Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 29
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DOMENICA |
DI MILANO |
J. J. Rousseau.
STUDJ BIOGRAFICI.
BIOVAKAT PAISIEllO
Continuazione. Uedi i fogli 24, 25.
j’el 4799 le armi della repubblica
’francese avean posta sossopra
jgl’Italia. «Il trono di Napoli, cosi
si esprime nella già lodata biogr£,fia
d’Paisiello il sig. conte
Folcili no Schizzi, era fortemente minacciato.
I repubblicani, entrati trionfanti in Roma
sotto gli ordini di Championnet s’avviavano
alla volta del regno per conquistarlo. «I reali,
per fuggire al nembo che minacciava la capitale,
ritiravansi in Sicilia, e intanto il Governo
assumeva forma repubblicana. Sgomentato
dalla perdita de’ suoi impieghi, e inquieto
sul suo avvenire, Paisiello, che durante
la guerra non erasi mai allontanato da Napoli,
non si addimostrò ritroso ad adottare
ì principii del novello reggimento politico,
e ottenne per naturai conseguenza il titolo
e gli emolumenti di direttore della Musica
nazionale. Ma indi a non molto, reintegrata
la monarchia de’Borboni, l’insigne
compositore perdette la grazia de’suoi principi
e con essa il titolo di maestro di
cappella della Corte e gli assegni relativi.
Del che fu moltissimo afflitto Paisiello, e
non pretermise supplicazioni ed atti di
pentimento, o veri o simulati, onde ricuperare
i perduti favori. Due anni furono
per lui spesi in questo doloroso ufficio, in
capo ai quali vide soddisfatti i suoi fervidi
voti. Se non che poco tempo dopo,
Bonaparte, già fattosi primo Console, otteneva
dalla Corte di Napoli che Paisiello, pel
quale egli nudriva una speciale predilezione,
si recasse a Parigi ad ordinare e a
dirigere la Cappella Consolare, e il celebre
artista tutto lieto abbandonava la
patria e il munifico monarca italiano nel
cui orecchio suonavano ancora le calde
sue proteste di inalterabile ed eterna devozione,
e trasferi vasi al novello suo posto
sul finire del 1802.
Con isplendida generosità venne trattato
Paisiello da Bonaparte, perocché, oltre
un’ingente somma fattagli sborsare per le
spese del viaggio, ebbe un alloggio sontuoso,
una carrozza di Corte a’suoi ordini,
42 mila franchi di onorario, ed un’annua
gratificazione di altri 48 mila franchi. Se
non vedessimo confermato da altri biografi
questo ultimo computo del sig. Fétis, saremmo
tentali a crederlo esagerato, e tanto
maggiormente dacché il sig. conte F. Schizzi
accenna che oltre i 42 mila franchi di
stipendio, soli 4200 gliene vennero sborsati
per le spese del viaggio e dell’alloggio, la
quale somma ne sembra troppo meschina,
come di soverchio ingente ne parve quell’altra.
Ma sia comunque il fatto, certa cosa è
però che i grandi compositori francesi che
a quel tempo trovavansi a Parigi molta
gelosia e non minore invidia ebbero a provare
del fortunato maestro italiano, al
quale per avventura non attribuivano tutto
il merito di cui poteva a buon dritto vantarsi.
E per conseguenza ecco risvegliarsi
una segreta nimistà tra i partigiani di
Paisiello e i professori del Conservatorio
parigino. Questi, non senza dispetto acerbissimo,
vedevano apprezzarsi sopra modo
nello stile e nelle ispirazioni dell’autore
della Sina quei rari pregi di spontaneità,
di grazia e di facile e abbondevole melodia
di che troppo eran poveri i prodotti delle
loro fantasie più tendenti al genere di
musica drammatico-pittoresco che il proprio
vanto principale ripone nel colpire
la mente e lo spirito dell’uditore, anziché
lusingare l’orecchio e svegliare dolci impressioni
e sentimenti affettuosi. Però, mentre
nel conflitto degli astii di parte, Paisiello
e i seguaci delia scuola italiana da un
lato, Mehul, Cherubini ed altri sostenitori
della francese dall’altro, addimostravansi
poco penetrati della dignità del loro carattere
cl’artista e scendevano a guerricciuole
meschine, l’arte guadagnava grandemente
per gli sforzi di una calda emulazione, e
lentamente progrediva la salutare fusione
dei due generi opposti, già cominciata ai
tempi di Gluck e di Piccini; il genio musicale
italiano rappresentato in Francia dalle
sublimi creazioni di Paisiello influiva sullo
spirito dei compositori antagonisti di questo
grande maestro, e quasi loro malgrado li
costringeva a riconoscere la superiorità
delle doti per le quali la sua musica sì
facilmente destava all’entusiasmo la moltitudine
e otteneva quella popolarità alia quale
l’artista d’ingegno superiore solo allora deve
rinunziare quando è comperata a prezzo
della volgarità delle idee, dell1 abuso dei
falsi mezzi d’effetto, della stravaganza delle
ispirazioni che male si vogliono battezzare
di originalità, e di tutta quella peste degli
artifizi di convenzione e di mestiere che
alla severa filosofia dell’arte sostituiscono le
Grossolane risorse del meccanismo. A coesto
punto di scadimento vorrebbero pur
troppo addurre la composizione melodrammatica
non pochi de’moderni nostri maestri,
ma per buona ventura della scuola
italiana, al tempo che Paisiello la rappresentava
in Francia ella era ancora lontana
da un cosi infelice periodo; e pertanto
grandissima ed ottima influenza esercitò
sul gusto musicale de’ Francesi e presso
di essi addusse al maggior punto il favore
per la nostra Opera e preparò le invidiabili
glorie di Rossini.
Vorremmo occuparci a sviluppare mollo
più partitamente il punto di critica storica
musicale ora solamente di volo accennato,
ove 1 ufficio che ci siamo proposti in questo
scritto non fosse molto più modesto.
Proseguiamo quindi nella nostra narrazione
biografica.
