Libro quarto - Capitolo 53
Rispose allora Ferramonte: - Reina, ciò che della maritata diceste, aveva io nell’animo diliberato che così dovesse essere, e più ora da voi udendolo ne sono certo; ma delle pulcelle e delle vedove tengo contraria oppinione, lasciando le maritate andare per le ragioni da voi poste: però che mi pare che più tosto le pulcelle che le vedove si dovriano seguire, con ciò sia cosa che l’amore della pulcella più che quello della vedova paia fermo. La vedova sanza dubbio ha già altra volta amato, e ha vedute e sentite molte cose d’amore, e i suoi dubbii, e quanta vergogna e onore seguiti di quello; e però, queste cose meglio che la pulcella conoscendo, o ama lentamente e dubitando, o, non amando fermo, disidera ora questo ora quello, e non sappiendo a quale per più diletto e onore di lei s’aggiunga, talora né l’uno né l’altro vuole, e così per la mente di lei la deliberazione vacilla, né vi può amorosa passione prendere fermezza. Ma queste cose alla pulcella sono ignote, e però, come a lei è avviso che ella molto piaccia a uno de’ molti giovani, così sanza più essaminazione quello per amante elegge, e a lui solo il suo amore dispone sanza saper mostrare alcuno atto contrario al suo piacere per più fermo l’amante legare: niuna altra deliberazione è da lei al suo innamorare cercata. Dunque tutta è pura a’ piaceri di colui che le piace semplicemente, e tosto si dispone, lui per signore solo servando nel ferito cuore; quello che, come già dissi, della vedova non avviene: però più da seguire. Appresso, di quelle cose che mai alcuno non ha vedute, udite o provate, con più efficacia l’aspetta, e le disidera di vedere, udire o provare, che chi molte fiate vedute, udite o provate l’ha. E questo è manifesto, tra l’altre cagioni per le quali il vivere molto ci diletta, e è disiato lungo da noi, è per vedere cose nuove, cioè ancora da noi non state vedute: e ancora, più che per nuove cose vedere, ci è diletto di correre con sollicito passo a quello che noi più che altro ci ingegnamo e disideriamo di fuggire, cioè la morte, ultimo fine de’ nostri corpi. La pulcella mai quel dilettoso congiungimento per lo quale noi vegnamo nel mondo non conobbe, e naturale cosa è d’ogni creatura a quello essere dal disio tirato. Appresso, ella molte fiate, da quelle che sanno quello che è, ha udito quanta dolcezza in quello consista, le quali parole hanno aggiunto fuoco al disio, e però, tiratavi dalla natura e dal disio di provare cosa da lei non provata dalle parole udite, ardentemente e con acceso cuore questo congiungimento disidera: e d’averlo, con cui è da presumere, se non con colui il quale ella ha già fatto signore della sua mente? Questo ardore non sarà nella vedova, però che provandolo la prima volta e sentendo quello che era, si spense: dunque la pulcella amerà più e più sollecita sarà, per le ragioni dette, a’ piaceri dell’amante che la vedova. Che andremo dunque più inanzi cercando che amare non si debbia più tosto la pulcella che la vedova? -.