Faust/Parte prima/Alla fontana

Alla fontana

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Johann Wolfgang von Goethe - Faust (1808)
Traduzione dal tedesco di Giovita Scalvini, Giuseppe Gazzino (1835-1857)
Alla fontana
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ALLA FONTANA


GHITA e BETTINA con brocche.

Bettina. Hai udito di Barbarina?

Ghita. Nulla ho udito: sai ch’io non vado gran fatto fuori. [p. 157 modifica]

Bettina. Certo, me l’ha detto oggi Sibilla. Ella ci è finalmente incappata. Ecco come finiscono con la lor boria.

Ghita. Che è ciò?

Bettina. E’ puzza! Quando desina ella dà da mangiare a due.

Ghita. Ohimè!

Bettina. Le sta bene. Da sì gran tempo impazziva dietro quel rompicollo! Seco alle passeggiate, seco a’ diporti in contado, seco ai balli; e da per tutto voleva essere da più dell’altre; ed egli la veniva ammorbidendo col regalarla sempre a pasticcetti, vino e altro. Ella si paoneggiava stimandosi un gran che di bellezza, ed era ita sì innanzi che non si facea ponto vergogna di accettare ogni suo presente. Ma dàlle, dàlle, moine, carezze, baci, e il bel fiorellino fu colto.

Ghita. Povera figliuola!

Bettina. Le ne hai compassione tu! Quando la sera noi stavamo a filare, egli non c’era verso che nostra madre ne lasciasse andar giù. Ma ella si stava soavemente col suo bel giovane in sulla panca a lato alla porta, e nell’andito allo scuro, e le ore eran sempre corte troppo per essi. Ora dovrà umiliarsi, e la vedremo andare alla chiesa col camicione delle penitenti.

Ghita. Egli certo la sposerà.

Bettina. Sarebbe un bel pazzo! Per un giovane lesto com’egli è, è buona stanza per ogni paese. Egli si è già dileguato.

Ghita. Non istà bene.

Bettina. E mettiamo ancora ch’ella lo riavesse, [p. 158 modifica]gliene succederebbe male. I giovani le strapperanno di capo la ghirlanda, e noi le sminuzzeremo la paglia in sull’uscio. (Parte).

Ghita, andando verso casa. Oimė, ed io ho potuto un tempo far tanti schiamazzi al fatto di qualche povera fanciulla! ho potuto senza carità alzarle la voce contro! Io non finiva mai di dire de’ peccati altrui; e per gravi che mi paressero io li aggravava vie più, nè sapeva darmene pace; e — beata me! — diceva, e insuperbiva scioccamente; ed ora sono io stessa nel peccato fin sopra i capegli.