Al tempo in cui Paisiello fu chiamato a
Parigi da Bonaparte, veruna musica esisteva
appositamente scritta per la Cappella consolare, e Paisiello si propose di fòrnirnela
da par suo e compose quindi sedici
offici completi, messe, mottetti, e antifone.
Intanto l’Austria e l’Inghilterra concliiudevano
colla Francia, la prima il trattato
di pace di Luneville, l’altra quello d’Amiens;
e Paisiello, se dobbiamo credere a qualche
biografo italiano, ebbe a ricevere l’incarico di
celebrare tanta ventura con un’apposita cantata,
della quale l’autore della grande Biografia
dei Musicanti non fa cenno.
Ricorda egli bensì una Messa ed un Te
Deum scritti a due cori e a due orchestre
per solennizzare l’incoronazione di Napoleone.
Già l’anno innanzi aveva dato Paisiello
alle scene la Proserpina, infelicemente
riuscita, e per conseguenza si temeva
che il sacro rito e l’Inno di esultanza non
potessero essere da lui musicati colla superiorità
di ingegno che in altra solenne occasione
aveva saputo manifestare, e qual
si richiedeva dalla memoranda circostanza.
Ma il fatto sciolse i dubbi contrari, così
almeno dobbiamo affermare volendo attenerci
alle parole del sig. conte Folchino
Schizzi, il quale scrive: «la Messa fu un
capolavoro che la più severa critica non
avrebbe saputo menomamente attaccare».
Il sig. Fétis, all’incontro, ne assicura che
giunto all’età di sessantadue anni, a quel periodo
cioè dell’umana vita in cui l’immaginazione,
venuta la prima, è pur la prima a voltarci
le spalle, l’autore della Nino, comprese
a qual partito era in lui prudenza appigliarsi
per il meglio della sua gloria. Deciso
a più non correre le incerte sorti delle
scene, o fors’aneo piccato di non avere colla
sua presenza destato in Parigi quel clamore
al quale nella non discreta sua ambizione
erasi preparato, addusse a pretesto la poca
salute di sua moglie per chiedere la sua
dimissione, che non senza difficoltagli venne
accordata. Sotto questo poco lusinghevole aspetto il biografo francese ne rappresenta
quest’atto della vita dell’esimio compositore
italiano; e all opposto nell’offrircelo sotto
un punto di vista lutto diverso, il già citato
sig. Schizzi osserva non essere codesta,
a suo giudizio. la pagina meno onorevole
della storia del nostro artista, come
quella che porge esempio di un’abnegazione
degna d’ogni lode. Or si giudichi in quanti
contrarii modi le umane azioni ponno e
sogliano venire interpretate!
Di ritorno a Napoli Paisiello fu restituito
a’ suoi uffici presso la Corte, della qual
cosa ei fu in parte consolato per i perduti
onori di Parigi: senonchè a quei giorni i
politici rivolgimenti turbavano da uno ad
altro istante le più tranquille esistenze, e
Paisiello avrebbe avuto, al par di tant’altri,
a movere lamento di questa penosa incertezza
di cose, se non era Giuseppe Bonaparte,
il quale, succeduto sul trono di Napoli
a’Borboni, ritrattisi un’altra volta in
Sicilia, riconfermava all’esimio artista, tanto
favorito dall’imperiale fratello, gli impieghi
di Direttore della B. Cappella e maestro
della musica di Camera, ch’egli occupava
presso Ferdinando IV, e fissava a mille e
ottocento ducati i suoi emolumenti. Al tempo
stesso, Napoleone lo faceva insignire
della croce della legion d’onore, alla quale
andava unita una pensione annua di mille
franchi.
A servizio della Cappella della nuova
Corte compose Paisiello ventiquattro complete
musiche di Chiesa, e in occasione
della festa del Re fece rappresentare la
sua ultima Opera i Pitagorici, la quale
gli valse la decorazione dell’ordine del
Regno delle due Sicilie; Giuseppe Bonaparle
gli conferì parimente la nomina di
membro della Società reale delle Scienze
ed Arti di Napoli e di presidente della Direzione
del Conservatorio di musica, il cui
ordinamento era stato sostituito alle vecchie
scuole del regno. La più parte delle
Società accademiche accoglier vollero il
nome del grande compositore napoletano
tra quelli de’ loro membri, e nel 1809
l’Istituto di Francia lo onorò del titolo di
socio straniero.
Allorachè il fratello di Napoleone cedette
il trono di Napoli a Murai per ire ad assidersi
su quello di Spagna, il novello Monarca
conservò a Paisiello tutti i suoi titoli
ed impieghi. Se non che, le vicissitudini
dei troni, sì frequenti nel primo periodo del
nostro secolo, serbavano all’autore dellaNina
lo spettacolo di una seconda ristorazione dei
Bori boni. In una Memoria dettata intorno
a Paisiello, dall’illustre autore della Vita
di Raffaello, ecc., il sig. Quatremère de
Quincy così si esprime nel proposito delle
ultime peripezie della vita del celebre maestro: «Egli visse abbastanza da poter vedere
reintegrata in tutti i suoi diritti l’augusta
famiglia alla quale era debitore dei
primi incoraggiamenti ricevuti, e che costante
nella sua benevolenza protettrice gli
prodigò gli ultimi favori». Noi ameremmo
prestare ampia fede a questa attestazione
di uno scrittore molto lodato per accuratezza
di indagini; ma la imparzialità che
ci siam proposti ne costringe a contrapporre
alle parole del sig. Quatremère altre
improntate di non minor sembianza di verità,
sebbene al tutto oppostamente significative.
Giacomo Gotifredo Ferrari, allievo
del medesimo Paisiello, ne’suoi Aneddoti
piacevoli ed interessanti, riferisce di aver
riveduto il proprio maestro in Napoli alcuni
mesi prima ch’ei si morisse; e con
questi precisi detti ne fa consapevoli della
situazione in che ei trovavasi negli ultimi
anni del viver suo.
