Filippo (1783)/Atto secondo
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FILIPPO TRAGEDIA.
ATTO SECONDO.
SCENA PRIMA.
FILIPPO, GOMEZ.
- Filippo
GOmez, qual cosa sovra ogni altra al mondo
Cara t’hai tu?
- Gomez
La grazia tua.
- Filippo
Qual stimi
Mezzo a serbarla?
- Gomez
Mezzo, ond’io la m’ebbi;
Obbedire, e tacer.
- Filippo
Oggi tu dunque
Dei l’uno, e l’altro far.
- Gomez
Novello incarco5
Non m’è: sai, ch’io....
- Filippo
Tra’ fidi, il sò, tu fosti
Il più fido finor. Ma in me pensiero
Cotanto i’ volgo in questo dì; dovrotti
Forse affidar così importante, e nuova
Cura, che in brevi, ma efficaci detti 10
Stimai poterti il tuo dovere in mente
Tornar.
- Gomez
Quanto i’ mi sia potrai tu meglio
Oggi conoscer dunque.
- Filippo
Or basti. Fia
Lieve per or ciò, ch’io t’impongo; lieve
A te, non ad altr’Uom. Vien la Regina 15
Quì tra momenti: tu m’udrai con Essa
Parlare a lungo: ogni più picciol moto
Nel di lei volto osserva, e nota intanto:
Affiggi in lei l’indagator tuo sguardo,
Quello, per cui nel più profondo core 20
Del tuo Signor spesso i voler più ascosi
Legger sapesti, ed eseguir tacendo.
SCENA SECONDA.
FILIPPO, ISABELLA, GOMEZ.
- Isabella
SIgnor, io vengo a’ cenni tuoi.
- Filippo
Regina,
Alta cagion fà, ch’io t’appelli.
- Isabella
E fia?
- Filippo
Tosto l’udrai. Da te sperar poss’io?....25
Ma qual v’ha dubbio? Imparzial, sincero
Consiglio dar chi più di te potrammi?
- Isabella
Io consigli?....
- Filippo
Sì; tu: più il parer tuo
Stimo, ch’ogn’altro: e, se finor diviso
Meco non hai del vasto Impero cura, 30
Già di Consorte a poco amor nol dei
Imputar tu; nè a diffidar tampoco
Di Rè tu ’l dei: sol ti voll’io sottrarre
Ai non mai grati al Sesso tuo di Stato
Gravi pensier. Ma giunto è giorno, in cui35
Per mia sventura i’ veggo insorger caso,
Ove frammista alla Ragion di Stato
Così del Sangue mio la Ragion stassi,
Che a me tu primo Consiglier se’ fatta. —
Ma udir da te, pria di parlar, mi giova, 40
Qual più tremendo, venerabil, sacro
Nome; di Padre, o Rè pajati.
- Isabella
Sacri
Del par son nomi; e chi nol sà?
- Filippo
Tal forse,
Tal, che saper più ch’altri sel dovria.
Ma dimmi ancor, anzi che il fatto io narri,45
E dimmi ver: Carlo, il mio Figlio, l’ami?...
O l’odj tu?....
- Isabella
....Signor....
- Filippo
Ben già t’intendo,
Se del tuo cor gli affetti, e non le voci
Di tua virtude ascolti, a lui ben senti
D’esser Madrigna tu.
- Isabella
T’inganni: il Prence....50
- Filippo
T’è caro dunque: in te dunque virtude
Cotanta hai tu, che, di Filippo Sposa,
Pur di Filippo il Figlio ami d’amore....
Materno.
- Isabella
....A’ miei pensier tu sol sei norma.
Tu l’ami... o il credo almen... Qual tu, pur’io 55
L’amo così.
- Filippo
Poi ch’entro il tuo ben nato
Gran cor livore madrignal non cape;
Nè ceco amor senti di Madre, or sii
Del mio Figliuol tu Giudice.
- Isabella
Ch’io?....
- Filippo
M’odi.
