Un torrentaccio rapido e sonante,
precipitando al basso,
empìa del suo fracasso
le rive e la campagna circostante.
Fuggìan le genti dalla furibonda
velocità dell’onda,
quand’ecco un tal che dai ladri fuggiva
fermossi sulla riva.
Come passar? esita un po’, ma visto
che i ladri corron sempre per di qua,
tentò, passò... Per il rumor che fa
il torrentaccio non è poi sì tristo.
Anzi è sì buono, che il furor dell’onda
i ladri non fermò.
L’altro a correre ancor, fin che alla sponda
d’un bel fiume arrivò.
Questo era proprio un fiume maestoso,
sereno come un bel sogno d’estate,
non rupi a picco, ingrate,
ma un passo limpidissimo, sabbioso.
Col suo cavallo il buon viaggiatore
fugge i ladri, ma il guado è traditore:
beve il cavallo, beve il cavaliere,
e in fondo a Stige vanno entrambi a bere.
E vanno entrambi a bere in Acheronte
e in acque più lontane.
Fin che abbaia giammai ti morde il cane,
è l’acqua cheta che corrode il ponte.