«Al nostro primo abboccamento (così
egli) mi parlò di tutte le disgrazie che eran
piombate su di lui. L’affezione ch’ei portava
a Napoleone e alla sua famiglia era
stata cagione che gli fosse tolta la pensione
che in altro tempo ei riceveva da Ferdinando
IV. Le circostanze politiche gli avevano
fatto perdere anche quelle che gli
erano state accordate dalla gran duchessa
di Russia e da Napoleone. Era quindi costretto
a campare coi modici assegni della
R. Cappella, di limitarsi al più stretto necessario,
ecc.».
Un punto importante che riguarda il carattere
morale di Paisiello è oppostamente svolto
dai diversi suoi biografi: «Per l’immensa
sua riputazione fatto superiore a tutte le
piccole passioni ei non conobbe mai il sentimento
della rivalità»; con queste parole
si esprime sul conto di lui la Biografia
Universale degli uomini illustri. Ed il già
ripetutamente lodato ìsig. conte Folchino
Schizzi, nella pregevole sua Memoria, ricordando
l’occasione in cui Rossini ebbe a
scrivere pel teatro di Roma il Barbiere
di Siviglia, ne fa sicuri che Paisiello, ben
lungi dalfaltraversarsfal giovine suo emulo,
adoperò spontaneo a spianargli la via a una
felice riuscita.
Veggasi ora con quali precise parole si
esprime su questo particolare il sig. Fétis
nella già accennata sua biografia di Paisiello.
«Nella sua vecchiezza ei non si mostrò
per nulla generoso verso i giovani
artisti dei quali avrebbe dovuto farsi il
protettore naturale; perocché è noto come
ei trovar sapesse lutto il suo ingegno nel
rigiro contro Rossini, le cui brillanti primizie
annunziavano una gloria novella destinata
a far dimenticare le glorie d’altri tempi».
Non osando farci arbitri in questa spiacevole
discrepanza di giudizii, siam costretti
a limitarci al desiderio che altri, più di noi
felici nelle biografiche indagini, trovi modo
a scolpare l’insigne italiano di tutte le
macchie delle quali in questo nostro scritto
non gli abbiamo fatto grazia.
Ma ora eccoci agli ultimi istanti della
sua vita. Già da alcuni anni aveva sofferti
non pochi insulti la mal ferma sua salute.
I crucci dell’animo e i disinganni finirono
di logorare le poche estreme sue forze; il
giorno 5 Giugno del 181G spirò all’età
di 7S anni. È a supporre ch’egli, per non
so quale debolezza eli spirito, non amasse
essere creduto sì vecchio, ove si noti che
scrivendo ad un amico suo alcuni giorni
prima di morire ei non si dava che G4 anni.
Una messa da morto trovata nelle sue
carte fu cantata a’ suoi funerali. La sera
medesima nel Gran Teatro di S. Carlo si
rappresentò la sua Nina. S. M. il re Ferdinando
1Y e tutta la Corte vi intervennero
per onorare la memoria dell’illustre
compositore morto nella dimenticanza.
In altro apposito breve articolo diremo
alcuna cosa intorno allo stile e al particolare
ingegno musicale di Paisiello, e daremo
anche un quadro sommario delle molteplici
sue composizioni! G. B.
CRITICA MELODRAMMATICA.
Nuove rayiireseutazionì
al teatro Ite.
Mercoledì scorso avemmo a questo teatro
la prima delle tre nuove Opere promesse.
E questa un melodramma tragico
del sig. Monteverde, reso in musica dal
maestro Fabio Campana, intitolato Giulio
cT Este. - Codesto spartito giunse tra noi
1 1.!». A, 1 -. "
carico degli allori colti in più e più teatri, se
stiamo a detta dei giornali, ed in parte
anche alla voce pubblica: dal che ne derivò
forse un cotal grado di prevenzione
favorevole da riuscire dannosa più ch’altro
al suo successo. Se ne incolpi ciò che
più piace, certo si è che la musica poco
o nulla incontrò il comune aggradimento,
quando si eccettui un brevissimo cantabile
nella cavatina del Basso, una cabaletta del
Tenore, ed alcune frasi appassionate nell’ultima
scena. Il restante passò freddo, freddo.
Chi però volesse indagare una qualche
ragione del perchè tra noi la musica del
sig. Campana non abhia piaciuto, mentre
in tanti altri teatri ha pur levato di sé
grande romore, spenderebbe per certo inutilmente
il suo tempo. Sebbene a malincuore,
siam pur costretti a confessare che in
questa circostanza abbiam dovuto dividere
interamente il giudizio degli abituati del
Re, nel condannare questo spartito come
mancante affatto di validi effetti drammatico-teatrali.
Al che vuoisi aggiugnere essere
i canti quasi sempre privi di originalità,
ed anzi più e più volte plagiarj;
che anche allorquando il compositore abbandonasi
alla propria vena, il che succede
assai di rado, appalesansi stentali,
monotoni, indecisi, e mancanti di ferma impronta
ritmica e periodala: che l’istromentale
è povero e sbiadito, l’istromentazione
incerta, e priva affatto, a quanto appare,
di fondata conoscenza de’differenti stromenti,
che la tessitura de’pezzi manca di scopo
allo spicco delle tinte, e che, a compenso
di tulte queste mancanze, ben poco valgono
i pochi canti sovraccennati, che staccati
dal restante, potrebbero tuttavia essere
pegno di migliori cose. E chi lo sa?
Non sarebbe la prima volta che le nostre
pagine avessero a notare una di queste fasi.
- Oltre ai signori Pancani e Bartolini, che
abbiam già nominato con lode, parlando
della riproduzione della Lucia, e che qui
pure si sono conservati nella stessa aura di
favore popolare, abbiamo nella rappresentazione
di questo spartito fatta una nuova conoscenza: ed è quella della signora Goggi
che vi sostiene la parte primaria del soprano.
Questa artista vuol essere lodata per giusta
e molto addentrata conoscenza di canto,
e di ciò che comunemente appellasi possesso
di scena, del quale anzi, per vero
dire ella forse qui abusa alcun poco, stantechè
la ristrettezza del palco scenico del
Re esige, come nella spinta vocale, una moderazione
anche nelle mosse della persona.
