Favole per i Re d'oggi/Peccati mortali/Ira
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XIV.
Gli animali più iracondi ch’io mi conosca, sono certi uccelli di mare che seguono i bastimenti, da un tropico all’altro, in numerose comitive, e che i marinai chiamano Dame; non già, credo, per il loro peccato, ma per le loro ale bianche e nere, adorne di vaghi e capricciosi disegni.
Ben che queste Dame non siano buone da mangiare, i marinai le acchiappano, adescandole con ami, come pesci, e le tengono legate sulla coperta. Appena son due, il divertimento comincia. Basta metterle vicine, perchè subito perdano ambedue il lume degli occhi, e se le diano di santa ragione. Puntate di becco, fendenti d’ala, graffi di zampe s’incrociano, s’aggrovigliano, con una incredibile fretta d’uccidere.
Ma l’ultima scena è quella che aspettano i marinai, ridendo in giro, impazienti.
Perchè, quando que’ due uccellacci non ne posson più, allora si staccano d’un passo, e fissandosi torvi sempre, mentre colan sangue da ogni parte, e protendendosi tutti in una stecchita e buffa posizione di guardia, nella quale i due gozzi si vedono agitarsi convulsi; ecco, alla fine, si ricoprono l’un l’altro di vomito, nella più sconcia maniera del mondo.
Allora i marinai ridono a crepapelle. E fanno bene. Però, guai se qualcuno s’attentasse a ricordare a loro, quante volte, in uno svolto di strada fuor d’una bettola, quasi in ogni porto del mondo, con qualche solido inglese o con qualche inafferrabile spagnolo, in mezzo a un cerchio di curiosi, han fatto su per giù la medesima figura di quelle due dame!
Non so come la pensiate voi: ma io, prima di ridere dell’ira degli altri, vorrei saper ridere della mia.