Libro quarto - Capitolo 4
Ascoltando Filocolo le parole di Fileno, si ricordò lui di tutto dire la verità, e cominciò quasi per pietà a lagrimare, e così gli rispose: - Fileno, pietà m’ha mosso de’ tuoi casi a lagrimare; e certo io soverrò al tuo domando, poi che al mio se’ stato cortese, e non sanza consolazione delle tue lagrime ascolterai le mie parole. E primieramente ti sia manifesto che io mi chiamo Filocolo, e sono di paese assai vicino alla tua terra, nato di nobili parenti, e per quello signore per lo quale tu in lagrime abondi e in dolore, io similemente pellegrinando d’acerbissima doglia pieno vo per lo mondo. Quel Florio, il quale tu mi nomini, io il conosco troppo bene, e non ha guari che io il vidi, e con lui parlai, e tanto dolente per le parole sue essere il compresi, che mai sì doloroso uomo non vidi. Ma certo egli, per quello ch’io intendessi, ha ben ragione di vivere dolente, però che il re suo padre quella bella giovane Biancifiore, la quale tu già amasti, vendé a’ mercatanti sì come vilissima serva. I quali mercatanti lei sopra una loro nave trasportarono via, e dove non si sa: per la qual cosa egli, non sappiendo che si fare, muore a dolore. Onde se egli a te nuocere voleva, di tale ingiuria gl’iddii l’hanno ben pagato, avvegna che la tua fuga gli spiacque e fugli noia. E però non pur crescere in angoscia, ma, con ciò sia cosa che a te siano molti compagni e in simiglianti affanni, e io sia uno di quelli, confortati, sperando che quella dea che dalle insidie di Florio ti levò, così come agevole le fu a rendere lo sbranato Ipolito vivo con intera forma, così te nel pristino stato potrà a’ suoi servigi recandoti, rintegrare -.