Ritornando alla nostra partita principale,
vale a dire a parlare del canto della signora
Goggi, vuoisi osservare che la sua voce tal
quale ora esiste deve dirsi di soprano, percliè
tale è anche la tessitura della sua parte,
e perchè anche essa si appoggia con sufficiente
sicurezza sulle più acute note di
questa chiave. Ma il carattere pesante e
rotondo delle sue note basse e la loro estensione,
e il timbro gutturale ed alquanto
stentato delle voci di mezzo fanno in parte
credere, o almeno sospettare, che quest artista
non fosse altre volte che un semplice
contralto, esteso bensì e tendente al più
al mezzo-soprano. Ed a parer nostro egli
è forse a tale sforzo e a tale spostamento
di tessitura che devesi attribuire quella
mancanza di volume e rotondità, e quella
magrezza che riscontrasi in ispecial modo suoni della sua ottava di mezzo. Cilecche
ne sia la signora Goggi ha la soddisfazione
di poter dirsi soprano, e nell’attuale
epoca di aristocrazia di organi vocali,
siamo quasi trascinati a credere seco
lei esser miglior cosa essere un cattivo soprano
che un buon contralto.
Il che s’intenda osservato soltanto in
massima generale, senza intendere di scendere
a nessun particolare. Certo si è che
vediamo tutto giorno, è vero, de contralti
trasformarsi a tutta forza in soprani o almeno
mezzo-soprani, ma vediamo ancora
di più a perderne bene spesso la prima
voce naturale e non rinvenirvi più le altre.
Sarebbe tempo veramente che si mettesse un
freno a questo sforzare la laringe che su
un centinajo di voci ne sacrifica senza
dubbio ben nove decimi. Lodiamo nella signora
Goggi il suo giusto accentare, abbenchè
cada’talvolta alcun po’nel manierato.
Il suo vocalizzo è bene sviluppato nelle
scale ascendenti e nelle discendenti, ed anche
il suo fiorettare, abbenchè azzardoso,
è quasi sempre netto e di buon gusto;
delle quali doti diede esempj a proiluvio
nella cavatina dell’Ines di Persiani, che
essa credette ben fatto sostituire a quella
dello spartito. Nè vogliamo dimenticare il
bel tratto, allorché abbraccia Giulio nella
scena tinaie, interpretato da lei con rara
perizia d’arte, e vera effusione d alletto. Nulla
possiam dire del libretto, perchè
l’Impresa non ha creduto farlo di pubblica
ragione. Però se dobbiam arguire dal poco
che si vede e che si può giungere a comprendere,
ei sembrami libretto come tant’altri
mancante di novità e d interesse.
Attendonsi fra non molto il Lazzarelio
del sig. Marliani, e il Don Desiderio del
principe Poniatowski, entrambe Opere
nuove per noi. A. MCENNI
NECROLOGIO.
Poiché scopo principale di questa Gazzetta
si è il promuovere nel modo più
efficace tutto che possa recar lustro e vantaggio
all’arte musicale italiana, additando
mano mano quegli eletti ingegni che
sorgono ad onorarla, mi sembra che utilissimo
ufficio sarà quello di consacrare alcuna
di queste istesse colonne a gettare
un fiore onorevole sulla memoria di coloro
che, mercè gli studi indefessi ed un costante
amore dell’arte, seppero raggiungere quell’eccellenza
che a pochi è dato di conseguire.
Quantunque doloroso riesca il ricordare
le virtù di un trapassato pure è
così giusto e debito tributo che nelle anime
gentili non può che trovare un’eco di
corrispondenza.
Sono pochi giorni che, afflitto da lunga
malattia, cessò di vivere in questa ciltà Ce,sare
Bianchi, professore assai valente di
pianoforte ed organista della cattedrale.
Aveva tocca appena l’età di 28 anni che
morte troncò una vita a tutti carissima, e
per le rare virtù ond erà abbellita l’anima
sua e pel raro talento ch’ei possedeva nella
musica. Nato nel territorio cremonese, fu
dal padre provvidamente condotto a Cremona
onde perfezionarlo. Dapprincipio egli
erasi applicato al violino, sul quale istromento
era pervenuto ad eseguire composizioni
di non poca importanza: indi si
applicò con grandissimo amore allo studio
del pianoforte, di cui per altro possedeva
già i primi elementi ed in pochi anni riuscì
ad eseguire le più difficili composizioni
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con tanta superiorità da poter essere chiamato
distinto fra i distinti. Non trascurò
però il violino è la viola, anzi occupava in
questo maggior teatro il posto di primo
violino de secondi e con non minore abilità
egli disimpegnava nei più difficili pezzi
per camera la parte della viola: nel 1838
circa, resosi vacante il posto d’organista
a questa Cattedrale, egli vi concorse e vi
fu prescelto con gran soddisfazione degli
elettori. Si occupò anche della composizione,
ed in alcune cose scritte per orchestra
e per pianoforte ha fatto ammirare
una purezza ed eleganza di stile che sono
uno de’ più bei pregi nelle opere dell ingegno-, „.
11 genere che preteriva era, a quanto
pare, il brillante. Il suo tocco era netto,
l’esecuzione precisa e quello che più importa
sapeva sempre interpretare 1 indole
delle composizioni precisamente secondo
lo spirito di chi le aveva dettate. Non credo
di trascorrere nell’adulazione dicendo che
spesse volte prendeva a prestito f impeto
di Listz, la soavità di Thalberg, l’eleganza
di Herz, de’quali autori con singolare maestria
sapeva eseguire le più magnifiche composizioni.
Uno de’pregi poi che distinguevano
questo complesso di carissime speranze
era una prontezza nell improvvisare
qualunque distinto pezzo, qualità che, senza
offendere l’amor proprio di nessuno, si riscontra
in pochissimi.
