Libro terzo - Capitolo 10
Accordatisi costoro a questo, segretamente si misero a cercare di trovare alcuna giovane, la quale, il più che trovare si potesse, simigliasse Biancifiore, imaginando che quella più graziosa che alcuna altra gli sarebbe, e più tosto il potrebbe recare al disiderato fine. E cercando questo, da alcuno, il quale sempre in compagnia di Florio soleva andare, fu loro mostrate due giovanette di maravigliosa bellezza e di leggiadro parlare ornate, e discese di nobili parenti, le quali, secondo il detto di colui che le mostrò, assai delle bellezze di Florio si dilettavano, non come innamorate, però che non si sentiano eguali a lui, onde con la ragione raffrenavano la volontà. Le quali come costoro conobbero, assai si contentarono, dicendo: - Prendiamle amendune, poi che Florio piace loro: elle s’ingegneranno bene di recarlo al loro piacere, e là dove l’una fallisse l’altra supplirà -. E questo diliberato, sotto spezie d’invitarle ad una festa, le si fecero chiamare all’ostiere. Le quali venute davanti al duca e ad Ascalion, il duca così disse loro: - Giovani donzelle, nostro intendimento è di voler Florio di bella mogliere accompagnare; e cercando in questa città di donna che degnamente a lui si confacesse, nulla n’abbiamo trovata di tanta bellezza, né di sì belli e laudevoli costumi, come voi due ci siete state laudate: e però per voi abbiamo mandato, acciò che voi proviate se lui da uno intendimento che egli ha possiate ritrarlo e recarlo al vostro piacere, per donargli poi per mogliere quale di voi due più gli piacerà -. A cui l’una di queste, chiamata Edea, così rispose: - Signor nostro, noi ci maravigliamo non poco delle vostre parole, con ciò sia cosa che noi manifestamente conosciamo noi non essere giovani di tanta nobiltà dotate, quanta alla grandezza di Florio si richiede: e, d’altra parte, l’altissime ricchezze ci mancano, le quali leggiermente i difetti della gentilezza ricuoprono. E però caramente vi preghiamo che di noi voi non facciate scherno, e ancora vi ricordiamo che, sì come voi dovete del nostro onore essere guardatore, sì come buono e legittimo signore, che voi non vogliate esser cagione di cotal vergogna, però che pensar dovete che se a voi e a’ vostri noi siamo picciole, noi siamo a’ nostri grandissime e care -. Allora il duca rispose: - Giovani donzelle, non crediate che io mi recassi a tanta viltà, quanta questa sarebbe, se questo fosse che voi dite, per farvi perdere il vostro onore; ma io vi giuro per l’anima del mio padre e per li nostri iddii che io quello che detto v’ho, lealmente v’atterrò, se alcuna di voi gli piacerà -. Disse Edea: - Poi che con giuramento l’affermate, noi faremo il vostro piacere. Ditene come elli vi piace che noi facciamo, e così sarà fatto: poi gl’iddii concedano questa grazia a chi più n’è degna di noi due -. Rispose il duca: - Il modo è questo. Voi sì v’adornerete in quella maniera che voi più crediate piacere, e andretevene sanza alcuna compagnia nel nostro giardino, nel quale egli è costumato di venire ogni giorno, sì tosto come i raggi del sole incominciano a essere manco caldi, usciretegli incontro, faccendogli quella festa e mettendolo in quel ragionamento che più crederete che piacevole gli sia: poi quale egli eleggerà di voi due, quella dico che sarà sua -.