Libro quarto - Capitolo 131
Ircuscomos e Flagrareo, venuti de’ libiani popoli, nel viso bruni e feroci, co’ capelli irsuti e con gli occhi ardenti, grandi molto di persona, erano dall’amiraglio fatti capitani de’ suoi militi, e la notturna guardia della torre sotto la loro discrezione avea commessa. Questi dopo il comandamento dell’amiraglio, armati sopra forti destrieri, con molti compagni vennero nel prato, intorniati di pedoni infiniti con archi e con saette. Essi fecero accendere due fuochi assai vicini alla torre, e fecero posare in terra Filocolo e Biancifiore, e tirare alle accese fiamme con villane parole. Quivi venuto, Filocolo vide due luoghi per la morte di loro due apparecchiati; ond’egli, sanza mutare aspetto, alzò il viso verso Ircuscomos e disse: - Poi che agl’iddii e alla nimica fortuna e a voi piace che noi moriamo, siane concessa in questa ultima ora una sola grazia; la quale faccendoci, niuna cosa del vostro intendimento menomerà. Noi, miseri, dalla nostra puerizia sempre ci siamo amati, e ben che nostro infortunio sia stato il non potere mai coi corpi insieme dimorare, mai le nostre anime non furono divise: un volere, un amore ci ha sempre tenuti legati e congiunti, e un medesimo giorno ci diede al mondo: piacciavi che, poi che una ora ci toglie, che similmente una medesima fiamma ci consumi. Siano mescolate le nostre ceneri dopo la nostra morte, e le nostre anime insieme se ne vadano -. Ircuscomos, che mai non avea apparato d’essere pietoso, faccendo sembianti di non averlo udito, comandò che come era incominciato così i sergenti seguissero; ma Flagrareo con più benigno spirito disse: - E che ci nuoce il fargli di suo medesimo danno grazia? Con quella forza ardono le fiamme i due, che l’uno: siagli conceduto di morire con lei, con cui la colpa commise -.