Capitolo I

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Dedica Capitolo II

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EUTIFRONE,

OVVERO

DEL SANTO.


Le persone del dialogo sono Eutifrone e Socrate.

I.

Eutifrone. Oh, che c’è di nuovo, Socrate? mi pianti la conversazione del Liceo e te la spassi qua attorno per il portico del Re? Tu dal Re non ci hai da aver lite, come ce l’ho io.

Socrate. Eutifrone, gli Ateniesi questa mia non la chiaman lite, no, ma accusa.

Eutifrone. O bella! ti ha alcuno mosso accusa, pare? Tu a un altro? non credo.

Socrate. Io no.

Eutifrone. Un altro, a te?

Socrate. Sì.

Eutifrone. Chi? [p. 160 modifica]

Socrate. Nè anche io lo conosco bene: e’ mi par giovine, una faccia nuova; credo lo chiamino Melito: e di borgo Pitteo. Hai tu in mente un Mileto Pitteo, capelli lunghi, pelo ancor vano, naso adunco?

Eutifrone. No, Socrate: ma qual è codesta accusa?

Socrate. Tale, penso io, che non gli farà vergogna; perchè ti pare un affar di nulla quel che sa lui, così giovine! Sa nientedimeno, come va dicendo, in quali modi sian guasti i giovani, e chi son quei che li guastano. E ho una paura ch’e’ sia qualche brav’uomo, che, aocchiata la mia ignoranza con la quale io fo prendere mala piega a quelli dell’età sua, ricorre alla repubblica come a una madre, e m’accusa. Certo fra i politici egli è il solo che mi pare cominci a modo: perocchè prima convien pigliarsi cura de’ giovani perchè vengan su buoni quanto può essere; come fa l’accorto lavoratore che prima si piglia cura delle pianticelle più tenere; da poi degli altri. E forse Melito pon la falce prima su noi, che, come va dicendo, annebbiano i gentili germi de’ giovani; dopo, egli è indubitato, rivolgendo le cure sue ai più vecchi, farà al paese nostro un bene da non si dire, come s’ha ad aspettare da uno che principia così.