Libro quarto - Capitolo 89
- O poco savio, quale stimolo a tante pericolose cose infino a qui t’ha mosso e vuole a maggiori da quinci inanzi muovere? Niuna cosa, se non una femina, amata da te oltre al dovere. Ora è egli licito l’amare altrui più che sé? Certo no, ché ogni ordinato amore incomincia e procede dall’amare se medesimo: dunque ama più te che questa femina. "E così fo io". "Non fai, ché se tu più te amassi, tu non cercheresti i pericolosi casi per la sua salute, dove la tua agevolmente si può perdere". "La mia non si perderà". "E chi te ne fa certo?". "La speranza ch’io porto agl’iddii che m’aiuteranno". "Gl’iddii aiutano coloro che per debita ragione si mettono a non strabocchevoli pericoli e lasciano perire chi n’ha voglia, come pare che tu abbia". "Adunque come debbo fare?". "Lasciala stare". "Io non posso". "Sì, potrai, se tu vorrai". "E che vita sarà la mia sanza amore?". "Quale è stata quella di coloro che sono stati davanti a te". "Io non potrei sanza amore vivere". "Amane un’altra, quella che al tuo padre piacerà, e torna a lui co’ tuoi tesori, e contentalo come tu dei, ché sai ch’egli ama te sopra tutte le cose, e non seguire più questo: meno male è corta che lunga follia". "L’uomo non può amare e disamare a sua posta. E come lascerei io questa impresa, acciò che poi si dicesse: ’Filocolo per viltà fu nel luogo dove Biancifiore era, cui egli amava tanto secondo che diceva, né in alcuno modo tentò di riaverla’?". "Oh quanti perirono già per non volere le loro folli imprese lasciare, temendo di cotesti detti, i quali in brieve tempo si dimenticano!". "Dunque la pur lascerò, tornando dond’io venni?". "Mai sì che tu la lascerai, se tu disideri di vivere". "Di vivere disidero". "Adunque lasciala". "E che varrà la mia vita?". "Quello che vale quella degli uomini che si pongono in cuore di non amare una cosa che a pericolo li conduca". "Certo, poi che io infino a qui sono venuto, io voglio pur tentare di riaverla". "E non te ne avverrà forse bene". "E qual male me ne potrà avvenire?". "L’essere con vergogna morto". "Chi mi ucciderà, faccendomi io conoscere?". "Quegli che subitamente, sanza domandarti chi tu se’, ti ferirà". "E’ non si uccidono coloro che amistà cercano: ucciderammi il castellano per che io voglia essere suo amico?". "Mai no; ma quando tu gli scoprirai quello per che tu gli se’ divenuto amico, egli non te ne servirà, per paura non forse il risappia il signore, e privilo d’avere e di vita: anzi a lui ti paleserà per levartisi da dosso. Non sai tu che negli arabi niuna fede si truova? E per questo il signore ti farà uccidere o ti scaccerà del suo reame con vergogna". "E’ non avverrà così, che io vincerò la sua nequizia con molti doni". "Or ecco che tu la pur racquisti: che avrai tu racquistato?": "Avrò racquistato colei cui io amo e che me ama sopra tutte le cose". "Tu t’inganni, se tu pensi che colei ora di te si ricordi, essendo sanza vederti tanto tempo dimorata. Nulla femina è che sì lungamente in amare perseveri, se l’occhio o il tatto spesso in lei non raccende amore". "E come mi potrebbe ella mai dimenticare, essendoci noi tanto per adietro amati?". "Per un altro amadore! Credi tu che i mercatanti sanza alcun bacio o forse sanza pigliarsi la sua virginità, che n’ebbero tanto spazio, la lasciassero da loro partire? E se questi forse non savi da loro la partirono, credi tu che l’amiraglio infino a qui vergine l’abbia lasciata? Certo non è da credere. Egli non l’ha tanto cara, quanto Dario ti dice, se non perché con lei si giace. Dunque non Biancifiore, ma una puttana cerchi di racquistare". "Non è così, ché se i mercatanti tolta l’avessero la sua virginità, l’amiraglio l’avria conosciuta sotto il fatale arbore, e cacciatala da sé; e se egli con lei si giacesse, non con l’altre damigelle, ma seco la terrebbe". "E poi ch’ella sia pur vergine, non è elli da mettersi per lei alla morte!". "Certo si è, ché per questo ultimo pericolo fuggire, non è da volere che perduti sieno quanti n’ho già corsi per adietro per averla. Io ne ho già molti passati, non con isperanza d’averla di presente per quelli; per questo, se bene m’avviene, sanza alcun mezzo l’avrò". "Folle se’ stato cercandoli, e sarai se a questo ti metti". "Folle no, ma innamorato sì: così agl’innamorati conviene vivere. Guardisi chi in cotali pericoli non vuole vivere, d’incappare nelle reti d’amore. Ella sarà per me con ogni ingegno, con ogni forza ricercata: aiutinmi gl’iddii nelle cui mani io mi rimetto". E così detto, alzando il viso, gliele parve davanti a sé vedere, e con pietoso aspetto, nelle braccia di Venere, avere tutte le sue parole ascoltate. Per la qual cosa dolendosi se di lei ne’ pensieri o nelle sue parole avea meno che onore parlato, e quasi vergognandosene, più fervente nel suo proponimento divenne, giurando per quella dea, la quale egli molte fiate veduta avea, di mai non riposare infino a tanto che racquistata non l’avesse, se ancora per quello gli fosse davanti agli occhi manifesta la morte; e con questa diliberazione si partì da’ suoi pensieri.