Carlo d’ogni alta speme unico oggetto 60
Molt’anni fù, pria che ritorto il piede
Dal sentier di virtude, ogni alta mia
Speme tradisse. Oh! quante volte poscia
Paterne scuse ai replicati falli
Di mal docile Figlio in me cercai! 65
Ma già l’ardir suo temerario, e insano
Giunse oggi al sommo; e violenti mezzi
Usar pur troppo or mi convien. Delitto
Cotal s’aggiunge a’ tanti suoi delitti,
Tal, cui tutt’altro a lato è nulla; tale, 70
Che vien meno ogni dir. Oltraggio ei fammi,
Che par non ha; tal, che da Figlio Padre
Mai non aspetta; tal che agli occhj miei
Già non più Figlio il fà... ma che? Tu stessa
Pria di saperlo fremi?.... Odilo, e fremi 75
Ben’altramente poi. — Già più d’un lustro
Là d’Ocean sulla sepolta riva
Povero stuolo in paludosa terra
Sai, che s’attenta al mio poter far fronte.
A Dio non men, che al loro Rè rubelli, 80
Fan dell’una perfidia all’altra schermo.
Sai, quanto al Regno mio sudor già costi,
Ed oro, e sangue cotal guerra; e sai,
Ch’anco del Trono, e di mia vita a costo
Non impunita mai, nè baldanzosa 85
Vil Gente andarne di cotanto fallo
Non lascerò giammai. Vittima al Cielo
L’empia Schiatta immolar giurai: ben forza
Loro è morir, poichè obbedir non sanno.
Or chi fia, che mel creda? A sì feroci 90
Empj Nemici il proprio Figlio, il solo
Mio Figlio, ahi lasso! aggiunger deggio.
- Isabella
Il Prence?
- Filippo
Il Prence, sì: molti intercetti fogli,
E segreti messaggi, e aperte altere
Sediziose sue voci pur troppo 95
Certo men fanno. Or tu pensa, qual sia
Di Rè tradito, e d’infelice Padre
Il doloroso stato: or tu qual sorte
Spetti a buon dritto a sì colpevol Figlio,
Per me tu’l dì.
- Isabella
.....Misera me! La sorte 100
Di tua Prole vuoi, ch’io....
- Filippo
Tu, sì; pronunzia;
Fatta arbitra ne sei; del Rè non temi;
E non lusinga il Padre.
- Isabella
Altro i’ non temo,
Ch’ir contro il giusto. Innanzi al Trono spesso
Stansi indistinti l’innocente, e il Reo.105
- Filippo..
Ma dubitar di quanto Rè t’afferma
Puoi tu? Di me chi più innocente il brama?
Deh! pur mentisser l’inaudite accuse!
- Isabella..
Ma convinto ne l’hai già tu?
- Filippo..
Chi ’l puote
Convincer mai? Fero, superbo ei sdegna 110
Non che ragion, ma di ragion pur l’ombra
A chiare prove oppor. Di questo estremo
Suo tradimento favellar non volli
A lui, se pria temprato in cor lo sdegno
Dal bollor primo i’ non m’avea: ma fredda 115
Ragion di Stato, perchè taccia l’ira,
In me non tace... Oh Ciel! Ma voce anch’odo
Di Padre in me.....
- Isabella
Deh! Tu l’ascolta: è voce,
Cui nulla agguaglia. Reo non s’è fors’Egli;
Anzi impossibil par, che di ciò ’l sia. 120
Ma, qual ch’ei sia, tu l’odi; odil tu stesso:
Tra Figlio, e Padre, altri che Padre, e Figlio
Entrar chi può mediator? Se altero
Ei fù con Gente al ver non sempre amica,
Teco per certo altier non fia: Tu schiudi 125
L’orecchio a lui; tu ’l cor disserra a’ dolci
Paterni affetti. A te rado, o non mai
Tu ’l chiami, e mai non gli favelli. Ei pieno
Di mista tema a te s’appressa; e in duro
Fatal silenzio diffidar più cresce, 130
Più scema amor. Tu la virtù primiera,
Se in lui sopita è pur, tu in lui richiama,
Ch’esser non puote in chi t’è Figlio spenta.
Tu le paterne cure altrui non fida;
Di Padre tu mostragli aspetto; e serba 135
Di Rè severa maestade altrui.
Che non s’ottien con generosi modi
Da generoso cor? Colpevol parti
Ei d’alcun fallo? (E chi non erra?) Allora
Te sol ministro a tu giust’ira scegli. 140
Dolce è di Padre l’ira; eppur non havvi,
Figlio non v’ha, che non ne tremi: un motto
Solo di te dentro il suo cor più debbe
Destar rimorsi, e men rancor lasciarvi,
Che cento altrui malignamente ad arte 145
Aspri, oltraggiosi. Or fà, tua Reggia sappia,
Ch’hai caro il Figlio, e in pregio l’hai; che degno
Di biasmo, e in un di scusa il giovanile
Suo ardir tu stimi; e sì t’udrai repente
La Reggia intorno risuonar sue laudi. 150
Caccia l’altrui, che in te non è sospetto.
