Libro terzo - Capitolo 61
Con grandissima pena sostenne Florio le parole dello iniquo re, ma poi ch’egli si tacque, Florio, gittata una grandissima voce, disse: - Ahi, malvagio re, di me non padre ma perfidissimo ucciditore, tu m’hai ingannato e tradito! -. E messesi le mani nel petto, dal capo al piè tutta si squarciò la bella roba, e cadde in terra con le pugna serrate, e con gli occhi torti nel viso sanza alcun colore rimaso, risomigliando più uomo morto che vivo. Ma dopo picciolo spazio ritornato in sé, e alzata la testa di grembo alla madre, incominciò a dire: - O iniquo re, perché l’hai uccisa? Che aveva la giovane commesso ch’ella meritasse morte? Tu se’ stato cagione della morte di lei, e ora credi con lusinghevoli parole sanare la piaga che il tuo coltello m’ha fatta, la quale altro che morte mai non sanerà. Ora se’ contento, iniquo re! Omai hai quello che lungamente hai disiderato: ma io ti farò tosto di tal festa tornare dolente! -. E poi ricadde in grembo alla madre tramortito. E così piangendo e battendosi, sanza volere udire alcun conforto da nullo che vi fosse, tutta la notte stette, faccendo piangere chiunque il vedea, tanto era pietoso il suo parlare, che col doloroso pianto mescolato faceva.