Libro quarto - Capitolo 124
"Riguardando io questa imagine e considerando la bellezza d’essa, sovente di te mi ricordava, perché, avvegna che promesso mi fosse da Venere questo effetto a che pervenuti siamo, parendomi impossibile, temendo d’averti perduto, di questa te, qual Sirofane egiziaco fece del perduto figliuolo, feci: e sì come quelli di fiori e di frondi ornava la memoria del figliuolo, davanti a lei della sua dissoluzione dolendosi, così io di questa facea. Io l’ornava di fiori e di frondi spesso, e per suo propio nome la chiamava Florio: e quand’io disiderava di vederti, a questa vedere correa, alla quale contemplare fui più volte dalle mie compagne trovata. Con questa, come se con meco fossi stato, de’ miei dolori e infortunii mi dolea, con costei piangea, con costei i miei disii narrava, costei in forma di te pregava che m’aiutasse, costei onorava; a costei gli amorosi baci, che a te ora effettuosamente porgo, porgea, costei pregava che di me le calesse, costei in ogni atto sì come se tu ci fossi stato, trattava. E certo, la mercé di colui per cui posto c’è, elli alcuno, avvegna che picciolo, conforto mi porgea, per che io sovente a con costui dolermi e a baciarlo com’io t’ho detto, tornava" -.