Libro terzo - Capitolo 66
Faceva la reina grandissimo pianto, mentre Florio diceva queste parole, dicendo: - Oimè, caro figliuolo, che parole son queste che tu di’? Cessino gl’iddii che tu possi vedere di noi ciò che tu di’ che ne disideri di vedere, avvegna che niuna maraviglia sia del tuo parlare, imperciò che, sì come adirato, parli sanza consiglio. Niuna creatura t’amò mai, o potrebbeti amare, quanto tuo padre e io t’abbiamo amato e amiamo: e ciò che noi abbiamo fatto, solamente perché la tua vita più gloriosa si consumi, che oramai non farà, l’abbiamo adoperato. Perché dunque ci chiami crudeli e disideri la nostra morte? Maladetta sia l’ora che il tuo padre assalì gl’innocenti pellegrini. Ora avesse egli almeno tra tanta gente uccisa colei che nel suo ventre la nostra distruzione in casa ci recò! Oh, ella niuna cosa disiderava tanto quanto la morte, e intra mille lance stette, e niuna l’offese. I suoi iddii, più giusti che i nostri, non vollero che tale ingiuria rimanesse impunita. Ora mi veggo venire adosso quello che detto mi venne ignorantemente, quando la maladetta giovane per noi nacque, la quale recandolami in braccio, dissi lei dovere essere sempre compagna e parente di te. Ora il veggo venire ad essecuzione -.