Tante belle doti in un essere solo ed
in un’età così giovanile non possono che
far sentire di quanta amarezza sia la sua
perdita: a renderlo vieppiù stimabile e caro
a chi lo conobbe concorse assaissimo una
rara modestia ed una volontà incessante
di sempre più perfezionarsi in quella virtù
che già altamente possedeva. I suoi funerali
furono celebrati con quel decoro che
più si poteva dal dolore unito alla estimazione,
ed il numeroso corteo che accompagnava
la bara all ultimo asilo di noi miseri
mortali attestava abbastanza quali sentimenti
avea lasciato nei superstiti. 11 corpo
dell’orchestra e tutti i lilarmouici artisti e
dilettanti intervennero colla musica militare
alla pietosa cerimonia: una messa di rec/uiern
venne cantala coll accompagnamento
di tutta orchestra... Generale tu il compianto
e profondo il dolore di tutti gli artisti,
i quali meglio degli altri potevano calcolare
1 importanza di una perdita così impreveduta.
Queste nostre poche righe valgano a
sollievo dell’animo nòstro troppo compreso
da tristezza; e rendendo un omaggio sincero
alle virtù del trapassato facciamo voli
alla Provvidenza, affinchè i rari ingegni
non debbano con tanta perseveranza esserci
così presto rapiti.
Cremona li G Luglio 1842.
R-o M-a.
NOTIZIE VARIE.
— Abbiamo nel prevedente numero della Gazzetta
annunciato il programma del concerto da darsi a Parigi
neiia sala del colonnello Thorn a beneficio degli artisti
dell’Opera tedesca; ora brevemente dell’esito. Liszt è
stato il principale benefattore, egli molto ha suonato ed
ha fatto eseguire due cori con sua musica, egli ò stato
in somma il lutto di questo concerto. Le sue reminiscenze
del Don Giovanni, sono riuscite lavoro eccellente
sopra tutto per Parte singolare di ben rannodare
i motivi presi da quell’opera; arte difficile e che ben
maneggiala può in gran parte togliere di mezzo gli inconvenienti
di un cattivo genere di composizione, molto
però alla moda c gradito. Le reminiscenze del Don Giovanni
(dice la Gazzella Musicale di Parigi) sono riescile
un pezzo veramente degno di Mozart e di Liszt.
(guanto poi all’A ve Maria, al ile degli Aulnes ed alla
fantasia sul Roberto il diavolo, Liszt si è mostrato un
esecutore supcriore a sè stesso. A chi ha sentito il gran
suonatore parrà questa un’iperbole, ma che cosa può
essere impossibile a questo Priareo del pianoforte? L’esecuzione
de5 pezzi vocali troppo non è riescila soddisfacente,
e se ne dà la colpa al gran caldo di questi
giorni. Basta, pare che per opera di Liszt, potranno
questi poveri artisti fare buon viaggio per l’Allemagna.
— 11 giovane compositore francese sig. Ferdinando
Lavainne oltre al suo Te Deum del quale abbinili parlato
nel numero precedente, ha pubblicato un De profundis
clamavi, salmo 429 di David. Si loda la gravità
dello stile e la forte e severa maniera del maestro, non però
pare che egli si mostri sutlìeientcmcntc fornito di classici
studii per trattare degnamente il genere religioso. 11
sig. Enrico Blanchard, nella Gazzetta Musicale di Bangi
N. 27, ragionando di queste due sacre composizioni
del Lavainne, trova degna di biasimo la forma moderna
adottata dall autore, c il lusso impiegatovi della completa
istromentazionc d’oggidì. Finché non sarà ragionevolmente
decisa la gran quistionc della musica religiosa.
ci sarà permesso opinare che l’arte debba ingegnarsi
di lodare Iddio con tutti quegli argomenti ond’eila
perfezionandosi si è resa migliore. Certo è però che
queste due composizioni del sig. Lavainne hanno meritato
l’encomio di tutti quelli che le hanno udite.
— La Franco Musicale grida a tutt’uomo contro il
progetto di aprire in Parigi un secondo teatro lirico, al
qual line, come abbiamo annunciato, (Vedi Gazzella
Musicale i. 27) la commissione degli autori presentò
una supplica al ministro dell’interno. L’instituzione
d’un nuovo teatro lirico (dice quel giornale), sarebbe
inutile e dannosa, mentre l’Opóra con 700,000 franchi
di sovvenzione, e l’Opera Comica con 280,000 si sostengono
appena. Dalla risposta del ministro dell’interno
potremo rilevare il merito di questa zelante opposizione
della Franco Musicale c ne renderemo a suo tempo
informati i nostri lettori.
— Lo stipendio assegnato a Mcycrbeer nella sua qualità
di direttore generale della musica del re di Prussia,
è di 3000 talleri all’anno che corrispondono in circa a
franchi 12,000; e potrà godere un congedo di sei mesi
deiranno, così avrà agio di fornire le sue incombenze
c gli affari che ha a Parigi.
— Confermiamo la notizia già data sotto riserbo
del lieto c compiuto successo che ha ottenuto a Versailles
la leggiadra Opera di Luigi Ricci Un’avventura di
Scaramuccia tradotta in lingua francese. Fra le tante Opere
giocose del Ricci questa e quella che ha più spirilo comico,
grazia di stile, e una vena melodica piena di originalità
e di freschezza.
— Il sig. Enrico Karr, compositore distinto, padre del
sig. Alfonso Karr, ha testé ottenuto la decorazione della
Legion d’Onore.
— II celebre pianista Sowinski, clic al presente é a
Londra, ha dato il 17 giugno un grande concerto, nel
quale egli ha eseguito i suoi nuovi studii ed uno scherzo
con gran lode. Egli andrà presto a Baden, al congresso
de’ pianisti europei.
— Una nuova sinfonia di Mendelssohn eseguita a
Londra dalla società filarmonica ha prodotto grande
emozione nell’uditorio.
— La celebre cantante, madamigella Agnese Schebcst,
ha rotto il suo contratto col teatro di Stuttgard; ella rinuncia
per sempre alle scene per unirsi in matrimonio
al dottore Strauss, autore del famoso libro, intitolato:
Fila di Gesù C risto. Questo matrimonio sarà celebrato
a BrusscIIes, ove, si dice, gli sposi novelli contano
fermare loro dimora.
— La Gazzetta Musicale di Parigi raccomanda ia
dilettanti ed artisti cultori dell’oboe le Faria tions sur
un thème originai composte per questo strumento dal
sig. Odoardo Sabon, giovane che dà molto a sperare di sé.
