Favole (La Fontaine)/Libro ottavo/II - Il Ciabattino e il Banchiere

Libro ottavo

II - Il Ciabattino e il Banchiere

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Jean de La Fontaine - Favole (1669)
Traduzione dal francese di Emilio De Marchi (XIX secolo)
Libro ottavo

II - Il Ciabattino e il Banchiere
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Da mane a sera allegro un Ciabattino
cantarellava, ch’era un gusto matto
a vederlo, a sentir. Un canarino
non canta meglio, e il core soddisfatto,
era il re de’ sapienti il Ciabattino.

Il suo vicin di contro, un epulone
grande Banchiere ed imbottito d’oro,
di cantar non avea mai la ragione,
e poco anche dormiva sul mattino,
quando già canticchiava il Ciabattino.

Il nabab non facea che deplorare
e querelarsi in collera col fato,
che il sonno non è fatto di tal stoffa
che si possa comprare sul mercato,
come si compra il bere ed il mangiare.

Al suo palagio un dì, fatto venire
l’aggiustascarpe: - O mio compar Crispino, -
gli domandò, - non mi sapreste dire
quanto voi guadagnate in capo all’anno?
- In capo all’anno? - disse il Ciabattino.

- Affededdina! - aggiunse indi ridendo, -
non son contar su questo calendario;
io cucio i giorni miei per ordinario
uno per uno, un pane e un bicchierino
quando ce n’è, - rispose il Ciabattino.

- Ebben, ditemi almen quanto per dì
tirate dal lavor. - Cara Eccellenza,
or meno, or più, ed or così così,
tanto si vive e si vivrebbe meglio
se non ci fosse qualche intermittenza.

Ma il male è delle feste che son troppe,
in cui tu devi andar disoccupato,
l’una fa buio all’altra; e un altro guaio
in quanto ai santi, egli è che il sor curato
ne trova sempre un nuovo sul solaio -.

Rise il Banchier della bontà dell’uomo,
e credendo di metterlo sul trono:
- Prendete, - disse, - cento scudi, e ai vostri
bisogni provvedete, io ve li dono,
custoditeli bene, o galantuomo -.

Cento scudi! credette il Ciabattino
di possedere una montagna d’oro.
Torna a casa e in un angolo del muro
seppellì la sua pace col tesoro.
Da quel dì più non canta il Ciabattino.

Da quel dì che nasconde in casa il seme
di tutti i mali, o dolci sonni, addio!
Sempre in agguato, sempre i ladri ei teme
la notte, il dì. Se un topo udir gli pare,
è il suo tesor che viene a rosicchiare.

Ritorna alfine da sua Signoria,
che un dì solea svegliar presso al mattino,
e: - I cento scudi le restituisco,
lei mi torni il mio sonno e l’allegria, -
dice, e s’inchina il nostro Ciabattino.