Libro quarto - Capitolo 67
Messallino, il quale tra la destra mano della reina e di Parmenione sedeva compiendo il cerchio, disse così appresso: - Ultimamente a me conviene proporre, e, acciò ch’io le belle novelle dette e le quistioni proposte avanti faccia più belle, una novelletta assai graziosa a udire, nella quale una quistione assai leggiera a terminare cade, dirò. Io udii già dire che nella nostra città un gentile uomo ricco molto avea per sua sposa una bellissima e giovane donna, la quale egli sopra tutte le cose del mondo amava. Era questa donna da un cavaliere della detta città per amore intimamente amata, ma ella né lui amava né di suo amore si curava: per la qual cosa il cavaliere mai da lei né parola né buon sembiante avea potuto avere. E così sconsolato di tale amore vivendo, avvenne che al reggimento d’una città, assai alla nostra vicina, fu chiamato, ove egli andò, e quivi onorevolemente avendo retto gran parte del tempo che dimorare vi dovea, per accidente gli venne un messaggere, il quale dopo altre novelle così gli disse: "Signor mio, siavi manifesto che quella donna la quale voi sopra tutte l’altre amavate nella nostra città, questa mattina, volendo partorire, per greve doglia non partorendo morì, e onorevolemente co’ suoi padri in mia presenza fu sepellita". Con greve doglia ascoltò il cavaliere la novella e con forte animo la sostenne, non mostrando nel viso per quella alcun mutamento; e così fra se medesimo disse: "Ahi, villana morte, maladetta sia la tua potenza! Tu m’hai privato di colei cui io più ch’altra cosa amava, e cui io più disiderava di servire, ben che verso di me la conoscessi crudele. Ma poi che così è avvenuto, quello che amore nella vita di lei non mi volle concedere, ora ch’ella è morta nol mi potrà negare: ché certo, s’io dovessi morire, la faccia, che io tanto viva amai, ora morta converrà ché io baci". Aspettò dunque il cavaliere la notte, e, preso uno de’ più fidi famigliari che avea, con lui per le oscure tenebre si mise a gire alla città, nella quale pervenuto, sopra la sepoltura dove sepellita era la donna se n’andò, e quella aperse, e confortando il compagno che ’l dovesse sanza alcuna paura attendere, entrò in quella e con pietoso pianto dolendosi cominciò a baciare la donna e a recarlasi in braccio. E dopo alquanto, non potendosi di baciare costei saziare, la cominciò a toccare e a mettere le mani nel gelato seno fra le fredde menne, e poi le segrete parti del corpo con quelle, divenuto ardito oltre al dovere, cominciò a cercare sotto i ricchi vestimenti: le quali andando tutte con timida mano tentando sopra lo stomaco la distese, e quivi con debole movimento sentì li deboli polsi muoversi alquanto. Divenne allora questi non poco pauroso, ma amore il facea ardito: e ricercando con più fidato sentimento, costei conobbe che morta non era; e di quel luogo la trasse con soave mutamento; e appresso involtala in un gran mantello, lasciando la sepoltura aperta, egli e ’l compagno a casa la madre del cavaliere tacitamente la ne portarono, scongiurando il cavaliere la madre per la potenza degl’iddii, che né questo né altro che ella vedesse a niuna persona manifestare dovesse. E quivi fatti accendere grandissimi fuochi, i freddi membri venne riconfortando, i quali però non debitamente tornavano alle perdute forze; per la qual cosa, egli, forse in ciò discreto, fece un solenne bagno apparecchiare, nel quale molte virtuose erbe fece mettere, e appresso lei vi mise, faccendola in quella maniera che si convenia servire teneramente e governare. Nel qual bagno poi che la donna fu per alquanto spazio dimorata, il sangue, dintorno al cuore congelato per lo ricevuto freddo, caldo per le fredde vene si cominciò a spandere, e gli spiriti tramortiti cominciarono a ritornare nelli loro luoghi: onde la donna risentendosi cominciò a chiamare la madre di lei, domandando dove ella fosse. A cui il cavaliere in luogo della madre rispose che in buon luogo dimorava e ch’ella si confortasse. E in questa maniera stando, come fu piacere degl’iddii, invocato l’aiuto di Lucina, la donna, faccendo un bellissimo figliuolo maschio, da tale affanno e pericolo si liberò, rimanendo chiara e fuori d’ogni alterazione, e lieta del nato figliuolo: a cui prestamente balie alla guardia di lei e del garzone trovate furono. Ritornata adunque la donna dopo il grave affanno alla vera conoscenza, essendo già nato nel mondo