— La sera del 25 giugno al teatro della Regina in
Londra accaddero scene di gran tumulto. Si era annunciata
l’Opera i Puritani, ma per indisposizione della
signora Persiani, si deliberò di sostituire la Beatrice di
Tenda. Alzata la tenda, un fragoroso tumulto di grida
costrinse i coristi ad abbandonare la scena. Il sig. Laurent,
socio del sig. Lumley, si presentò per appagare
le domande che il pubblico aveva espresse fra le grida.
Egli parlava francese, e il pubblico, continuando il rumore,
lo rimandò chiedendo pure che si presentasse il
sig. Lumley. Allora comparve Rubini; il quale parlò al
pubblico in italiano. Nuove grida, nuovi tumulti. Rubini
n’andò a cercare un interprete clic spiegasse al pubblico
le sue parole; ma furono respinti e Rubini e l’interprete.
Finalmente il sig. Lumley si presenta in abito
nero, c come meglio potò, fece sentire clic veramente la
signora Persiani era malata; l’Opera non fu rappresentata: solo si passò al ballo, c così finì presto la serata. Erano
quella sera al Teatro il Ile c la Regina de’ Belgi, la duchessa
di Kent e molti altri personaggi di alto affare.
— Fra le novità pur or pubblicate dall’editore Challiot,
si trova una melodia di F. V. Desvigncs ( Amour
et demence) degna dell’encomio medesimo che meritarono
al loro comparire la Danse des fóes e la Prióre à
la madone, dello stesso compositore.
— 11 sig. Giulio Lceomte, quantunque sia divenuto ottimo
dilettante di musica c quasi artista, egli é però ancora
uno de’romanzieri francesi che più sono in fama. Quanto
prima egli pubblicherà un suo novello romanzo, il quale
mollo ha che fare colle cose di musica, od ha per titolo:
Aventures d-un lénor italica. La Gazzetta Musicale
di Parigi parla con favore di questo libro. Noi ci serbiamo
di darne contezza ai nostri lettori quando sarà
pubblicato in Italia.
— Thalbeig, che ha ottenuto in Londra tanto successo,
e che più volte ha suonato a Corte, parte ora per Boulognc,
ove poco si fermerà; e passando per Parigi, andrà
a Baden, ed ivi starà tutto il mese di agosto. In
ottobre tornerà in Inghilterra, avendo impegno per tutti
i grandi concerti. Andrà poscia in Olanda a passarvi i
mesi di decembre e gennajo. DIZIONARIO MUSICALE
CRITICO-UMORISTICO (I).
Abbigliamento. L’arte del vestire con gusto appropriato
e senza pigliare a scherno la verità del costume
storico, e rispettandola anzi nelle menome particolarità,
dovrebbe essere osservata scrupolosamente, almeno sui
primari nostri teatri cui i governi sono generosi di larghe
dotazioni c privilegi intiniti. Ma troppo spesso veggiamo
i capricci, la vanità, la fantasticaggine degli attori
e delle attrici, in fatto d’abbigliamento, usurpar quell’impero
che una severa edotta direzione dovrebbe esercitare
inalterabilmente. Accade ben spesso il vedere,
nella rappresentazione di un fatto della storia antica o
greca o romana, miste, a cagion d’esempio, delle acconciature
del tempo de’ Crociati o dei Guellì e Ghibellini,
e viceversa nelle azioni spettanti al medio evo i costumi
dell’epoca di Luigi xiv confusi alla ventura con que’ dei
giorni nostri. 11 capo parrucchiere del teatro e il capo
sartore sono i soli oracoli consultati da certi grandi attori
ed attrici melodrammatiche dell’epoca presente, ai
quali nulla importa della appropriata precisione nella
parte decorativa dello spettacolo, purché abbiano potuto
assortire alla bell’c meglio una toelette che dia spicco
alla leggiadria del volto o ai vezzi della persona. Ci ricorda
di aver veduto sulle scene d’un grande teatro rappresentarsi
per parecchie sere consecutive il Bravo di
Mcrcadante, ove una madre figurava (coni’ era in fatto)
di qualche mezza dozzina d’anni più giovane della figlia.
E perchè questo? Perchè l’attrice che faceva da madre
non aveva voluto comparir meno appariscente della rivale!
E simili abusi si tollerano dai direttori! e il pubblico
non se ne risente... e i giornali... oh quanto ai giornali
ne soffrono in pace di ben peggiori!
Le cagioni di questa riproverò anarchia in fatto di
abbigliamento si vedranno alle parole ignoranza, traSC
U15 AGGI VE, VANITA’, DEBOLEZZA, SPILORCERIA.
Applausi (Nel teatro musico).-Dimostrazione di approvazione
manifestata dagli spettatori, ora con battimani,
ora con urbane esclamazioni, ora con voci poco
dissimili dagli* urli, ora col picchiar de’bastoni, soventi
coll’assordantissima Babele di tutti questi eterogenei
elementi. (V. Battimani, Bravo o, Chiamate, Furore,
Fuori). Perciò si distinguono gli Applausi in Unanimi,
Spontanei, Misti, Caldi, Freddi, Baccaneschi, Comprati,
e finalmente applausi di incoraggiumento, e di
prevenzione (V. tutti questi articoli e loro combinazioni
varie).
Unanimi (Applausi). - Segno sicuro che l’Artista ha
qualche merito o intrinseco o estrinseco all’arte, che
guadagna l’animo degli uditori, e questi sono o calmi,
o caldi o freddi (V. queste combinazioni).
Calmi (Applausi unanimi). - Sono sovente indizio o di
una mediocre abilità artistica combinata con evidente
sincera brama di meritare l’attenzione del Pubblico, o
di una mistura di mediocrità d’arte, di aggradevole
aspetto, di modestia, di civiltà, di amore del proprio
dovere. Alcuni di questi pregi accarezzano l’amor proprio
degli uditori e li dispongono ad accontentarsi anche
de’ pochi doni di natura; tante volte arrivano a far anteporre
la mediocrità nell’arte al professorismo o immodesto,
o trascurante il pubblico, o ineducato, del quale
olire non rarissimi esemp.j il teatro lirico. 1 caratteri
fisici che distinguono questa specie di applausi sono
l’uniformità nel modo di manifestarli, il regnarvi una
direi quasi armonia di battimani non assordanti, misti
a qualche Bene; di rado replicali. Essi sono indizio
sincero di civiltà, di bell’animo nell’udienza. L’artista
che li riceve di sovente è sicuro di essere beneviso agii
educati anche fuori del teatro.
