Fingal poema epico di Ossian/Ossian (Giacomo Macpherson)
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Traduzione dall'inglese di Melchiorre Cesarotti (1763)
(Giacomo Macpherson)
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OSSIAN
(GIACOMO MACPHERSON)
Giacomo Macpherson, letterato scozzese, celebre per la pubblicazione dei Poemi d’Ossian, nacque nel 1738 a Ruthven, nella contea d’Inverness, e morì il 17 febbrajo 1795. Destinato dai suoi parenti alla professione ecclesiastica, fece gli studi nel collegio del Re ad Aberdeen. Lasciando il collegio, si fece maestro di scuola, ed in questa umile posizione pubblicò nel 1758 un poema intitolato l’Highlander. Dicesi avesse scritto prima alcuni altri opuscoli poetici, come un poema sulla Morte ed un poema intitolato Il Cacciatore, primo abbozzo dell’Highlander.
Poco dopo inviò allo Scots Magazine alcune composizioni in versi, pochissimo segnalate, ma che più tardi furono tolte dall’oblio e citate come documenti giustificativi nella famosa polemica, sull’autenticità dei poemi d’Ossian.
Incominciavano ad occuparsi dei canti popolari dei montanari o Highlanders scozzesi; lo storico Adamo Ferguson, montanaro anch’esso, pel primo diede la sveglia a questo soggetto. I suoi amici, il dottor Carlyle, ministro d’Inverness, che aveva numerosi conoscenti fra i letterati di quel tempo, e Giovanni Home, l’autore del Douglas, seguirono il suo impulso. Nell’autunno del 1759, Carlyle e Home incontrarono Macpherson, che mostrò loro alcuni frammenti di poesia gaelica (il gaelo o gaelico è il dialetto nativo degli Highlands) e condiscese a tradurli. Queste traduzioni, comunicate al dottor Blair, a Shenstone, a Gray, eccitarono grandemente la loro ammirazione; esse furono pubblicate nel 1760 sotto questo titolo: Fragments of ancient Poetry, collected in the Highlands of Scotland, and translated from the gaelic, or Erse language, con una prefazione anonima di Blair. Questi frammenti erano in numero di sedici. L’effetto ne fu tale, che la facoltà degli avvocati di Edimburgo fece una sottoscrizione che fornì a Macpherson i mezzi di visitare gli Highlands collo scopo di raccogliervi altri canti gaelici. Macpherson portò a Londra i prodotti veri o fittizii di tal investigazione e li pubblicò in due volumi che vennero successivamente pubblicati: il primo nel 1762 sotto il patronato di lord Bute, col titolo di Fingal, an epic poem in eight books with other lesser poems; il secondo nel 1763, col titolo di Jemora, an epic poem in eight books, with other poems. Queste produzioni, la cui autenticità fu però messa in dubbio da più critici, trovarono ammiratori entusiasti ed aprirono all’editore la via alla fortuna. Nel 1764 diventò segretario particolare del capitano Johnstone, governatore di Pensacola. Nominato poi ispettore generale delle Floride, visitò le Indie occidentali, ed al suo ritorno in Inghilterra nel 1766, ricevette una pensione di 200 sterline che godette fino alla morte.
Benchè le opere di Macpherson attestino un certo talento, e l’autore fosse un uomo abilissimo che non si lasciava sfuggire veruna occasione di aumentare la sua fortuna e la sua fama, tuttavia non l’avrebbero forse fatto uscire dall’oscurità se egli non fosse stato l’editore di Ossian.
Secondo l’editore, i Poemi d’Ossian erano una traduzione fatta da lui medesimo sopra antichi manoscritti ersi da lui raccolti negli Highlands di Scozia. Siffatti manoscritti contenevano composizioni autentiche di Ossian, poeta highlandese che viveva verso il mezzo del terzo secolo dell’era cristiana e le cui opere si erano trasmesse oralmente di bardo in bardo fino all’introduzione della scrittura nelle montagne della Scozia. Il più gran critico di quel tempo, il dottor Johnson, dichiarò che tutte queste asserzioni erano false, che i poemi attribuiti ad Ossian erano un’impostura, e sfidò Macpherson a produrre un solo manoscritto d’un poema erso più antico del decimosesto secolo. Anche Hume e Gibbon si espressero, benchè con maggior riserbo, contro l’autenticità dei poemi d’Ossian. D’altra parte Blair li difese in una dissertazione critica, più eloquente che solida, e Henry nella sua Histoire de la Grande-Brétagne si fondò sulla loro testimonianza per dipingere i costumi primitivi degli abitanti della Scozia. Lord Karnes, nei suoi Schizzi dell’Uomo, invocò pure la loro autorità, in appoggio alle sue teorie. Il traduttore italiano Cesarotti non si peritò di collocare Ossian a livello se non al di sopra di Omero. Arturo Young si espresse nel medesimo senso e, per orgoglio nazionale, tutti gl’Highlanders difesero il loro poeta gaelo contro gli sforzi d’una critica troppo chiaroveggente. Ma nella stessa Scozia, nelle terre basse, è vero, si levò un avversario più formidabile di Johnson, perchè meglio informato.