Basso terror d’infame tradimento
A Rè, che merti esser tradito, lascia.
- Filippo
....Opra tua degna, e sol di te ben’era
Far che s’udisse di natura il grido 155
In cor paterno: Ah! nol fan gli altri. Oh trista
Deplorabil de’ Rè sorte! Non lice
A noi spiegar del proprio cor gli affetti,
Non che seguir: ma che dich’io? Tacerli,
Dissimularli le più volte è forza: — 160
Ma vien, poi vien tempo che lor diam varco
Libero, intero. Assai; più che nol pensi,
Fammi ’l tuo dir chiara ogni cosa... Il Figlio,
Poichè innocente il credi, a me già quasi
Reo più non par. Tu và, Gomez; quì ’l mena. 165
SCENA TERZA.
FILIPPO, ISABELLA.
- Filippo
OR vedrai, che mostrarmi anco sò Padre;
Più ch’a lui mi dorria, se un dì mostrarmi
In maestà d’offeso Rè dovessi.
- Isabella
Ben tel cred’io. Ma ei vien: soffri, ch’io il piede
Quinci ritragga.
- Filippo
Anzi, rimani.
- Isabella
Esporti 170
Osai, perchè il volesti, il pensier mio:
A che rimango or quì? Testimon vano
Tra ’l Figlio, e ’l Padre la Madrigna fia.
- Filippo
Vano? T’inganni: testimon mi sei
Quì necessario. Hai di Madrigna nome 175
Soltanto; e ’l nome, anch’obliar tu ’l puoi. —
Gli fia grato il tuo aspetto. Eccolo: ei sappia,
Che tu dell’amor suo, di sua virtude,
Di sua fè tu, mallevador ti fai.
SCENA QUARTA.
FILIPPO, ISABELLA, CARLO, GOMEZ.
- Filippo
PRence, t’appressa. Or dì, quando fia giorno, 180
Ov’io del dolce nome di Figliuolo
Possa appellarti sol? Di Rè, di Padre,
Deh tu ’l volessi! i nomi in me vedresti
Confusi ognor: ma se pur vuoi distinti,
Perchè non ami ’l Padre, e il Rè non temi? 185
- Carlo
Signor, nuova m’è sempre, ancor ch’io l’abbia
Udita spesso, la mortal rampogna:
Nuovo così non m’è il tacer; che, s’io
Reo pur t’appajo, al certo i’ reo mi sono.
Vero è, che in cor non io rimorsi sento, 190
Ma duol profondo, che tu reo m’estimi.
Deh potess’io così di mia sventura,
O, se a te piace più, de’ falli miei
Saper la cagion vera!
- Filippo
Amor,.... che poco
Di Patria t’hai; del Padre amor, ch’hai meno; 195
E troppo udir lusingatori astuti:
Altra non cerca al tuo fallir cagione.
- Carlo
Piacemi almen, ch’a natural perversa
Indole ascritto non l’hai tu. Ben dunque
Io posso ancor far del passato ammenda: 200
Patria apprender cos’è; com’ella s’ami;
Di Figlio amor quant’esser deggia; e mezzo,
Onde sbandir lusingator, che tanti
T’insidian più, quant’hai di me più possa.
- Filippo
Giovin se’ tu: nel cor, negli atti, in volto 205
Ben ti si legge, che di te presumi
Oltre alquanto il dover. Degli anni colpa
Il crederei; ma col venir degli anni
Scemar io veggio, anzi che crescer, senno.
L’error tuo d’oggi, giovanil trascorso 210
Pur vo’ nomar, benchè attempata mostri
Malizia forse.
- Carlo
E qual’error?
- Filippo
Tu ’l chiedi? —
Or non sai tu, che i tuoi pensier perfino;
Non che l’opre tue incaute, i tuoi pensieri,
E i più nascosi, io sò? — Regina, il vedi; 215
Non l’esser, nò; ma il non sentirsi reo,
È il peggio in lui.
- Carlo
Padre; ma trammi alfine
Di dubbio: che fec’io?
- Filippo
Delitti hai tanti,
Ch’or tu non sai qual vogli io dir? — Là, dove
Fervida più sediziosa bolle 220
Empia d’error fucina, or dì, non hai
Pratiche là segrete? Entro mia Reggia,
Nelle tue Stanze, anzi che il dì sorgesse,
All’Orator de’ Batavi ribelli
Lunga udienza, e ascosa, or dì, non desti? 225
A quel malvagio, che, s’ai detti credi,
Viene a mercè; ma in cor perfidia reca,
E d’impunito tradimento speme.