Caldi (Applausi Unanimi).-Se la sola bellezza fisica
di un artista femminino giunge ad ottenere di questi
applausi, non si lusinghi della continuazione l’applaudita:
essa vedrà presto discendere la temperatura, e
potrà misurare questo umiliante abbassamento col termometro
variabile della sua epidermide. Ma questi applausi
sono premio costante dell’arte acquistata coll’amore
dello studio, alimentata da’ doni naturali, favorita da
gradevoli sembianze, sostenuta dall’ingegno, onorata
dall’educazione, abbellita dall’onestà. Questi segni
meritati da un’udienza composta di sei ottavi per lo
meno, di persone educate, danno all’artista la sicurezza
eli essere, non solo beneviso, ma ben accolto, desiderato, festeggiato anche fuori del Teatro, e lo assicurano
del consolatorc suono dell’alma pecunia in
contrappunto alla voce della Gloria, ciò che preme non
poco. Questa specie di applausi si riconosce all’irrompere
come salve di moschettcria, appena finito un pezzo musicale,
talvolta dopo una semplice frase eminentemente
melo-drammatica: sono quasi sempre preceduti dal perfetto
silenzio dell’intentique ora tenebant (sempre inteso-rn
un’udienza non rustica, ineducata). Kon sono
misti a grida sgangherate; vengon solo accompagnati da
qualche bravo, brava, bravissimi - Guadagnino gli artisti
i caldi unanimi applausi ed avranno guadagnato
stima, amore, bella fama, e bei quattrini; ma pensino
che questo guadagno non si fa oziando pei caffè o peggio.
Freddi (Applausi unanimi). - Sono per lo più indizio di
un’udienza umana, educata, che ha compassione di
qualche miseria artistica raccomandala al bel cuore degli
spettatori da buone qualità morali, da amabili maniere
dell’artista, tanto più se femminino. Cotali applausi si
distinguono a! moderatissimo romore de’ battimani di
breve durata; non sono mai accompagnati dai Bravi:
(!) Veggansi i N. i e 2 di questa Gazzetta.
Per imprevedute circostanze la persona incaricata
da prima della redazione di questo Dizionario Musicale
non potè continuarlo. Dietro nostra istanza piacque al
nostro collaboratore, il sig. don E. IV. Cattaneo riassumere
il lavoro abbandonato, dandovi principio dalla
parola applausi e promettendo di proseguirlo con suffidente
regolarità. L’Estens.
qualche volta ammettono alcuni di que’ tali Bene di
ambiguo colore che fanno sospettare un po’ di ironia
burlesca; sono per Io più preceduti dal ronzio dialogante
dell’uditorio; d’ordinario cominciano e finiscono come
le fucilate de’ miliziotti terrieri nella festa del patrono.
Gli artisti cantanti che non sanno guadagnar migliori
attestati scenici farebbero prudente cosa col ritirarsi in
tempo dal mare instabile, onde fuggir pericolo di passare
dal freddo al glaciale che confina con Borea sibilante.
Spontanei (Applausi). - Questi sono anche unanimi
in un’udienza incivilita, sono essenzialmente caldi
(V. Caldi-unanimi); escludono ogni idea di prevenzione,
di calcolo; sono un’espressione del cuore degli ascoltatori
che ringraziano quel cantante che seppe divertirli
e commoverli colla dolcezza del canto unita alla polente
verità dell ’azione, che raggiunse il vero scopo
dell’arte bella perchè seppe sentire per far sentire.
Vengono per lo più replicati una volta; soventi sono
preceduti, da qualche Benissimo, Bravissimo, Bracvaa
ma esclamati con voce repressa da chi, non potendo
resistere alla piena del cuore, dimentica un istante che
non si può interrompere il godimento della maggioranza
uditoria senza lesione all’urbanità. Sono perfino qualche
volta preceduti da breve tregua nel moto delle mascoline
farfalle visitatrici de’ palchetti. Queste specie d’applausi
sono premio riservato ai soli cantanti attori favoriti
dalla natura, ben educati nell’arte, colti nello spirito,
e non ignari degli aurei codici di Monsignor Della Casa
c di Melchiorre Gioja.
Misti (Applausi). - Guazzabuglio composto di battimani,
di ziit ziit, di lischj spietati, di bravina,
bravvoo, segno per lo più di poco merito degli artisti,
e senza fallo poi di pòca o nessuna civiltà nell udienza;
segno di prevenzioni appassionate, o di intrighi o di
inonopolj teatrali, di scisma nel cicisbeismo, e simili
povertà umane che fanno nausea al buon-senso,
urtano il sentimento della decenza, disgustano gli uditori
ben educati, e negano al Progresso il biglietto
d’entrata.
Comprali (Applausi). - Illegittimo transitorio acquisto
sul quale mettono pronto sequestro con protesta dei
danni e spese tutti quegli accorrenti al teatro, clic muniti
di due orecchie di giusta dimensione, d’un par
d’occhi educati al bello estetico dell’arte, dotati d’un
cuore di fina fibra, danno ospitale alloggio nel loro cerebro
al buon-senso, al buon-gusto ed al sentimento
di giustizia. Questi applausi sono in generale bacca)teschi
o per lo meno misti (V. Baccaneschi, Misti). Gli
artisti che metton piedi su queste scale per salire in
buona fama e sonora pecunia fanno presto capitombolo
esposti ai disgustosi aiti esecutivi sulla Gloria, sulle
Scritture, sui Quartali, e perfino sull’artistico baule.
