L’Asinello, che in fondo è un animale
di buon cuore, una volta s’impuntò
e contro ad ogni legge naturale
a un amico un servigio rifiutò.
Il caso avvenne un dì che a capo basso,
senza pensare a nulla, in compagnia
del Cane e del padrone se ne gìa
per la sua nota strada passo passo.
Un certo istante, giunto ad un pratello,
si ferma tutto a un tratto l’Asinello,
e mentre il suo padron dorme e riposa,
di quell’erba ei mangiò fresca e gustosa.
Non c’eran cardi, ma ne fece senza,
non sempre si può aver ciò che si vuole,
e per quanto gli piacciano, pazienza,
non ogni giorno in ciel risplende il sole.
Il Cane, che moria di fame intanto,
disse al compagno suo: - Caro Modesto,
fammi un piacer, abbassati quel tanto
che possa anch’io pescar in fondo al cesto.
E possa in fondo al cesto anch’io pescare
il mio piccol boccon pel desinare -.
Ma fece il sordo quella bestia sciocca,
senza cessare di menar la bocca.
Torna il Cane a pregar: - E forse credi
che ti scappi quest’erba sotto i piedi? -.
E l’Asin duro: - Aspetta, o buon Barbone,
che si svegli fra poco il tuo padrone -.
In questa esce da un bosco e mostra il dente
il Lupo, un altro che non ha pranzato.
- Aiuto! - grida l’Asin spaventato,
ma questa volta è il Can che non ci sente.
- Non gridar, - gli risponde, - non far caso,
il tuo padron si sveglia presto presto,
che se il Lupo ti morde, e tu, Modesto,
dàgli un calcio frattanto sopra il naso.
T’han ferrato per questo e ti spaventa?
Un colpo buono in terra lo stramazza -.
Ma in queste ciarle il Lupo i fianchi addenta
dell’Asin e coi morsi me l’ammazza.
È saggio avviso e scaltro
che l’uno aiuti l’altro.