Libro quarto - Capitolo 7
Erasi Noto con focoso soffiamento d’Etiopia levato, volendo già il giorno dare luogo alla notte, e avea l’emisperio tutto chiuso d’oscurissimi nuvoli, minacciando noiosissimo tempo: e i marinari di lontana parte vedeano il mare aver mutato colore. Ma poi che il giorno fu partito, i marinari, da doppia notte occupati, non vedeano che si fare. Elli s’argomentavano quanto potevano di prendere alto mare e di resistere alla sopravegnente tempesta per li veduti segni; ma mentre che gli argomenti utili alla loro salute si prendeano, subitamente incominciò da’ nuvoli a scendere un’acqua grandissima, e ’l vento a multiplicare in tanta quantità, che levate loro le vele e spezzato l’albero, non come essi voleano, ma come a lui piaceva, li guidava. E li mari erano alti a cielo e da ogni parte percoteano la resistente nave, coprendo quella alcuna volta dall’un capo all’altro: e già tolto avea loro l’uno de’ timoni, e dell’altro stavano in grandissimo affanno di guardare. E il cielo s’apriva sovente mostrando terribilissimi e focosi baleni con pestilenziosi tuoni, i quali, in alcuna parte colti della nave, n’aveano tutte le bande mandate in mare: laonde tutti i marinari dopo lunga fatica, e combattuti dal vento e dalla sopravegnente acqua e da’ tuoni, il potersi aiutare, o loro o la nave, aveano perduto, e chi qua e chi là quasi morti sopra la coperta della nave prostrati giaceano vinti; e quasi ogni speranza di salute, per lo dire de’ padroni e per le manifeste cose, era perduta. Né ancora la notte mezze le sue dimoranze avea compiute, né il tempo facea sembianti di riposarsi, ma ciascuna ora più minaccevole proffereva maggiori danni con le sue opere: onde niuno conforto né a Filocolo né ad alcuno che vi fosse era rimaso, se non aspettare la misericordia degl’iddii.