il nuovo sole, davanti si vide il cavaliere che l’amava e la madre di lui, a’ suoi servigii ciascuno di loro presto; e de’ suoi parenti, miratosi assai dintorno, niuno vide. Per che venuta in cogitabile ammirazione, quasi tutta stupefatta disse: "Dove sono io? Qual maraviglia è questa? Chi m’ha qui, dov’io mai più non fui, recata?". A cui il cavaliere rispose: "Donna, non ti maravigliare, confortati, ché quello che tu vedi, piacere degl’iddii è stato, e io ti dirò come". E cominciandosi dal principio, infino alla fine come avvenuto gli era le dichiarò, conchiudendo che per lui ella e ’l figliuolo erano vivi: per la qual cosa sempre a’ suoi piaceri erano tenuti. Questo sentendo la donna e conoscendo veramente che per altro modo alle mani del cavaliere non poria essere pervenuta, se non per quello che egli le narrava, prima gl’iddii con divote voci ringraziò e appresso il cavaliere, sempre a’ suoi servigii e piaceri offerendosi. Disse adunque il cavaliere: "Donna, poi che a’ miei voleri conoscete essere tenuta, io voglio che in guiderdone di ciò che io ho adoperato voi vi confortiate infino alla tornata mia dell’uficio al quale io fui eletto già è tanto tempo, che presso alla fine sono, e mi promettiate di mai né al vostro marito né ad altra persona sanza mia licenza palesarvi". A cui la donna rispose sé non potergli né questo né altro negare, e che veramente ella si conforterebbe, e con giuramento gli affermò di mai non si far conoscere sanza piacere di lui. Il cavaliere, veduta la donna riconfortata e fuori d’ogni pericolo, dimorato due giorni a’ servigi di lei, raccomandata alla madre lei e ’l figliuolo, si partì e tornò all’uficio della rettoria sua, il quale dopo picciolo tempo onorevolemente finì, e tornò alla sua terra e alla casa, dove dalla donna fu graziosamente ricevuto. Dimorato adunque alcun giorno dopo la sua tornata, egli fece apparecchiare un grandissimo convito, al quale egli invitò il marito della donna amata da lui, e i fratelli di lei e molti altri. E essendo gl’invitati per sedere alla tavola, la donna, come piacere fu del cavaliere, venne vestita di quelli vestimenti i quali alla sepoltura avea portati, e ornata di quella corona, e anella e altri preziosi paramenti; e, per comandamento del cavaliere, sanza parlare a lato al suo marito mangiò quella mattina, e il cavaliere a lato al marito. Era questa donna dal marito sovente riguardata, e i drappi e gli ornamenti, e fra sé gli parea questa conoscere essere sua donna, e quelli essere i vestimenti co’ quali sepellita l’avea, ma però che morta gliele parea avere messa nella sepoltura, né credea che risuscitata fosse, non ardiva a far motto, dubitando ancora non forse fosse un’altra alla sua donna simigliante, estimando che più agevole fosse a trovare e persona e drappi e ornamenti simiglianti ad altri, che risuscitare un corpo morto; ma non per tanto sovente rivolto al cavaliere domandava chi questa donna fosse. A cui il cavaliere rispondea: "Domandatene lei chi ella è, che io non lo so dire, di sì piacevole luogo l’ho menata". Allora il marito dimandava la donna chi ella fosse. A cui ella rispondea: "Io sono stata menata da codesto cavaliere, da quella vita graziosa che da tutti è disiata, per non conosciuta via in questo luogo". Non mancava l’ammirazione del marito per queste parole, ma cresceva: e così infino ch’ebbero mangiato dimorarono. Allora il cavaliere menò il marito della donna nella camera, e la donna e gli altri similmente che con lui aveano mangiato, dove in braccio ad una balia trovarono il figliuolo della donna, bellissimo e grazioso, il quale il cavaliere pose in braccio al padre, dicendo: "Questi è tuo figliuolo"; e dandogli la destra mano della donna, disse: "Questa è tua mogliere, e madre di costui", narrando a lui e agli altri come quivi era pervenuta. Fecero costoro tutti dopo la maraviglia gran festa, e massimamente il marito con la sua donna e la donna con lui, rallegrandosi del loro figliuolo. E ringraziando il cavaliere, lieti tornarono alle loro case, faccendo per più giorni maravigliosa festa. Servò questo cavaliere la donna con quella tenerezza e pura fede che se sorella gli fosse stata. Per che si dubita qual fosse maggiore, o la lealtà del cavaliere o l’allegrezza del marito, che la donna e ’l figliuolo, i quali perduti riputava sì come morti, si trovò racquistati, priegovi che quello che di ciò giudicherete ne diciate -.