Fiammetta/Prologo
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incomincia il libro chiamato ELEGIA DI MADONNA FIAMMETTA da lei alle innamorate donne mandato.
PROLOGO
Suole ai miseri crescere di dolersi vaghezza quando di sè discernono o sentono in alcuno compassione: adunque, acciocchè in me volonterosa più che altra a dolermi di ciò per lunga usanza non menomi la cagione ma s’avanzi, mi piace, o nobili donne, ne’ cuori delle quali amore più che nel mio forse felicemente dimora, narrando i casi miei, di farvi s’io posso pietose. Nè mi curo però che il mio parlare agli uomini pervenga, anzi in quanto io posso del tutto il niego loro; perocchè sì miseramente in me l’acerbità d’alcuno si discuopre, che gli altri simili immaginando, piuttosto schernevole riso che pietosa lagrima ne vedrei. Voi sole, le quali io per me medesima conosco pieghevoli e agl’infortunii pie, priego che le leggiate. Voi leggendo non troverete favole greche ornate di molte bugie, nè troiane battaglie sozze per molto sangue, ma amorose, stimolate da molti disii: nelle quali davanti agli occhi vostri appariranno le misere lagrime, gl’impetuosi sospiri, le dolenti voci, e i tempestosi pensieri, li quali con stimolo continuo molestandomi, insieme il cibo il sonno i lieti tempi e l’amata bellezza hanno da me tolta via. Le quali cose se con quel cuore che sogliono essere le donne vedrete, ciascuna per sè o tutte insieme adunate, son certa che i delicati visi con lagrime bagnerete, le quali a me, che altro non cerco, di dolore perpetuo fieno cagione; priegovi che d’averle non rifiutate, pensando che sì come i miei così poco sono stabili li vostri casi, li quali se a’ miei simili ritornassero, il che cessilo Iddio, care vi sarebbero rendendolevi. E acciocchè il tempo più nel parlare che nel piagnere non trascorra, brievemente all’impromesso mi sforzerò di venire, dai miei amori più felici che stabili cominciando, acciocchè da quella felicità allo stato presente argomento prendendo, me più ch’altra conosciate infelice. E quindi a’casi infelici ond’io con ragione piango con lagrimevole stilo seguirò com’io posso. Ma primieramente, se de’miseri sono li prieghi ascoltati, afflitta siccom’io sono, bagnata delle mie lagrime, priego, s’alcuna deità è nel cielo la cui santa mente per me sia da pietà tocca, che la dolente memoria aiuti, e sostenga la tremante mano alla presente opera, e così le facciano possenti, che quali nella mente io ho sentito e sento l’angosce, cotali l’una profferi le parole, l’altra, più a tale uficio volonterosa che forte le scriva.