D’un certo Gatto un Sorcio avea paura
che sempre lo spiava sulla via.
Che fare? volle andar per la sicura
e consultò un vicin molto potente
che aveva una topesca signoria
in luogo ben difeso,
e si vantava che di gatto il dente
né zampa mai di gatta
a lui l’avesse fatta.
- Caro fratel, per quanto io voglia o faccia, -
rispose il fanfarone, -
da sol non posso cacciar via la bestia,
che sempre ti minaccia.
Aduniamoci invece ed al birbone
un tiro potrem fare.
Ti pare o non ti pare? -
Il Sorcio fa una grande riverenza,
salta quell’altro tosto in diligenza,
e corre dove sa che si radunano
molti Topi in consiglio entro un armadio
a mangiar, schiamazzando, d’un cortese
lor ospite alle spese.
Arriva, il petto ansante e col polmone
in bocca. - Ebben che c’è? - dice un collega.
E il Topo in due parole a loro spiega
la grande questione
ond’ei si mosse e che lo fa parlare.
È tempo di finirla e castigare
messer Moina, che da un pezzo in qua
il suo peggior non ha.
Questo Gatto, il diavolo dei gatti,
se non avrà più sorci, è naturale
che senza pepe metterci, né sale,
mangia dei Topi. - È ver, su, su, corriamo,
andiamo, combattiamo! -
Invan le spose piangono, la terra
risuona d’un fragor alto di guerra.
Ciascun provvede ai casi del viaggio
e mette dentro al sacco per foraggio
un pezzo di formaggio.
Parea che a danza e non a morte andasse
ciascun di loro, e lieto suona il canto.
Il bravo Gatto intanto,
che già teneva il Sorcio per la testa,
a fargli preparavasi la festa.
Per liberarlo i Topi ecco si avanzano.
Senza lasciar di stringerlo
nei denti, il Gatto rugge...
fa un piccol passo... e l’esercito fugge.
Nei buchi si rimpiattano
per timore di peggio e stanno in guardia,
quando alcuno esce fuori sulla via,
che il Gatto non ci sia.