Malcolm Laing aggiunse al secondo volume della prima edizione della sua History of Scotland una dissertazione nella quale si sforzò di assodare mediante prove tolte dalla storia e dalla verosimiglianza, che i Poemi d’Ossian erano senza eccezione intieramente ipotetici. Egli ritornò all’assalto in una edizione di Ossian. Segnalò con un’erudizione ingegnosissima i plagi del preteso bardo gaelico. La Bibbia, i poeti greci, i poeti latini, i poeti inglesi furono messi a contribuzione da Macpherson per il suo mosaico celtico. Gli Highlanders non si diedero per vinti. L’Highland Society d’Edimburgo formò nel 1797 un comitato per aprire un’inchiesta sull’autenticità dei Poemi d’Ossian. La commissione, presieduta da Enrico Mackenzie, procedette con uno zelo coscienzioso e presentò nel 1805 il suo rapporto che concludeva coi quesiti e le risposte seguenti:
«Ha esistito anticamente nell’alta Scozia una poesia conosciuta sotto il nome di ossianica, e quale ne era il merito? La raccolta pubblicata da Macpherson è autentica? Sul primo punto la commissione risponde senza difficoltà che tale poesia ha esistito, ch’essa era generalmente sparsa, ch’essa aveva un carattere commovente e sublime. Sul secondo punto la commissione risponde essere difficile dare una risposta categorica. Essa dichiara però di aver raccolto del frammenti di poemi che contengono spesso la sostanza o talvolta quasi le espressioni medesime di passi contenuti nei poemi di cui Macpherson ha pubblicata in traduzione, ma nessun poema identico pel titolo e pel soggetto. Essa crede che questo scrittore avesse l’abitudine di riempire lacune, di collegare frammenti sparsi, inserire passi nuovi, di potare frasi, di addolcire incidenti, di forbire il linguaggio, infine di modificare ciò che gli sembrava troppo semplice o troppo rozzo per un orecchio moderno e di rialzare ciò che gli pareva inferiore all’ideale della poesia. La commissione soggiunge esserle impossibile determinare fino a qual punto Macpherson abbia usato di siffatta licenza. »
La commissione pubblicava contemporaneamente alcuni frammenti brevissimi raccolti negli Highlands, la descrizione d’un carro, d’un combattimento, d’uno scudo. Era poca cosa, ma bastava per provare che le poesie d’Ossian avevano qualche reale combattimento. I partigiani del preteso poeta gaelo continuarono dunque a credere alla sua autenticità, e fino all’anno 1837 negli Highlanders of Scotland, their origine, History and Antiquities, pubblicati da F. Shene a richiesta dell’Highland Society di Londra, si trovano asserzioni positive come queste: « I poemi d’Ossian contengono un corpo completo d’antiche storie verificate; Ossian come poeta storico ha il più gran valore; sia antica o moderna la redazione della maggior parte di questi poemi, non si può dubitare ch’essi contengano le più antiche testimonianze d’un’epoca remotissima. »
Che partito prendere fra tali contraddittorie asserzioni? I fatti noti permettono di abbracciare un partito?
Dei diversi dialetti parlati dalle nazioni gaeliche che abitavano le parti occidentali dell’Europa ai tempi di Giulio Cesare, l’irlandese probabilmente è quello che ha sofferto meno pel miscuglio con altre lingue. L’erso parlato dagli Highlands di Scozia somiglia tanto all’irlandese, che si può considerarlo piuttosto come un dialetto che come una lingua distinta. Ma mentre l’irlandese è stato scritto sino dai primi tempi dell’êra cristiana e fors’anche prima, e conta non solo dei bardi, ma anche degli annalisti, dei quali alcuni manoscritti risalgono fino al IX secolo, non vi è alcuna prova che l’erso sia stato scritto prima del XV o del XVI secolo. Se i poemi pubblicati da Macpherson sono stati composti da Ossian in erso alla fine del IV secolo, dovettero essere conservati per tradizione orale dodici o tredici secoli, il che è assai poco verosimile. L’irlandese, nonostante l’immenso vantaggio d’essere stato fissato colla scrittura, ha subìto tante alterazioni, che i manoscritti più antichi sono appena compresi anche dai dotti, ed alcuni sono persino inintelligibili.
