Favole (La Fontaine)/Libro decimosecondo/IV - Le due Capre

Libro decimosecondo

IV - Le due Capre

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Jean de La Fontaine - Favole (1669)
Traduzione dal francese di Emilio De Marchi (XIX secolo)
Libro decimosecondo

IV - Le due Capre
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Quand’han mangiato, tratte da uno spirito
di libertà, le Capre ecco si sbandano
qua e là su per le bricche più deserte
in cerca di fortuna.
In luoghi senza strade e su per l’erte
rocce e su balze aeree,
che a vederle ti metton raccapriccio,
vanno queste signore ad una ad una
senza paura a spasso per capriccio.

Due Capre dal piedin sottile e candido,
ciascuna per suo conto, in luoghi andavano
tranquilli ed isolati dalla gente,
quando il caso le fece viso a viso
incontrarsi sul ponte d’un torrente
fatto d’un’asse sì meschina e stretta,
che a stento vi passava, io son d’avviso,
non che due grosse capre, una capretta.

Aggiungete che l’onda rapidissima
e assai profonda alle cornute amazzoni
dovette un poco far tremare il petto.
E tuttavia comincia una di qua,
e poi l’altra di là
a fare un passo su quel tronco stretto,
nessuna indietro torna
fin che quasi si toccan con le corna.

Così Luigi il Grande immaginatevi
che con Filippo quarto re di Spagna
s’incontrò un dì nell’isola,
che della Conferenza il nome prese.
Le nostre avventuriere già si toccano,
naso a naso, già vengono alle prese,
per non ceder nessuna, in mezzo al ponte,
entrambe fiere, insofferenti, impronte.

Ciascuna avea la gloria
di contare nel quadro di famiglia,
l’una la capra celebre
di cui, narra l’istoria,
fece un don Polifemo a Galatea,
l’altra quella che a Giove fe’ di balia,
non men nota, Amaltea.

Con questi precedenti, anzi che cedere,
nell’acqua tutte e due precipitarono.
Avvien che spesso accada
questo accidente a chi della fortuna
cammina sulla strada.

Il Gatto e il Topo
(Al signor duca di Borgogna che aveva chiesto a La Fontaine una favola)

Per obbedir al giovinetto principe,
al qual propizio invoco oggi il Destino,
io devo intitolar questa mia favola
il Gatto e il Topolino.

Che devo dir? dipingerò di femmina
crudele il lusinghier dolce ritratto,
che con un cor si gioca, come vedesi
col Topolino il Gatto?

O pingerò della fortuna instabile
gl’inganni, da cui tratto è il poverino,
siccome tratto a perdizion di solito
dal Gatto è il Topolino?

O canterò d’un re, che vince e domina
della Fortuna anche il capriccio matto,
che ne arresta la ruota e allegro ridesi
de’ suoi nemici come fa per celia
del Topolino il Gatto?

Ahimè! per questa strada io perdo il bandolo
e giro come ruota di molino,
se delle ciarle mie si ride il principe,
egli il Gatto sarà della mia favola
che burla il Topolino.