Libro terzo - Capitolo 53
Sanza più parlare si partì il divino consiglio, e amendue le dee, lasciati i luoghi, con lieto aspetto nel sonno si mostrarono alla dormente giovane. E Diana, che in quello abito propio che portare solea alle cacce, inghirlandata delle fronde di Pallade, l’apparve, e così le disse: - O sconsolata giovane, l’avermi ne’ sacrificii, renduti agli altri iddii per lo tuo scampo, dimenticata, giustamente verso di te mi fece turbare: per la quale turbazione, essendone io stata cagione, hai sostenute gravose avversità. Ma ora i tuoi prieghi hanno addolcita la mia ira, e divenuta sono verso di te pietosa: per la qual cosa ti prometto che la dimandata grazia infino alla disiderata ora ti sarà da me conceduta, né niuno sarà ardito di levarti ciò che tu nel cuore hai proposto di guardare -. Ma Venere, che tutta nel cospetto di Biancifiore di focosa luce sfavillava, involte le nude carni in uno sottilissimo drappo porporino, e coronata dell’amate frondi di Febo, così le disse: - Giovane, a me divota e fedelissima suggetta, lascia il lagrimare, e nelle presenti avversità e nelle future con iguale animo ti conforta. Tu hai co’ tuoi prieghi mosse a pietà le nostre menti, e spera che tu sarai da Florio ricercata: e in quella parte nella quale più ti parrà impossibile di doverlo potere avere o vedere, tel troverai nelle tue braccia ignudo -. E queste cose dette, sparvero, e Biancifiore si svegliò: e lungamente pensando alle vedute cose, molto conforto riprese, e con lieto viso a Glorizia queste cose tutte raccontò; di che insieme prendendo buona speranza di futura salute, fecero maravigliosa festa.