Civiltà (Applausi di). - 1 colori caratteristici di questi
applausi sono lo stento, la cortissima durata: più
che al teatro a biglietto tassato appartengono ai teatri
de’Dilettanti, alle accademie musicali a porta gratis,
e soprattutto ai trattenimenti di conversazione (V. Accademie,
Conversazioni). Sono uno sforzo del buongusto,
del buon-senso, del tatto musico degli uditori,
i quali tante volte vorrebbero fischiare spietatamente le
nullità di dilettanti non dilettanti, ma che sono
tirati pel sajo dall’urbanità clic, con fatica immane,
copre della veste dell’approvazione il sentimento della
compassione, e più spesso il meno mite del dispetto.
Baccaneschi (Applausi). - Le grida sgangherate, gli
urli, i battimani con paline a concavo, il picchiar dei
bastoni, i Bravo, Brava cogli a e gli o finali prolungali
come colpi di schioppo in un vallone; ecco gli elementi
di questa specie di applausi che d’ordinario si
sentono ne teatri diurni, ne’ teatri di campagna, non
tanto di rado nelle città provinciali, e qualche rarissima
volta, come per eccezione, negli stessi teatri delle capitali.
Non sono mai segni di vero merito degli attori,
nè di buon gusto nell’udienza mentre poi, senza fallo,
assicurano esser mista di molti individui facenti eccezione
al Galateo. Sgraziati gli artisti che si vedono coronali
da sì bastardi allori! si preparino alle moleste
corone di ortiche. I prezzolati claqueurs, che sono la
vergogna delle platee e de’loggioni, sono i principali
agenti che spingono la race moutonnière a colali applausi,
che mettono in forse se il teatro sia convegno di gente
incivilita o che brama incivilirsi, o piuttosto di facchini,
carrettieri, o simili nemici a vita della buona creanza.
Prevenzione (Applausi di). - Gli attori, le attrici
cantanti che, uscendo dalle quinte vengon salutali da
un concorde battimani devono pensare, ma pensare seriamente.
che se quegli applausi anticipati sono d’ordinario
uò attestato di stima, di bella fama, che vale
ben più che non gli Esimj, gli Egregi, gli Incomparabili
di certi articoli; sono però in pari tempo un avviso
che l’udienza aspetta, pretende molto; c guai!
guaj se l’aspettazione venisse delusa! Per qualche sera
I’ amor proprio degli uditori non permetterà che disapprovino
colui o colei che poco stante applaudivano, ma
nelle susseguenti si comincerà dal non pagar anticipato;
si vorrà prima sentire, e non sono poi sì rari i casi
musico-storici ne’ quali tal artista che coi telegrafi periodici
c non periodici aveva mandato innanzi una fama
plaudente, si trovò in poco tempo sotto il soffio della
zilfolante. L’unico espediente perchè gli artisti possano
sostenere il peso di una buona prevenzione non basata
su fondamenti solidi, si è un chiaro, un manifesto impegno
di fare tutto quanto ponno per mostrarsi grati
coi Pubblico.
Incoraggiamento (Applausi di). - Un Esordiente
che si presenti al cospetto di centinaja, migliaja di leste
varie di gusto, criterio, giudizio e cuore, attente cogli
occhi, colle orecchie ed aventi tutte il diritto di dare
più o meno sensati giodizj sulla voce, sull’intonazione,
sul metodo, sulla pronunzia, sulla declamazione,
sulla mimica, sul garbo, sulla modestia, sulla
figura, ecc,ecc., deve pure trovarsi nel serio impegno, e
dà segno di umanità non meno che di gentilezza l’udienza
che applaude per far coraggio alla modesta timida donzella,
al contegnoso giovine che non si presentino con
quell’aria ributtante della presunzione colla quale alcuni
male consigliati, peggio educati, suppongono farsi valutare
come nati stampati a posta pel teatro, come franconi
scenici, ostentando un coraggio che probabilmente
copre una conigliesca palpitazione. Tengan ben fisso in
mente gli artisti cantanti che se il Pubblico dice loro
con un battimani Fatevi coraggio, onde possiate mostrare
tutta la vostra abilità, non s’intende mai debbano
confondere la franchezza, la sicurezza scenica colla
sfacciataggine del saltimbanco; questa offende l’amor
proprio del Pubblico, che tosto o tardi si manifesta
colla trascuranza,. coi fischi e col lasciar vuote le panche
del teatro.
(Sarà continuato.)
Nicolò Eustachio Cattaneo.
MOVE PUBBLICAZIONI MUSICALI
DELL I. II. STABILIMENTO NAZIONALE P1UVJLEG.0
DI GIOVANNI BICORDI.
15004 In Partitura Fr. 50.
JPairti orchestra
15619 Violino Primo caci, parte Fr. 5
— • Violino Secondo. idem» 3
•— Viole idem n 3
— Basso e Violoncello idem r> 3
— Il Violino Principale e tutti gli
stromenti a fiato, complessi» 54
MAIMIA PADOULA
Melodramma in 3 parti di Gf. Ro§§!
MUSICA DEL MAESTRO
Z’ Opera completa per Canto
con accompagnamento di Pianoforte Fr. 30.
Idem per Pianoforte solo Fr. 18.
CORRADO D’ALTAMIRA
Melodramma isa 3 Parti di €5. Sacchéro
MUSICA DEL MAESTRO
wedmto mm
L-Opera completa per Canto
con accompagnamento di Pianoforte Fr. 30.
Idem per Pianoforte solo Fr. i8.
iimia a>D mm
MUSICA DEL M.°
L’Opera completa per Canto
con accompagnamento di Pianoforte Fr. 30.
Idem per Pianoforte solo Fr. i8.
mi®®
CONTE DI S. BONIFACIO
Melodramma in £ Atti ili T. Solerà
MUSICA DEL M.°
Z* Opera completa per Canto
con accompagnamento di Pianoforte Fr.
Idem per Pianoforte solo Fr. -16.
GIOVANNI RICORRI
EDITORE-PROPRIETARIO.
Hall’5. R. SiaMlissaeBBt© Kasiossale Privilegiato
di Calcografia, Copisteria e Tifiografia Maasseale di ®I©1AK]¥I RICORRI.
Contrada degli Omenoni N 1720.
11