- Carlo
Padre, e fia ver, ch’anco innocente, ogni opra
Mi s’ascriva a delitto? È ver, che a lungo 230
All’Orator parlai; compiansi, è vero,
Seco di que’ tuoi Sudditi il destino,
E a te davanti i’ l’oseria pur anco;
Nè lunge tu da lor compiagner forse
Saresti, tu; dove a te noto appieno 235
Ferreo governo fosse, onde sì a lungo
Gemono oppressi da Ministri crudi
Superbi avari timidi inesperti,
Ed impuniti. In cor pietade io sento
De’ mali loro, nol niego: E tu vorresti, 240
Ch’alma volgar io di Filippo Figlio
M’avessi, o cruda, o vile? In me la speme
Di riaprirti alla pietade il core
Col dirti intero il ver, tropp’oggi forse
Ardita fù: ma che? T’offend’io, Padre, 245
Nel reputarti di pietà capace?
Se del Rettor del Cielo imagin vera
In terra sei tu Rè; che ti pareggia
A lui, se non pietà? — Pur s’io delitto
In ciò commisi, Arbitro tu mi danna 250
A qual più vuoi gastigo. Altro non chieggo,
Che di non esser traditor nomato.
- Filippo
Nobil fierezza ogni tuo detto spira:
Ma del tuo Rè mal penetrar tu puoi
L’alte ragion, nè ’l dei. Nel giovin petto 255
Quindi frenar quel tuo bollor dovresti,
E quell’audace impaziente brama
Di, non richiesto, consigliar; d’esporre,
Quasi gran senno, il tuo pensier. Se il Mondo
Te sul maggior di quanti ha seggj Europa 260
Veder de’ un giorno, e venerare; apprendi
Ad esser cauto. Or piace, anco s’ammira
Baldanza in te, che grave biasmo allora
Ti fora poi. Tempo è, ben parmi, tempo,
Di cangiar stil.... Pietade in me volesti; 265
E pietà trovi; ma di te: non tutti
Degni ne son: dell’oprar mio me lascia,
Di me, giudice solo: a favor tuo
Parlommi or dianzi, e non parlommi indarno
La Regina: Te degno ancor cred’Ella 270
Del mio non men, che del suo amor.... Tenuto
Del mio perdono a lei, più che a me sii.
Sperar frattanto d’oggi in poi mi giova,
Che stimar meglio, e meritar saprai
Mia grazia meglio. Or tu, Regina, vedi, 275
S’i’ mi t’arrendo; e se da te il mio Figlio
Non che scusare a ben’amar n’imparo.
- Isabella
...... Signor......
- Filippo
Sì deggio, ed a te sola il deggio,
L’aver di mio sdegno oggi represso; e in suono
Dolce di Padre il mio Figliuol garrito. 280
Ben me ne torni: E tu grato sii molto
A lei: tu l’ama assai: molto ella spera
Di te... Sua speme a non tradir tu pensa. —
E tu, perch’ei di ben più sempre in meglio
Vada, tu spesso il vedi... a lui favella. — 285
E tu l’ascolta, e non la sfuggi... Io ’l voglio.
- Carlo
Parmi pur duro di perdono il nome;
Ma, se accettar da Genitore il debbo,
E la Regina procacciarmel; voglia
Il mio destino, espressamente io dico, 290
Non i mie’ falli; il mio destin deh! voglia,
Ch’io più mai scender a simìl vergogna
Non deggia io, mai.
- Filippo
Non d’ottener perdono,
Di meritarlo abbi miglior vergogna.
Ma basti omai: và; del mio dir fà senno. 295
Tu, Donna, riedi alle tue Stanze intanto;
Raggiungerotti ivi fra breve: or deggio
Dar pochi istanti ad altre gravi cure.
SCENA QUINTA.
FILIPPO, GOMEZ.
- Filippo
UDisti?
- Gomez
Udii.
- Filippo
Vedesti?
- Gomez
Vidi.
- Filippo
Oh rabbia!
Dunque il sospetto?...
- Gomez
.....Omai certezza......
- Filippo
E sono 300
Inulto io ancor? — Vieni, e vedrai, che ognora,
Qual ch’Ei riceva oltraggio, ognor Filippo
Con la vendetta di gran lunga il passa.