuato.) Nicolò Eustachio Cattaneo. MOVE PUBBLICAZIONI MUSICALI DELL I. II. STABILIMENTO NAZIONALE P1UVJLEG.0 DI GIOVANNI BICORDI. 15004 In Partitura Fr. 50. JPairti orchestra 15619 Violino Primo caci, parte Fr. 5 — • Violino Secondo. idem» 3 •— Viole idem n 3 — Basso e Violoncello idem r> 3 — Il Violino Principale e tutti gli stromenti a fiato, complessi» 54 MAIMIA PADOULA Melodramma in 3 parti di Gf. Ro§§! MUSICA DEL MAESTRO Z’ Opera completa per Canto con accompagnamento di Pianoforte Fr. 30. Idem per Pianoforte solo Fr. 18. CORRADO D’ALTAMIRA Melodramma isa 3 Parti di €5. Sacchéro MUSICA DEL MAESTRO wedmto mm L-Opera completa per Canto con accompagnamento di Pianoforte Fr. 30. Idem per Pianoforte solo Fr. i8. iimia a>D mm MUSICA DEL M.° L’Opera completa per Canto con accompagnamento di Pianoforte Fr. 30. Idem per Pianoforte solo Fr. i8. mi®® CONTE DI S. BONIFACIO Melodramma in £ Atti ili T. Solerà MUSICA DEL M.° Z* Opera completa per Canto con accompagnamento di Pianoforte Fr. Idem per Pianoforte solo Fr. -16. GIOVANNI RICORRI EDITORE-PROPRIETARIO. Hall’5. R. SiaMlissaeBBt© Kasiossale Privilegiato di Calcografia, Copisteria e Tifiografia Maasseale di ®I©1AK]¥I RICORRI. Contrada degli Omenoni N 1720. 11