Libro quarto - Capitolo 30
Fu a costei così dalla reina risposto: - Se cotesto che tu di’ fosse, chi sarebbe savio? Niuno! Ma già colui che tu proponi savio, e innamorato di te, sarebbe pazzo, e da non prendere: gl’iddii cessino che ciò che tu parli avvenisse. Ma noi non negheremo però che i savi non conoscano il male, e pur lo fanno; ma diremo che essi per quello non perdono il senno, con ciò sia cosa che, qualora essi vorranno, con la ragione ch’elli hanno, la volontà raffrenare, elli nell’usato senno si rimarranno, guidando i loro movimenti con debito e diritto stile. E in questa maniera o sempre o lungamente fieno i loro amori celati, e così sanza alcuna dubbiosa sollecitudine quello che d’uno poco savio, non tanto sia forte o cortese, non avverrà: e se forse avviene che pure tale amore si palesi, con cento avvedimenti o riturerà il savio gli occhi e gl’intendimenti de’ parlanti, o provederà al salvamento dell’onore della donna amata e del suo. E se mestieri fia alla salute, l’aiuto del savio non può fallire. Quello del forte viene meno con l’aiutante, e gli amici per liberalità acquistati sogliono nelle avversità ritornare nulli. E chi sarà quella con sì poca discrezione che a tal partito si rechi, che sì manifesto aiuto le bisogni, o che se il suo amore si scuopre, domandi fama d’avere amato un uomo forte overo liberale? Niuna credo ne fosse. Amisi adunque il più savio, sperando lui dovere essere in ciascuno caso più utile ché alcuno degli altri -.