Il gaelico, non scritto, e parlato da un popolo ignorante almeno come gl’irlandesi, dovette subire cambiamenti simili, e se esistessero ancora dei poemi realmente composti nel IV secolo, riuscirebbe impossibile il comprenderli.
Macpherson pubblicò il testo erso del VII libro di Temora; ma la stampa fu fatta sopra una copia sua particolare, e l’originale non venne giammai prodotto. Macpherson di Strathomashie, che pretendeva di avere coadiuvato a trascrivere i poemi, sia dietro vecchi manoscritti, sia dietro la tradizione orale, dice che uno di quei vecchi manoscritti datava dal 1410. Lord Kames afferma che i primi quattro libri di Fingal furono copiati da un manoscritto gaelico su carta velina del 1403, trovato dal traduttore nell’isola di Sky. Evidentemente lord Kames non fa che ripetere un racconto di Macpherson senza aver veduto egli stesso un manoscritto che non fu mai prodotto. Il più antico manoscritto scozzese conosciuto, la Cronaca di Winton, nella biblioteca reale di Edimburgo, non risale oltre il 1420.
Le fonti autentiche addotte da Macpherson e dai suoi amici erano assai numerose, ma all’esame si trovarono tutte false. Una di tali fonti originali era, dicesi, il Red Book (Libro Rosso, libro di canzoni) del bardo della famiglia Clauronald; esso trovavasi in mano di Macpherson e conteneva alcuni dei poemi tradotti da lui. Il possessore fu forzato dalla minaccia d’un processo giudiziario da parte della famiglia Clauronald a produrre il libro, che era datato dall’8 settembre 1726 e non conteneva che un solo canto relativo ad Ossian e una piccola ballata sulla longevità dei Fiani.
Se il preteso traduttore di Ossian fosse stato di buona fede, avrebbe avuto una risposta facilissima a tutti gli assalti; era la pubblicazione degli originali. I suoi concittadini per rimborsarlo delle spese di stampa, fecero una sottoscrizione di mille sterline che gli vennero consegnate. Egli le serbò fino alla morte senza farne l’uso desiderato, e lasciò ai suoi esecutori testamentari la cura di pubblicare gli originali ersi. Essi vennero alla luce sotto questo titolo: The Poems of Ossian, in the original gaelic, with notes and observations, by John M. Artur; Londra, 1807, 3 volumi, in-8°. Il testo era accompagnato da una traduzione latina letterale di Roberto Macpherson e preceduto da una dissertazione sulla autenticità dei poemi di sir John Sinclair. Per disgrazia questo manoscritto originale era tutto di pugno di Macpherson, che senza verun dubbio aveva ritradotto il suo inglese gaelico. Il tempo per far codesto non gli era mancato, nè le cognizioni, perchè l’erso era la sua lingua nativa. La dissertazione non aggiungeva nulla agli argomenti già prodotti e non si segnalava che per eccesso di credulità. Che inferire da tutto ciò? Che l’Ossian di Macpherson è una soperchieria. Esistono in gaelico e sopratutto in celtico o irlandese delle ballate nelle quali sono celebrati gli eroi ossianici. La biblioteca dell’università di Dublino contiene un’ampia collezione di siffatte ballate, e miss Brooke ne ha pubblicato parecchie con una traduzione inglese nel 1789. Sussistono pure in Irlanda ed in Iscozia delle tradizioni relative a Fingal, ad Ossian. Tali tradizioni e ballate non furono inutili a Macpherson e gli permisero di dare una parvenza speciosa a cotesta ardita supposizione che si impose a quasi tutti i suoi contemporanei e si mantiene ancora alquanto viva nella posterità. La finzione di Ossian è uno dei rari esempi d’una leggenda formata intieramente nel cuore d’una epoca storica e con tutta l’autorita d’una narrazione reale.
Secondo i Poemi d’Ossian, Fingal era re di Morven (senza dubbio l’Argyleshire e le parti adiacenti dei West-Highlands) ed abitava il palazzo di Selma (nome fino allora ignoto) ove regnavano suo padre, suo nonno, Frathal, e suo bisnonno, Trenmor. Ossian era figlio di Fingal, ed Oscar figlio di Ossian. Di questo reame e di questi re non si trova la minima traccia negli annali degli Highlands e dei clan scozzesi. Però alcune ballate erse ed alcune tradizioni highlandesi parlano di Fingal, e di Ossian come di eroi highlandesi, mentre in altre essi sono menzionati come irlandesi. Gli annalisti ed i bardi irlandesi, molto più sodi nei loro racconti, si accordano nel fare di Fingal il genero di Cormac, re di Leinster ed il comandante dei Finna Erinn, tribù militare dell’Irlanda. Fingal aveva il suo palazzo ad Almhuim o Allen, nel Leinster e morì nel 273.