Fotografie matrimoniali/Prefazione
Questo testo è stato riletto e controllato. |
◄ | Fotografie matrimoniali | I | ► |
PREFAZIONE
Sfogliando la raccolta del Pungolo della domenica dove queste Fotografie matrimoniali apparvero la prima volta e guardando il nome degli scrittori che vi collaborarono, con intendimenti e con mezzi ora quasi del tutto dimenticati, provai un senso di malinconia che i giovani i quali mi leggono oggi non possono forse comprendere se non rammentando l’impressione da essi stessi ricevuta quando, in mezzo ai fogli di un libro, trovano un fiore vizzo.
Quanti ideali tramontarono in questi ultimi anni! Quanti canoni d’arte, allora fiorentissimi, giacciono per il momento tra i ferravecchi, aspettando colla immobile filosofia dei sistemi che uno scrittore dell’avvenire vada a rintracciarli per rimetterli in circolazione. E quante storie intorno a quei nomi! Storie meste di forze infrante, di vite perdute dietro ingannevoli miraggi, ingannatrici al pari che ingannate; storie pure di vittoriosi a cui la fortuna arrise cingendoli di lauri colle bacche d’oro e che devono ora — dalle morbide poltrone dei loro salotti — riguardare quelle pagine precisamente come faceva colui «giunto fuor dal pelago alla riva…»
Altre considerazioni ancora si potrebbero fare intorno al vecchio giornale ingiallito, ma non mi sembrano qui opportune e forse alla loro mestizia non saprei intrecciare fronda alcuna. Le lascio intatte a qualche paziente frequentatore di biblioteche che volesse divertirsi a fare dei confronti.
Le fotografie matrimoniali, ripresentandosi al pubblico in questa lusinghiera raccolta che si intitola dei Semprevivi, dichiarano subito di rinunciare per conto loro a qualsiasi concorrenza per l’immortalità. Come il sostantivo fotografie indica, sono macchiette prese a volo; pose ed espressioni côlte nella vita solita, sopra fisionomie comuni. Non hanno intendimenti d’arte, salvo il debito rispetto, e corrono leste per la loro via nella stessa guisa di scolaretti senza pensieri, facendo un po’ quello che i francesi chiamano l’école buissonière, raccattando cioè fiori e farfalle lungo il sentiero.
Lieve bagaglio: dirà qualcuno. Sì, lieve; appunto come i bei giorni di primavera che passano per non più ritornare; come il raggio di sole che raccoglie una immagine fuggitiva e la fissa sulla carta nella attitudine irrevocabile dell’istante.