Libro terzo - Capitolo 54
Nettunno tenea i suoi regni in pace e Eolo prosperosamente pingeva l’ausonica nave a’ disiati liti, sì che avanti che Febea, nel loro partimento cornuta, avesse i suoi corni rifatti eguali, essi pervennero all’isola che preme l’orgogliosa testa di Tifeo. E quivi, di rinfrescarsi bisognosi, là ove Anchise la lunga età finì, presero porto, e, onorevolemente ricevuti in casa d’una nobilissima donna chiamata Sisife, a’ mercatanti di stretto parentado congiunta, più giorni quivi si riposarono. Con la quale Sisife dimorando Biancifiore, e nella mente tornandole alcuna volta Florio e la dolente vita, la quale egli dovea sentire poi che saputo avesse la partita di lei, pietosamente piangea, e con tutto che la sua speranza fosse buona e ferma, non cessava però di dubitare, né per quella potea in alcun modo porre freno alle sue lagrime. La qual cosa Sisife vedendo un giorno così le disse: - Dimmi, Biancifiore, se gl’iddii ogni tuo disio t’adempiano, qual è la cagione del tuo pianto? Io ti priego, s’elli è licito ch’io la sappia, che tu non la mi celi, però che grandissima pietà, che di te sento nel cuore, mi muove a questo voler sapere: la qual cosa, se tu mi dirai, tale potrà essere che o conforto o utile consiglio vi ti porgerò -. A cui Biancifiore disse: - Nobile donna, niuna cosa vi celerei che domandata mi fosse da voi, solo ch’io la sapessi: e però ciò che dimandato avete, volontieri la vostra volontà ne sodisfarò, avvegna che invano consiglio o conforto mi porgerete. Io, dal mio nascimento isfortunata, non saprei da qual capo incominciare a narrare i miei infortunii, tanti sono e tali. Ma posto che sieno stati e sieno al presente molti, solamente amore mi fa ora lagrimare, con ciò sia cosa che io, più che alcuna giovane fosse mai, mi truovo nella sua potenza costretta per la bellezza d’un valoroso giovane chiamato Florio, figliuolo dell’alto re di Spagna, il quale è rimaso là onde io misera mi partii con questi signori della nave, i quali me comperata schiava portano, e non so dove. E ben che l’essere io di costoro mi sia grave, leggerissima riputerei questa e ogni altra maggiore avversità, se meco fosse il signore dell’anima mia, o in parte che io solamente alcuna volta il giorno vedere lo potessi. Ma non che alcuna di queste cose m’abbia la fortuna voluto concedere, ma ella solamente non sofferse che io vedere il potessi nella mia partita, o udire di lui alcuna cosa: anzi ingannata e semiviva, e tutta delle mie lagrime bagnata, fui di Marmorina tratta, ove io l’anima e ogni intendimento ho lasciata con colui di cui io sono tutta. E sanza fine mi maraviglio come dopo la mia partenza, considerando allo intollerabile dolore ch’io ho sostenuto, m’è tanto la vita durata: ma la morte perdona a’ miseri le più volte! -. E qui lagrimando, bassò la testa e tacquesi. E Sisife così le cominciò a parlare: - Bella giovane, non ti sconfortare: sanza dubbio conosco il tuo infortunio essere grande e il dolore non minore che quello; ma per tutto questo, posto ch’è perduto il luogo ove meno dolore che qui sentivi, non dee però essere da te la speranza fuggita. E, appresso, nella presente vita si conviene le impossibili cose rifiutare, e l’avverse con forte animo sostenere. Niuno mai fu in tanta miseria che possibile non gli fosse l’essere in brieve più che altro felice. I movimenti della fortuna sono varii, e disusati i modi ne’ quali ella i miseri rileva a maggiori cose. Se a te pare impossibile di dover mai ritornare là ove Florio di’ che lasciasti, né mai speri di rivederlo, fa che tu ti sforzi d’imaginare di mai non averlo veduto, e ogni pensiero di lui caccia da te. E quando tu riposata sarai là ove costoro ti portano, tu ne vedrai molti de’ quali non potrà essere che alcuno non te ne piaccia, e niuno sarà a cui tu non piaccia: colui che ti piacerà, colui sia il tuo Florio. Or conviensi che la tua bellezza perisca per amore d’un giovane, il quale avere non si può oramai? -. Quando Biancifiore ebbe per lungo spazio ascoltato ciò che Sisife le parlava, ella alzò la testa e disse: - Oimè, quanto male conoscete le leggi d’amore! Certo elle non sono così dissolubili come voi nel parlare le mostrate. Chi è colui che possa sciogliersi e legarsi a sua volontà in sì fatto atto? Certo chi è colui che ’l fa, e far lo può, non ama, ma imponsi a se medesimo falso nome d’amante, però che chi bene ama, mai non può obliare. E come per niuno altro potrò io dimenticare il mio Florio il quale di bellezza, di virtù e di gentilezza ciascuno altro giovane avanza? E quando alcuna di queste cose in sé non avesse, sì n’è in lui una sola, per la quale mai per alcuno altro cambiare nol dovrei: che esso ama me sopra tutte le cose del mondo -. - Fermamente conosco - disse Sisife - che tu ami e che le tue lagrime da giusta pietà procedono; ma piacciati confortarti, ché impossibile mi pare che sì leale amore gl’iddii rechino ad altro fine, che a quello che tu e esso disiderate -.